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Vangelo di Domenica 02 Luglio: Matteo 10, 37-42

Di Carlo Miglietta Il 2 Lug, 2023
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XIII Domenica A

37Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; 38chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. 40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.

Mt 10, 37-42

Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, ​sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).

Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.

Il brano odierno ci tocca come non mai. Innanzitutto ci esorta all’Assoluto primato della sequela del Signore. Inoltre ci ricorda che la nostra vita ha senso solo nel perderla, nel dono, nel servizio, nello svuotarsi per gli altri: questa è la nostra vera felicità.

Ma poi il testo affronta lo scottante tema dell’accoglienza e dell’identificazione che Gesù stesso fa di sé nei “piccoli”. La grande novità del Vangelo è che accogliere i fratelli significa accogliere Gesù stesso: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Mt 10,40); particolarmente Gesù si identifica con i bambini: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me” (Mc 9,37), e con i missionari del Vangelo: “Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me” (Gv 13,20). Al giudizio finale “i giusti gli risponderanno: «Signore…, quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato…?». Rispondendo, il re dirà loro…: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»” (Mt 25,31-46).

“«Ero forestiero e mi avete accolto» (Mt 25,35)…: per dire l’ospitalità Gesù ricorre qui a un verbo (sunago) il cui significato… è raccogliere chi è sperduto, ospitarlo nella stessa casa, unirlo ai gruppi dei fratelli. Questo verbo così ricco di significato è ricordato in Matteo 25 per tre volte. Il forestiero… deve essere accolto come si riceve il Signore, cioè con riguardo, con delicatezza, e persino umilmente” (B. Maggioni).

Ecco perché Luca, negli Atti, insiste così tanto sul tema dell’ospitalità. “L’ospitalità come segno di fraternità fu uno dei più potenti mezzi di diffusione della fede cristiana” (G. Segalla).

Pietro esorta alla philoxenìa, l’ospitalità, letteralmente “l’amore per gli stranieri”: “Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare” (1 Pt 4,9).

Paolo invita ad essere “solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità” (Rm 12,13); e ad accogliere l’altro anche con le sue manchevolezze: “Accogliete tra voi chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni” (Rm 14,1). Egli stesso, a Roma, “accoglieva tutti quelli che venivano a lui, annunziando il Regno di Dio” (At 28,30-31). Dovere del vescovo è essere “ospitale” (1 Tm 3,2; Tt 1,8); e alle vedove che desiderano essere iscritte nell’apposito catalogo si richiede che abbiano “praticato l’ospitalità” (1 Tm 5,10).

La lettera agli Ebrei ricorda che ospitare il fratello è ospitare Dio: “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo” (Eb 13,2; cfr Gen 18,3; 19,2).

Gli ospiti ci accoglieranno in Paradiso

Giacomo ricorda l’esempio, nell’Antico Testamento, di Raab, che fu salvata per la sua ospitalità: “Raab, la meretrice, non venne forse giustificata… per aver dato ospitalità agli esploratori?” (Gc 2,25). Nella prima Chiesa spesso l’ospitante è premiato con particolari benedizioni (At 10,22-48; 18,27; 28,7-8).

Ma, soprattutto, i poveri, gli stranieri, i bisognosi di accoglienza saranno per noi i portinai del Paradiso, coloro che ci riceveranno o meno nelle dimore celesti: “Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne” (Lc 16,9).

Gesù ci invita ad essere accoglienti verso coloro che non hanno da contraccambiarci, invitandoci all’assoluta gratuità: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti” (Lc 14,12-14).

“Negli «stranieri» la Chiesa vede Cristo che «mette la sua tenda in mezzo a noi» (cfr Gv 1,14) e che «bussa alla nostra porta» (cfr Ap 3,20)” (Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti). Se non li sapremo accogliere, non avremo saputo accogliere Gesù. Ed entreremo anche noi nel triste novero di coloro di cui parla il Prologo di Giovanni, quando afferma con amarezza: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11).

Ha detto il cardinal Matteo Zucchi: “L’accoglienza è l’unico messaggio possibile. Chi non ha casa, va accolto. Dobbiamo metterci sempre nei panni degli altri. Chi ha perduto tutto e deve scappare, deve trovare accoglienza. Non ci sono alternative. Quello all’emigrazione era un diritto garantito per tutti gli uomini, prima che sorgessero muri e nascessero paure. Tanto più per chi scappa da guerra, violenza o fame. Mettere in contrapposizione questo con il nostro futuro, significa non volere il futuro. L’accoglienza apre al futuro, la chiusura fa perdere anche il presente”.

Ha scritto don Lugi Ciotti: “Il corso della storia non si può fermare. I muri, i fili spinati, le frontiere fortificate non sono solo disumani, sono anche inutili. Il corso della storia non lo si può fermare, ma lo si può certo governare. E governare significa cominciare a ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie, gli squilibri sociali e climatici, facendo in modo che ogni persona, ad ogni latitudine, possa vivere una vita libera e dignitosa: lavorare, abitare, aver garantite istruzione e assistenza sanitaria. Solo così la migrazione può essere contenuta in limiti fisiologici, smettere di essere un disperato esodo di massa che nessun muro o legge potrà mai fermare. Per governare fenomeni globali occorrono risposte globali, con buona pace della retorica «sovranista» e delle sue allarmanti derive nazionaliste, fasciste e razziste… Nessuno di noi, nel momento in cui è venuto al mondo, sarebbe sopravvissuto se non fosse stato accolto. L’accoglienza è vita che sorregge la vita. Anche Gesù è stato un profugo, un esiliato. Sta a noi, in un tempo avaro di accoglienza, riconoscere nel volto dei migranti quello di milioni di «poveri cristi» bisognosi come noi di accoglienza e di umanità”.

Buona Misericordia a tutti!

Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.

Per approfondire

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Vangelo di Domenica 25 Giugno: Matteo 10, 26-33

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