Assisi, il discorso integrale di papa Francesco ai giovani dell’Economia di Francesco

Un discorso carico di affetto eppure dai toni inequivocabili, quello che papa Francesco ha fatto ad Assisi ai 1000 giovani dell’Economia di Francesco

La convenzione EoF ha visto Spazio Spadoni presente ad ogni tavolo da lavoro, “per dare gambe al progetto”, come diceva il fondatore Luigi Spadoni.

Giornate di intenso lavoro, e un’occasione unica per confrontarsi direttamente, dopo i lunghi anni di pandemia.

Abbiamo deciso di proporre il testo di quanto ha detto il Santo Padre nella sua interezza, perché diventi un momento di riflessione interiore per chi lo legge.

Papa Francesco, il discorso di Assisi

“Cari giovani, buongiorno! Saluto tutti voi che siete venuti, che avete avuto l’opportunità di essere qui, ma vorrei anche salutare tutti coloro che qui non hanno potuto venire, che sono rimasti a casa: un ricordo a tutti!

Siamo uniti, tutti noi: loro dal loro posto, noi qui.

Ho aspettato questo momento da più di tre anni, da quando, il 1 maggio 2019, ti ho scritto la lettera che ti ha chiamato e poi ti ha portato qui ad Assisi.

Per tanti di voi – abbiamo appena sentito – l’incontro con l’Economia di Francesco ha risvegliato qualcosa che già avevi dentro di te.

Eri già impegnato nella creazione di una nuova economia; quella lettera ti ha riunito, ti ha dato a

orizzonte più ampio, ti ha fatto sentire parte di una comunità mondiale di giovani che avevano la tua stessa vocazione.

E quando un giovane vede in un altro giovane la propria chiamata, e poi questa esperienza si ripete con centinaia, migliaia di altri giovani, allora grandi cose diventano possibili

grandi cose, anche sperare di cambiare un sistema enorme, come un sistema complesso

l’economia mondiale.

In effetti, oggigiorno parlare di economia sembra quasi fuori moda: oggi si parla di finanza, e la finanza è una cosa acquosa, gassosa, non puoi sopportarla.

Una volta una brava economista mondiale mi disse di aver vissuto un incontro tra economia, umanesimo e religione.

Ed è andata bene, quell’incontro.

Voleva fare lo stesso con la finanza e ha fallito.

Attenti a questa gassosità della finanza: bisogna prendere l’attività economica dalle radici, dalle radici umane, come sono state fatte.

Voi giovani, con l’aiuto di Dio, sapete farlo, potete farlo; i giovani hanno fatto molte cose nel corso della storia.

Stai vivendo la tua giovinezza in un momento non facile: la crisi ambientale, poi la pandemia e ora la guerra in Ucraina e le altre guerre che vanno avanti da anni in diversi paesi, stanno segnando

le nostre vite”.

Papa Franci: “La nostra generazione vi ha lasciato in eredità tante ricchezze, ma non abbiamo custodito il pianeta e non custodiamo la pace”

“Quando si sente che i pescatori di San Benedetto del Tronto in un anno hanno tirato 12 tonnellate di terra e plastica e cose del genere, si vede come non sappiamo come prendersi cura dell’ambiente.

E di conseguenza non conserviamo nemmeno la pace.

Siete chiamati a diventare artigiani e costruttori della casa casa comune, una casa comune che sta “cadendo in rovina”.

Diciamolo: una nuova economia, ispirata da Francesco d’Assisi, oggi può e deve essere un’economia rispettosa della terra, un’economia

di pace.

Si tratta di trasformare un’economia che uccide (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 53) in un’economia di vita, in tutte le sue dimensioni.

Per arrivare a quel ‘vivere bene’, che non è la dolce vita o il buon vivere, no.

Il buon vivere è quel misticismo che i popoli aborigeni ci insegnano ad avere in relazione con la terra.

Mi è piaciuta la tua scelta di modellare questo incontro di Assisi sulla profezia.

Mi è piaciuto quello che hai detto sulla profezia.

La vita di Francesco d’Assisi, dopo la sua conversione, è stata una profezia, che continua anche nel nostro tempo.

