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Da monaco a missionario

Monaco benedettino lascia il monastero per seguire la sua vocazione missionaria

Ho fatto una lunga strada da monaco benedettino, dal 2007 al 2022 poi, per una grande missione ho lasciato i miei sogni per seguire quelli che Dio riservava per me. Il mio sogno era vivere e morire in monastero accompagnato dalla preghiera, dal silenzio e dalla clausura. Sono rimasto confuso, non capivo cosa mi stesse accadendo. Ho lasciato che si adoperasse il sogno della misericordia di Dio su di me perché, se i nostri desideri possono frustrarci, quelli di Dio no.

La mia vita era come una barchetta in cerca della direzione giusta e il mondo come l’oceano. Solo nella preghiera e nell’Adorazione Eucaristica trovavo la pace senza lasciarmi confondere dal rumore delle onde. Senza la misericordia di Dio la mia fede sarebbe sprofondata. Il Signore mi ha offerto una nuova possibilità prima che gli anni si consumassero, quella missionaria.

Il Signore ci porta a servire laddove c’è un affamato da nutrire, un assetato da dissetare, un nudo da vestire, un pellegrino a cui dare ristoro, un ammalato da assistere, un prigioniero da visitare, un morto da seppellire. Ci chiama ad essere presenti dove gli uomini hanno bisogno di buoni consigli, dove ci sono persone a cui insegnare ed altre da perdonare. Ci invita a correggere chi sbaglia, a consolare i tristi, ad accompagnare i molesti, a pregare. Anche se non ti conosco io posso essere strumento del Signore.

La mia missione è fare la volontà di Dio

Nei Filippesi 4:13 si dice “Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica”. Una volta riconosciuto in Gesù il Figlio di Dio, Egli ci affida una missione: annunciare il Vangelo ad ogni creatura. Il Vangelo scritto, narrato e testimoniato ci è stato dato perché abbiamo la vita in Dio.

Nel cuore ho un “monastero” dove nel silenzio prego e ascolto Gesù, ma nella vita attiva vivo la vocazione di seminarista che si prepara all’ordinazione nella Diocesi di Lucca, ed ho capito che la missione di sacerdote è servizio, donazione e segno della presenza di Cristo in mezzo agli uomini attraverso l’annunciazione del Vangelo, vegliando sui fratelli e aiutandoli a crescere nella fede.

Parla con il cuore e metti in pratica le tue parole. Sacerdote significa essere un uomo per gli altri, qualcuno che cerca di servire piuttosto che essere servito e incoraggia gli altri a fare lo stesso. Celebrare i sacramenti con semplice dignità,battezzare “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, essere chiamati al sacrificio e ad offrire sacrificio. Celebrate l’Eucaristia e invitare gli altri a partecipare al Corpo e al Sangue di Gesù. Un atto di amore quello del sacerdote che si dedica al lavoro missionario.

Nella mia vita ho avuto alcune esperienze di missione e ne condivido due

La prima, come volontario presso Fazenda da Esperança in Brasile e nel mondo, che è una comunità terapeutica attiva dal 1983 nel processo di recupero di persone che cercano di liberarsi dalle loro dipendenze, in particolare alcool e droga. Il metodo di accoglienza contempla tre aspetti determinanti: lavoro come processo pedagogico, attenzione alla vita familiare e spiritualità per trovare il senso della vita. Da questa esperienza ho imparato che donare implica anche “ripagare” per quanto è stato aggiunto alla propria vita. Un atto di resa del quale dobbiamo prendere l’abitudine e del quale l’amore è l’unica bussola.

La seconda esperienza l’ho fatta a Rio de Janeiro, a Lapa dove le Missionarias da Caridade, oltre ad aiutare i senzatetto, si prendono cura degli anziani, che chiamiamo affettuosamente ‘vecchietti’, persone abbandonate dalle loro famiglie negli ospedali o lasciate sole a casa. Diversi di loro presenta anche qualche problema mentale. La routine comincia con una preghiera alle 5 del mattino poi le suore e i volontari iniziano a prendersi cura della casa, delle piante e degli effetti personali come i vestiti. A seguito del pranzo, ognuno si reca nella propria stanza per lasciare spazio agli ospiti che arrivano dalla strada che entrano, pregano e mangiano. Tre volte alla settimana possono lavarsi nei bagni di cui dispone la casa. Questa esperienza missionaria mi ha fatto riflettere molto. La partenza dei volontari determinava anche che il lavoro più pesante veniva lasciato alle suore. Per arrivare al lavandino e lavare i pentoloni spesso prendevo uno sgabello, mentre lavavo sgomberavo la mia mente da tutto ciò che non era Dio e insieme alle pentole lavavo anche la mia anima, molte volte ascoltando e condividendo con le sorelle i dolori della missione e la gioia del servizio. Un servizio poco visibile, ma che trasforma la vita di chi si dedica alla carità. Nel mondo di oggi, questa cura per i più poveri ricorda alle persone l’importanza dell’essere umani nella vita di tutti i giorni. Ricordo questo luogo come un punto di luce nel buio della vita di tanti che sono per strada, l’odore che emanano le persone che vivono per le strade del centro di Rio, ognuna con il proprio zaino sulle spalle e una manciata di storie che, fuori di lì, nessuno vuol sentire. Porto dentro di me gratitudine, amicizia per le Missionarias da Caridade che mi hanno aiutato nella mia povertà.

La vita del monaco benedettino poggia su due pilastri: preghiera e lavoro

Essere monaco è cercare Dio nella contemplazione. Il monaco benedettino trova realizzazione in se stesso e negli altri attraverso le varie attività che svolge in il monastero. Deve essere una presenza orante, nella Chiesa e per la Chiesa, bilanciando una vita di preghiera con le innumerevoli opere che il monastero svolge per il sostegno della Comunità e per l’edificazione dei fratelli. San Benedetto predicò soprattutto una vita di sobrietà e umiltà, il cui scopo era raggiungere il vertice delle virtù e della contemplazione.

Ho pregato, ho cercato di essere onesto con Gesù quando capivo che potevo fare molto di più come missionario fuori dal monastero che come monaco. Un giorno, nella preghiera, conobbi la figura di Santa Gemma Galgani. Con lei ho aperto la mente e il cuore e ho lasciato agire in me i sogni di Dio. Dimenticavo spesso che non si può essere felici senza fare la volontà di Dio. Con l’aiuto di Santa Gemma che mi ha fatto confidare nell’amore mi ha spinto ad abbandonarmi a Gesù, ho trovato il mio posto nella Diocesi di Lucca, in modo sereno e forte, pur essendo una terra lontana dal mio Paese, il Brasile. Santa Gemma prima di morire ha chiesto alla Madonna di intercedere con Gesù per usare Misericordia verso di lei, e così sento che sta facendo anche per me.

Essere un seminarista è essere un missionario, avere la volontà di uscire da se stessi. Non è facile essere missionari, ma per chi è seminarista è necessario. È la decisione di andarsene, di lasciare la zona di comfort e di agio, di correre e fare esperienza di Dio. Abbiamo tutti bisogno di essere in cammino e la Chiesa ricorda sempre ai cristiani che questo mondo non è il posto a cui apparteniamo. Siamo in processione verso il Cielo.

Eluan Costa

Fonte dell’articolo

Spazio Spadoni

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