Choose your language EoF

Siria: La speranza non muore!

L’Impatto delle Guerre e il Lavoro per la Pace: Riflessioni dalla Siria

È triste prendere atto che l’attenzione su certe realtà, su certi Paesi, su certi Popoli, rinasce solo quando si accendono su di loro i riflettori che illuminano con la bieca luce data dall’esplosione delle bombe. È l’eco devastante del loro scoppio che arriva a noi o, meglio, quello che più facilmente noi ascoltiamo, piuttosto che il grido di migliaia e migliaia di persone che implorano aiuto, che hanno fame, che chiedono pace e giustizia, mentre sono ancora una volta sotto la quotidiana minaccia della morte a causa della guerra.

Così è per la Siria… così è per il Libano, devastati da anni di guerre e poi dimenticati dall’opinione pubblica e dai mass media che hanno catalizzato la loro attenzione sulla guerra tra Russia ed Ucraina. Adesso, le tragiche vicende dello scontro tra Palestinesi e Israele riportano nuovamente l’attenzione sul Medio Oriente.

I riflettori si accendono, le bombe cadono e sui divani dei nostri salotti ognuno parla a ruota libera, esprimendo la sua epidermica avversità o simpatia per l’una o l’altra fazione…

Ma ciò che in sintesi ho appena scritto non raffigura l’intera realtà, molto più complessa: ci sono tante persone che nel silenzio lavorano, veramente tante persone, che hanno a cuore e riconoscono la paternità di Dio e la fraternità tra gli uomini.

Anche quest’anno, come l’anno scorso, sono andato in Siria ad incontrarne un gruppo. Si tratta dei monaci della comunità di Mar Musa, fondata da padre Paolo Dall’Oglio e da padre Jacques Mourad agli inizi degli anni Novanta dello scorso secolo, nel deserto siriano. Qui, il miracolo della fede e della speranza: la loro comunità, il loro monastero, terminata l’epidemia del Covid 19, sono tornati ad essere luogo di incontro e di accoglienza dove circa 300 persone ogni settimana arrivano per pregare, parlare e confrontarsi con i monaci. Sono giovani adolescenti, universitari, adulti di tutte le età, uomini e donne, cattolici, ortodossi, musulmani ed altri ancora in cerca di Dio. Vengono da tutta la Siria, e non solo, e pregano insieme per la pace.

Rimasi colpito dalla testimonianza cristiana di padre Jacques e degli altri monaci: della loro esperienza di solitudine nel deserto che aiuta il rapporto personale con Dio e anche la fraternità con cui non solo accolgono tutti, ma anche aiutano economicamente le persone più bisognose come Gesù ha insegnato.

Lì, ho imparato più a fondo a comprendere e ad accogliere l’umanità degli altri… di tutti gli altri, perché nostri fratelli ed anche perché ogni uomo vive portandosi le ferite di un passato che si ripercuote sul proprio presente, in modo spesso negativo. Da qui la necessità di uno sguardo misericordioso su ognuno, anche sul jihadista. Questo è lo sguardo cristiano, cioè totalmente umano, di padre Jacques che fu per cinque mesi prigioniero degli uomini della Jihad.

Adesso la comunità monastica è impegnata nella ricostruzione del monastero di Qaryatayn, nella ripresa del progetto agricolo: migliaia di piante di vite, di ulivo, albicocco e melograno divelte dalla furia jihadista, nuovamente ripiantate con pazienza nella terra del monastero, per dare una prospettiva di lavoro agli abitanti della omonima cittadina nel deserto e una possibilità di ritornare per i cristiani che se ne sono andati durante la guerra.

Intanto nel monastero di Mar Musa, visto il grande afflusso di persone e la situazione precaria dell’edificio dedicato all’accoglienza (nel deserto a 1.300 metri di altitudine, l’inverno è rigidissimo), si è resa necessaria la sostituzione degli infissi decrepiti.

In tutta questa vicenda, è importante il sostegno economico che anche di Spazio Spadoni dà ai monaci in un programma quinquennale di aiuti per la realizzazione di opere agricole e di luoghi di accoglienza. Tutto questo significa costruire opere portatrici di pace e di speranza senza farsi fermare dai venti di guerra che tentano di demolire ogni cosa, innanzitutto l’umanità delle persone.

All’inizio di questo anno, il Papa ha nominato padre Jacques Arcivescovo di Homs e, il 6 marzo, il Patriarca siro-cattolico lo ha consacrato nella cattedrale della città alla presenza del Nunzio Apostolico della Santa Sede per la Siria e per il Libano.

Questo è un importante riconoscimento del carisma della comunità di Mar Musa da parte della Chiesa Universale. Per Spazio Spadoni è motivo di conferma nell’opera missionaria che sta compiendo in Siria, aiutando fraternamente questa comunità.

La speranza non muore ed è la più forte delle virtù teologali, come scrive Charles Péguy nell’opera “Il portico del mistero della seconda virtù”. Papa Francesco ricorda questo poeta, citandolo nel Messaggio per la 52° Giornata mondiale della pace il 1 gennaio 2019: “La pace è simile alla speranza di cui parla il poeta Charles Péguy: è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza”.

 Paolo Boncristiano

Fonte dell’articolo

Spazio Spadoni

Potrebbe piacerti anche