Nella Bibbia la profezia ha molto a che fare con i giovani.

Samuele era ragazzo quando fu chiamato, Geremia ed Ezechiele erano giovani; Daniele era un ragazzo quando profetizzò l’innocenza di Susanna e la salvò dalla morte

(cfr Dn 13-45); e il profeta Gioele annunzia al popolo che Dio effonderà il suo Spirito e «i vostri figli e le vostre figlie diventeranno profeti» (50).

Secondo le Scritture, i giovani sono portatori di uno spirito di conoscenza e di intelligenza.

Fu il giovane Davide ad umiliare l’arroganza del gigante Golia (cfr 1 Sam 17-49).

Infatti, quando alla comunità civile e alle imprese mancano le competenze dei giovani, l’intera società appassisce, la vita di tutti si spegne.

C’è mancanza di creatività, mancanza di ottimismo, mancanza di entusiasmo, mancanza di coraggio per rischiare.

Una società e un’economia senza giovani sono tristi, pessimiste, ciniche.

Se vuoi vedere questo, vai in queste università ultra-specializzate in economia liberale e guarda i volti dei giovani uomini e donne che vi studiano.

Ma grazie a Dio ci sei: non solo ci sarai domani, ci sei anche oggi; non sei solo il ‘non ancora’, sei anche il ‘già’, sei il presente”.

“Un’economia che si ispira alla dimensione profetica si esprime oggi in una nuova visione dell’ambiente e della terra”, ha affermato Papa Francesco

“Dobbiamo andare a questa armonia con l’ambiente, con la terra.

Ci sono molte persone, aziende e istituzioni che stanno facendo una conversione ecologica.

Dobbiamo andare avanti su questa strada e fare di più.

Lo stai facendo ‘di più’ e lo stai chiedendo a tutti. e tu chiedi a tutti di farlo.

Non basta fare il trucco, bisogna mettere in discussione il modello del modello di sviluppo.

La situazione è tale che non possiamo semplicemente aspettare il prossimo vertice internazionale, che potrebbe non essere necessario: la terra brucia oggi, ed è oggi che dobbiamo cambiare, del tutto

livelli.

Nell’ultimo anno hai lavorato sull’economia vegetale, un tema innovativo.

Hai visto che il paradigma vegetale contiene un approccio diverso alla terra e all’ambiente.

Le piante sanno cooperare con l’ambiente circostante, e anche quando competono, in realtà stanno cooperando per il bene dell’ecosistema.

Impariamo dalla mitezza delle piante: la loro umiltà e il loro silenzio possono offrirci uno stile diverso di cui abbiamo urgente bisogno.

Perché, se si parla di transizione ecologica ma si resta all’interno del paradigma economico del XX secolo che ha depredato le risorse naturali e la terra, le manovre che adotteremo saranno sempre

insufficiente o malato alle radici.

La Bibbia è piena di alberi e piante, dall’albero della vita al granello di senape.

E san Francesco ci aiuta con la sua fraternità cosmica con tutte le creature viventi.

Noi umani, negli ultimi due secoli, siamo cresciuti a spese della terra. È lei che ha pagato il conto!

L’abbiamo spesso depredato per aumentare il nostro benessere, e nemmeno quello di tutti, ma di un piccolo gruppo.

Questo è il momento di un nuovo coraggio nell’abbandono delle fonti di energia fossile, per accelerare lo sviluppo di fonti a impatto zero o positivo.

E poi dobbiamo accettare il principio etico universale – che non ci piace – che il danno va riparato.

Questo è un principio etico universale: il danno va riparato.

Se siamo cresciuti abusando del pianeta e dell’atmosfera, oggi dobbiamo anche imparare a fare sacrifici in stili di vita ancora insostenibili.

Altrimenti saranno i nostri figli e nipoti a pagare il conto, un conto troppo alto e troppo ingiusto.

Ho sentito uno scienziato molto importante nel mondo, sei mesi fa, che ha detto: ‘Ieri mi è nata una nipote. Se continuiamo così, poveretta, entro trent’anni dovrà vivere in un mondo inabitabile».

