La Siria non è alle nostre spalle, ma è una questione aperta

Siria, un paese abitato da popoli antichissimi con tradizioni millenarie. Siria, luogo della conversione di san Paolo, luogo dove sono nate le prime comunità cristiane e dove, parallelamente all’Egitto, si è sviluppato il monachesimo

Una terra dove per secoli, dopo l’avvento dell’Islam, le due religioni monoteiste hanno convissuto, dando anche un esempio di tolleranza e rispetto reciproco. Una terra ricca di risorse agricole e minerarie come gas e petrolio.

Proprio quest’ultime, che avrebbero potuto rappresentare un’occasione economica favorevole per la popolazione, si sono ritorte contro di essa come un boomerang.

Gli appetiti dei potentati economici che governano il mondo si sono avventati, qui come altrove, portando guerra e distruzione.

Siria, una guerra che va avanti dal 2011

Dal 2011, per lunghi anni, la guerra ha devastato questa nazione, distrutto economicamente e moralmente il popolo siriano, causato centinaia di migliaia di morti, milioni di feriti e profughi.

Alla guerra è stata data una connotazione religiosa: da una iniziale protesta laica, si è passati a una lotta fondamentalista con la partecipazione di una preponderante componente salafita, che ha raggiunto il suo apice con la creazione dello Stato Islamico, anche su gran parte del territorio siriano .

Nelle aree sotto la giurisdizione dei jihadisti sono iniziate vere e proprie persecuzioni sia dei cristiani che dei musulmani sciiti e la distruzione di luoghi di culto come chiese, monasteri e moschee.

In conseguenza di ciò, la presenza cristiana si è fortemente ridotta con il rischio di estinzione per molte comunità.

In questo contesto, una testimonianza di pace e di dialogo è stata coraggiosamente offerta dalla comunità monastica al-Khalyl, l’amico di Dio, (espressione usata per riferirsi al patriarca Abramo).

Questa comunità, fondata da padre Paolo Dall’Oglio e padre Jacques Mourad nel 1991, si stabilì nel deserto presso l’antico monastero di Mar Musa e successivamente, nel 2000, si ingrandì con l’assegnazione di un altro monastero, quello di Mar Elian, di cui padre Jacques divenne priore.

Quest’ultimo monastero si trova alla periferia della città di al-Qaryatayn, a una sessantina di chilometri da Mar Musa.

I due monasteri sono stati un punto di riferimento e di dialogo non solo per le chiese cristiane in Siria, ma anche per quelle musulmane.

Persone di tutte le età, a migliaia, si recavano in entrambi i monasteri per pregare, conversare con i monaci e trascorrere insieme momenti di gioia.

Persecuzione religiosa in Siria

Lo scoppio della guerra ha portato un duro colpo alla comunità monastica: nel 2013 padre Paul, di cui fino ad oggi non si hanno notizie, è stato rapito, e nel 2015 i jihadisti hanno rapito padre Jacques e un diacono, distruggendo il monastero di Mar Elian e disperdendo le reliquie del santo che, dall’avvento dell’Islam, era sempre stato venerato anche dai musulmani.

Dopo cinque mesi di prigionia, grazie anche all’aiuto di alcuni beduini, padre Jacques e alcune decine di cristiani sono fuggiti e sono riusciti a raggiungere la zona controllata dal governo.

I beduini che li aiutarono a fuggire, una volta scoperti, pagarono con la vita il loro gesto eroico e consapevole, venendo giustiziati dai jihadisti nonostante la loro comune appartenenza all’Islam.

Qualche tempo dopo la sua liberazione, padre Jacques tornò a Mar Musa e riprese i contatti con i pochi cristiani rimasti ad al-Qaryatayn (25 sui circa 2,000 che abitavano la città prima del conflitto) e ideò un progetto per ricostruire il monastero di Mar Elian e seminare le migliaia di alberi da frutto e viti al posto di quelli abbattuti dai jihadisti durante il periodo di occupazione.

