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L’Afghanistan dei talebani: a pagare il conto della barbarie sono gli artisti, le donne, ma soprattutto il popolo afgano

Afghanistan protagonista del terzo incontro del convegno “Fare Spazio al Coraggio”, organizzato da Spazio Spadoni presso il convento di San Cerbone (Lucca)

A raccontarci questo martoriato Paese sono due donne, la giornalista Barbara Schiavulli, di Proiettili radiofonici, e musicista e cantante afgano Maresciallo Arman.

Barbara Schiavulli: “Forse il momento peggiore di sempre per l’Afghanistan”

‘Un Paese che seguo dal 2001’, dice il giornalista, che da lì è tornato qualche giorno fa, ‘e che forse sta vivendo il suo momento peggiore.

L’anno scorso, quando i talebani hanno preso il potere, ci sono stati momenti di grande tensione, ma anche i media sono stati molto presenti».

Una volta che gli americani se ne sono andati, e con loro gradualmente i tanti media occidentali, la situazione è gradualmente e silenziosamente peggiorata».

Dopo un anno di potere talebano, quale effetto sul popolo afghano?

Barbara Schiavulli è chiara nella sua descrizione: molti bambini impegnati nell’accattonaggio, un numero imprecisato è scomparso e c’è motivo di credere che siano finiti nel traffico di organi.

Le scuole femminili, è risaputo, sono bandite. Il paese è abitato da donne vedove da 40 anni di conflitto, che devono allevare quattro, cinque o talvolta sei figli.

‘Questo riflettore non deve essere spento’, insiste con forza il giornalista, ‘i talebani sotto pressione agiscono in modo diverso.

La situazione in questo momento è che i talebani hanno potere sull’intero paese ma non hanno i soldi per farlo andare avanti’.

Le donne sono percepite come una minaccia, e vivono nella paura: Barbara Schiavulli racconta di magistrati che hanno messo in carcere talebani, o di donne che hanno lavorato nella polizia.

Ma questo non è tutto.

La giornalista racconta anche di violenza di genere, e cita il caso di una delle sue intervistate, che ha subito le indicibili percosse di un marito violento.

Un marito che alla fine è stato incarcerato, ma che è tornato alle vessazioni proprio per l’apertura delle carceri voluta dai talebani.

Quella donna, la cui identità è comprensibilmente tenuta segreta, tra due mesi sarà imbarcata su un volo umanitario e arriverà in Italia.

Un dono di speranza in tanto caos.

Mashal Arman, l’importanza di mantenere viva la tradizione culturale dell’Afghanistan

Arman è uno dei cantanti afgani più famosi.

Esiliata in Svizzera con la famiglia dopo aver studiato musica a Berna, Ginevra e New York, alterna le sue attività artistiche tra opera, teatro musicale e conservazione della musica popolare afgana.

Mashal esordisce ringraziando molto Barbara: “è sempre traumatizzante parlare di guerra”, sottolinea.

‘Perché fare musica afgana? Perché è importante preservare l’arte e la cultura della tradizione afgana.

Siamo nella situazione paradossale per cui Barbara, che è italiana, può andare in Afghanistan, mentre io, per il lavoro che faccio, non posso. La musica è vietata.

Faccio musica tradizionale afgana, ma anche per creare un legame ideale positivo con l’idea di Afghanistan: ogni giorno il mio paese è legato alle guerre, alla violenza.

Non voglio che il mio Paese venga ricordato solo per le cose brutte: l’arte è bellezza, e voglio che sia ricordato anche per questo’

Mashal sottolinea che questo desiderio per la musica è un’esigenza personale, che nasce da dentro di sé: vuole evitare la trappola che persone come lei rappresentino una nazione.

Non vuole essere considerata una portabandiera, perché non è sua intenzione

Mashal dice di sentirsi privilegiata perché ha potuto studiare. Ma sottolinea che questo non è il destino della maggior parte delle donne afgane.

‘Dal 1970 fino agli anni ‘1990,’ spiega, ‘c’è stata un’evoluzione delle artiste in Afghanistan, una specie di età dell’oro. L’arte afgana è stata fortemente influenzata dall’arte indiana.

Fino al primo arrivo dei talebani, durato dal 94 al 2000.

Una situazione assurda, per il fatto che con il ritorno dei talebani la musica è vietata, che anche gli afgani che vivono fuori come te, non hanno la piena percezione di questa situazione assurda.

Ma Mashal afferma anche come sia impossibile che la musica si estingua: ‘questa musica ha semplicemente una diaspora, si sviluppa fuori dal paese. Basterà questo per evitare che quest’arte si estingua?’.

Il presidente di Spazio Spadoni, Luigi, interviene su questa domanda, affermando al microfono: ‘in Afghanistan non abbiamo un progetto ed è molto difficile fare un progetto, ma è bello sapere che ci sono artisti che fanno questo. Se ci riuniamo possiamo fare cose belle per questo tema’.

E con questo secondo raggio di speranza, l’incontro si è concluso.

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Fonte

Spazio Spadoni

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