Saranno i figli ei nipoti a pagare il conto, un conto che sarà troppo alto e troppo ingiusto.

Serve un cambiamento rapido e deciso.

Questo dico sul serio: conto su di te!

Per favore, non lasciarci soli, dai l’esempio!

E vi dico la verità: per vivere su questa strada ci vuole coraggio ea volte ci vuole un po’ di eroismo.

Ho sentito per caso, in una riunione, un giovane, 25 anni, appena uscito come ingegnere di alto livello, che non riusciva a trovare lavoro; alla fine l’ha trovato in un settore che non sapeva davvero cosa fosse;

quando studiava quello che doveva fare – senza lavoro, in condizione di lavorare – rifiutò, perché si fabbricavano armi.

Questi sono gli eroi di oggi.

Sostenibilità, quindi, è una parola multidimensionale. Oltre a quella ambientale ci sono anche le dimensioni sociale, relazionale e spirituale.

Quello sociale comincia pian piano a farsi riconoscere: ci stiamo accorgendo che il grido dei poveri e il grido della terra sono lo stesso grido (cfr.

grido (cfr Enc. Laudato si’, 49).

Pertanto, quando lavoriamo per la trasformazione ecologica dobbiamo tenere a mente gli effetti che alcune scelte ambientali hanno sulla povertà.

Non tutte le soluzioni ambientali hanno gli stessi effetti sui poveri, e quindi quelle che riducono la miseria e la disuguaglianza.

Mentre cerchiamo di salvare il pianeta, non possiamo trascurare l’uomo e la donna che soffrono.

L’inquinamento che uccide non è solo quello dell’anidride carbonica, la disuguaglianza inquina mortalmente anche il nostro pianeta.

Non possiamo permettere che le nuove calamità ambientali cancellino dall’opinione pubblica le antiche e onnipresenti calamità dell’ingiustizia sociale, anche politica.

Pensiamo, ad esempio, all’ingiustizia politica; i poveri maltrattati dei Rohingya che vagano da una parte all’altra perché non possono vivere nella propria patria: un’ingiustizia politica.

C’è anche un’insostenibilità dei nostri rapporti: in molti paesi i rapporti delle persone si stanno impoverendo.

Soprattutto in Occidente, le comunità stanno diventando sempre più fragili e frammentate.

La famiglia, in alcune regioni del mondo, sta attraversando una grave crisi, e con essa l’accoglienza e la custodia della vita.

Il consumismo di oggi cerca di riempire il vuoto delle relazioni umane con beni sempre più sofisticati: la solitudine è un grande affare ai nostri giorni! -, ma in questo modo genera

una carestia di felicità.

E questa è una brutta cosa.

Pensa all’inverno demografico, ad esempio, a come si collega a tutto questo.

L’inverno demografico dove tutti i paesi stanno diminuendo notevolmente, perché non si hanno figli, ma è più importante avere un rapporto d’amore con i cani, con i gatti e così via.

Dobbiamo ricominciare a procreare.

Ma anche in questa linea dell’inverno demografico c’è la schiavitù della donna: una donna che non può essere madre perché appena il suo ventre comincia a sollevarsi, viene licenziata; le donne incinte non lo sono sempre

non sempre è permesso lavorare.

Infine, c’è l’insostenibilità spirituale del nostro capitalismo.

L’essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, prima di essere ricercatore di beni è ricercatore di senso.

Siamo tutti ricercatori di significato.

Ecco perché il primo capitale di ogni società è il capitale spirituale, perché è quello che ci dà le ragioni per alzarci ogni giorno e andare a lavorare, e che genera quella gioia di vivere

che è anche necessario per l’economia.

Il nostro mondo sta rapidamente consumando questa forma essenziale di capitale accumulata nei secoli dalle religioni, dalle tradizioni di saggezza e dalla pietà popolare.

E così i giovani in particolare soffrono di questa mancanza di senso: spesso di fronte al dolore e alle incertezze della vita, si trovano con l’anima esausta di risorse spirituali per

elaborare sofferenze, frustrazioni, delusioni e lutti.