Una grande e coraggiosa sfida per creare le condizioni necessarie per rimettere nel cuore dei rifugiati il ​​desiderio di ritornare.

Fu a questo punto, attraverso una serie di circostanze, che il Spazio Spadoni L’associazione è entrata in contatto con padre Jacques Mourad e lo ha invitato a tenere un discorso di testimonianza nell’ambito del Convegno 2021, incentrato sul tema della Reciprocità.

Padre Jacques è intervenuto sul tema della reciprocità tra Cristianesimo e Islam, portando la sua commovente esperienza personale.

Fu in questa occasione che il Spazio Spadoni L’Associazione, venuta a conoscenza della drammatica realtà del monastero di Mar Elian e del rischio di estinzione della comunità cristiana nella vicina città di Qaryatayn, ha deciso di intervenire collaborando al progetto di padre Jacques: quello di ricostruire almeno le parti essenziali del monastero e riportando le reliquie di Mar Elian, ripiantando le migliaia di viti e alberi da frutto distrutti dalla furia jihadista, restaurando le case bombardate durante la guerra affinché i cristiani fuggiti in quel periodo potessero tornare a vivere in città e riprendere il lavoro là.

Ci vorrà del tempo per realizzare tutto questo, ma intanto al progetto è stata data una scadenza operativa: cinque anni.

Nell’ultimo anno, con una prima tranche di finanziamenti e in sinergia con altre associazioni internazionali a sostegno della vita delle comunità cristiane in Medio Oriente, sono già stati raggiunti i primi risultati concreti.

Come già accennato, il monastero è sempre stato un punto di riferimento per la popolazione di Qaryatayn ed era frequentato da tutti, sia cristiani che musulmani.

Inoltre la coltivazione della vite, dell’olivo e delle piante da frutto compatibili con il clima desertico (melograni, fichi, albicocchi, ecc.) permetteva alle persone di lavorare e avere una prospettiva per il futuro.

Tanto che la migrazione dei giovani, fenomeno che esisteva anche nel periodo prebellico a causa della difficile situazione economica e delle scarse possibilità di lavoro in una città deserta, era notevolmente diminuita.

Il primo obiettivo, quindi, è stato quello di ripristinare il pozzo che era stato messo fuori uso dai jihadisti, poi costruire un muro intorno al terreno da coltivare, e poi ripiantare gli alberi: ben 2,000 viti, 2,000 ulivi, e altrettanti alberi che cominceranno a dare frutti entro tre o quattro anni.

Successivamente furono restaurati la chiesa, la cripta e il tetto (l’intero edificio era stato bruciato).

È stato restaurato anche il sepolcro contenente il corpo di San Giuliano, le cui reliquie sono state recuperate dopo che i terroristi le avevano disperse per impedire il perpetuarsi della millenaria devozione a questo Santo, devozione non solo dei cristiani ma anche dei musulmani.

Al termine, inizierà la riparazione delle case

Proprio il 9 settembre, festa di Mar Elian (San Giuliano di Edessa), in una solenne processione, il vescovo siro cattolico di Damasco, insieme ai capi delle altre comunità religiose cristiane e musulmane, ha riportato le reliquie del Santo temporaneamente custodite in la cattedrale siro-cattolica di Damasco.

La comunità musulmana ha quindi preparato il cibo per la festa alla quale hanno partecipato circa trecento persone.

Spazio Spadoni intende continuare questo lavoro insieme a padre Jacques e alla comunità di Mar Musa, certo del beneficio spirituale ed economico che porterà alla comunità cristiana di Qaryatayn e dell’aiuto che porterà a ristabilire i rapporti di amicizia e di reciproca accoglienza che avevano congelato durante il lungo periodo di guerra.

Di Paolo Boncristiano

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Fonte:

Spazio Spadoni

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