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Arricchita Dai Poveri

Selene Pera racconta l’esperienza missionaria nella Repubblica Democratica del Congo

Leggendo il passaggio dell’omelia di Papa Francesco per la Messa in occasione della IV Giornata mondiale dei poveri del 16 novembre 2020 mi avevano colpite queste parole che continuano a ritornarmi nella mente:

«I poveri sono al centro del Vangelo; il Vangelo non si capisce senza i poveri. I poveri sono nella stessa personalità di Gesù, che essendo ricco annientò se stesso, si è fatto povero, si è fatto peccato, la povertà più brutta. I poveri ci garantiscono una rendita eterna e già ora ci permettono di arricchirci nell’amore. Perché la più grande povertà da combattere è la nostra povertà d’amore».

Per me fare apostolato tra i poveri credo sia stata la più grande ricchezza che questa esperienza in Congo mi potesse regalare. La Repubblica Democratica del Congo conta più di 90 milioni di abitanti, circa il 70% della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà e di questi, oltre il 50% vive in povertà assoluta. Basta una breve passeggiata di pochi minuti per imbattersi in qualcuno che supplica carità.

Se ci si sposta nelle periferie dominate dalle baraccopoli o nei villaggi popolati da case di fango e lamiera, la situazione è drammatica. La gente vive numerosa in piccolissimi spazi, spesso condivisi con gli animali domestici. Non c’è luce, non c’è acqua potabile, non ci sono servizi igienici. L’acqua che in questa stagione abbonda è quella piovana e spesso i forti temporali che caratterizzano questo tempo sono disastrosi per chi vive in abitazioni di fortuna. Tanti, troppi ragazzini vagano per strada cercando di sopravvivere attraverso la vendita di qualche bignè, la raccolta di pezzetti di ferro sotterrati dalla polvere o, purtroppo, commettendo furti e aggregandosi a bande di delinquenti. Questo, come si può immaginare, comporta un forte degrado nella vita dei giovani che alternano momenti dentro e fuori dal carcere.

Accompagnata dalle suore e volontari, ho fatto apostolato nei villaggi, nelle baraccopoli, negli ospedali, per strada, in carcere ed ogni volta ho pregato Gesù di rendermi consapevole dell’importanza di vivere le Opere di Misericordia, di lasciarmi muovere dalla compassione senza pregiudizio e di trasformare i miei gesti e i miei sguardi in istanti di ristoro per chi vive la sofferenza.

Ho capito che in questo Paese, martoriato dalla guerra e dall’ingiustizia, la carità salva la vita. I poveri fanno la carità a persone ancora più povere condividendo il poco che hanno. Ho visto bambini di 8-9 anni prendersi cura dei fratellini più piccoli perché abbandonati dalle loro famiglie a loro stessi o maltrattati, accusati di stregoneria e pertanto portati nelle cosiddette “chiese del risveglio” dove gli esorcismi e anche le torture sono divenuti un vero e proprio business. Questo fenomeno riguarda circa l’80% degli oltre 40 mila bambini che vivono per strada.

Sono sempre più convinta che il racconto di queste realtà non possa essere pienamente esaustivo se certe situazioni non si vedono con i propri occhi e si toccano sulla propria pelle.

C’è però un segno di speranza che non si traduce nelle elezioni presidenziali svolte mercoledì 20 dicembre e per le quali sono stati spesi un sacco di soldi e hanno avuto risvolti caotici come c’era da aspettarsi. La speranza sta nel Natale. La Luce del Natale illumina tutti indistintamente, ma specialmente i poveri. Non dimentichiamo che le sorti del mondo sono state cambiate da un bambino, nato povero, in una mangiatoia in mezzo agli animali dopo che a Maria e Giuseppe è stata rifiutata l’accoglienza, e il primo annuncio della sua nascita è stato dato ai pastori, umili presenze abituate a vegliare.

Ecco allora che a pochi giorni dal Natale, l’augurio è proprio quello che i poveri, i bambini e gli oppressi siano abbagliati e riscaldati da questa Luce che viene nel mondo.

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