Guarda il tasso di suicidi tra i giovani, come è cresciuto: e non li pubblicano tutti, nascondono la cifra.

La fragilità di tanti giovani nasce dalla mancanza di questo prezioso capitale spirituale – io dico: avete capitale spirituale?

Tutti rispondono all’interno: un capitale invisibile ma più reale del capitale finanziario o tecnologico.

È urgente ricostituire questo capitale spirituale essenziale.

La tecnologia può fare molto; ci insegna il ‘cosa’ e il ‘come’ fare: ma non ci dice il ‘perché’; e così le nostre azioni diventano sterili e non riempiono la vita, nemmeno quella economica.

Essendo nella città di Francesco, non posso fare a meno di soffermarmi sulla povertà.

Fare economia ispirandosi a lui significa impegnarsi per mettere al centro i poveri.

Partendo da loro guarda l’economia, da loro guarda il mondo. Senza stima, cura, amore per i poveri, per ogni povero, per ogni persona fragile e vulnerabile, dal concepito nel grembo materno

per il malato e il disabile, per l’anziano in difficoltà, non c’è ‘Economia di Francesco’.

Andrei oltre: un’economia francescana non può limitarsi a lavorare per o con i poveri.

Fino a quando il nostro sistema produrrà rifiuti e opereremo secondo questo sistema, saremo complici di un’economia che uccide i poveri.

Chiediamoci allora: stiamo facendo abbastanza per cambiare questa economia, o ci accontentiamo di dipingere un muro e cambiarne il colore, senza cambiare la struttura della casa?

Non si tratta di dare pennellate, no: bisogna cambiare la struttura.

Forse la risposta non sta in quello che possiamo fare, ma in come possiamo aprire nuove strade perché i poveri stessi possano diventare protagonisti del cambiamento.

In questo senso ci sono esperienze molto grandi, molto sviluppate in India e nelle Filippine.

San Francesco non amava solo i poveri, amava anche la povertà.

Questo modo di vivere austero, diciamo.

Francesco è andato dai lebbrosi non tanto per aiutarli, è andato perché voleva diventare povero come loro.

Seguendo Gesù Cristo, si è spogliato di tutto per essere povero con i poveri.

Ebbene, la prima economia di mercato nacque nell’Europa del XIII secolo a contatto quotidiano con i frati francescani, amici di quei primi mercanti.

Quell’economia creava ricchezza, certo, ma non disprezzava la povertà.

Creare ricchezza senza disprezzare la povertà.

Il nostro capitalismo, invece, vuole aiutare i poveri ma non li stima, non comprende il paradosso della beatitudine: «beati i poveri» (cfr Lc 6).

Non dobbiamo amare la povertà, anzi dobbiamo combatterla, innanzitutto creando lavoro, lavoro degno.

Ma il Vangelo ci dice che senza stimare i poveri non si può combattere la miseria. Ed è invece da qui che bisogna partire, anche voi imprenditori ed economisti: abitando questi paradossi evangelici di Francesco.

Quando parlo con le persone o mi confesso, chiedo sempre: “Fai l’elemosina ai poveri?” – “Si si!” – “E quando fai l’elemosina ai poveri, li guardi negli occhi?” – “Eh, non lo so…” – “E quando dai

elemosina, lanci tu la moneta o tocchi la mano del pover’uomo?»

Non guardano negli occhi e non si toccano; e questo è un allontanamento dallo spirito di povertà, un allontanamento dalla vera realtà dei poveri, un allontanamento dall’umanità che deve avere ogni rapporto umano.

Qualcuno mi dirà: “Papa, siamo in ritardo, quando finisci? tardi, quando finirai?”: Finisco adesso.

Le tre indicazioni di papa Francesco ai giovani di Assisi

E alla luce di questa riflessione, vorrei lasciarvi tre indicazioni per andare avanti.

La prima: guardare il mondo attraverso gli occhi dei più poveri.

Il movimento francescano seppe inventare nel medioevo le prime teorie economiche e perfino le prime banche solidali (i ‘Monti di Pietà’), perché guardava il mondo attraverso gli occhi dei più poveri.

Anche tu migliorerai l’economia se guardi le cose dal punto di vista delle vittime e degli scartati.

Ma per avere gli occhi dei poveri e delle vittime bisogna conoscerli, bisogna essere loro amici.

E, credetemi, se diventerete amici dei poveri, se condividete la loro vita, condividerete anche qualcosa del Regno di Dio, perché Gesù ha detto che il loro è il Regno dei Cieli, e per questo sono benedetti (cfr. Lc 6).

E ripeto: che le tue scelte quotidiane non producono rifiuti.

La seconda: siete soprattutto studenti, studiosi e imprenditori, ma non dimenticate il lavoro, non dimenticate i lavoratori.

Il lavoro delle mani.

Il lavoro è già la sfida del nostro tempo e sarà ancora di più la sfida di domani.

Senza un lavoro degno e ben retribuito, i giovani non diventano veramente adulti, le disuguaglianze aumentano.

A volte si può sopravvivere senza lavoro, ma non si vive bene.

Pertanto, mentre crei beni e servizi, non dimenticare di creare lavoro, buon lavoro e lavoro per tutti.

La terza linea guida è: incarnazione.

Nei momenti cruciali della storia, chi ha saputo lasciare una buona impronta lo ha fatto perché ha tradotto ideali, desideri, valori in opere concrete.

Cioè, li hanno incarnati.

Oltre a scrivere e fare congressi, questi uomini e donne hanno dato vita a scuole e università, banche, sindacati, cooperative, istituzioni.

Cambierai il mondo dell’economia se, insieme al tuo cuore e alla tua testa, userai anche le mani.

Le tre lingue. Si pensa: la testa, il linguaggio del pensiero, ma non solo, unito al linguaggio del sentimento, del cuore.

E non solo: abbinato al linguaggio delle mani.

E devi fare quello che senti e pensi, sentire quello che fai e pensare quello che senti e fai.

Questa è l’unione delle tre lingue.

Le idee sono necessarie, ci attraggono molto soprattutto da giovani, ma possono trasformarsi in trappole se non diventano “carne”, cioè concretezza, impegno quotidiano: le tre lingue.

Le idee da sole si ammalano e finiamo in orbita, tutti noi, se sono solo idee.

Le idee sono necessarie, ma devono diventare ‘carne’.

La Chiesa ha sempre rifiutato la tentazione gnostica – la gnosi, quella della sola idea –, che pensa di cambiare il mondo solo con una conoscenza diversa, senza il lavoro della carne.

Le opere sono meno ‘luminose’ delle grandi idee, perché sono concrete, particolari, limitate, con luce e ombra insieme, ma fertilizzano la terra giorno dopo giorno: la realtà è superiore all’idea (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 233) .

Cari giovani, la realtà è sempre superiore all’idea: siate attenti a questo.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per il vostro impegno: grazie”.

Papa Francesco: “Andate avanti, con l’ispirazione e l’intercessione di san Francesco. E io – se siete d’accordo – vorrei concludere con una preghiera”

“L’ho letto e tu lo segui con il cuore:

Padre, ti chiediamo perdono per aver ferito gravemente la terra, per non aver rispettato le culture indigene, per non stimare e amare i più poveri, per creare ricchezza senza comunione.

Dio vivente, che con il tuo Spirito ha ispirato i cuori, le braccia e le menti di questi giovani e li ha fatti avviarsi verso una terra promessa, guarda bene alla loro generosità, al loro amore, alla loro

la loro disponibilità a spendere la vita per un grande ideale.

Benedicili, Padre, nelle loro imprese, nei loro studi, nei loro sogni; accompagnarli nelle loro difficoltà e sofferenze, aiutarli a trasformarli in virtù e in saggezza.

Sostieni i loro desideri di bene e di vita, sostienili nelle loro delusioni di fronte ai cattivi esempi, non si scoraggino e continuino per la loro strada.

Tu, il cui unico Figlio è diventato falegname, dona loro la gioia di trasformare il mondo con amore, ingegno e mani.

Amen.

E molte grazie”.

Papa Francesco ad Assisi, Spazio Spadoni era li

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Fonte

Spazio Spadoni

Eof

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