Vangelo di venerdì 1 novembre: Matteo 5,1-12
Le Beatitudini
1 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 3 “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.4 Beati gli afflitti, perché saranno consolati.5 Beati i miti, perché erediteranno la terra.6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.7 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.8 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.9 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.10 Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi”.
Mt 5,1-12
17 Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante…20 Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.21 Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete, perché riderete.22 Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo.23 Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.24 Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.25 Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.26 Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti”.Lc 6,17-26
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Le Due Versioni Delle Beatitudini
Differenze tra i due testi
La versione di Luca (6,17-26) ci trasmette meglio il tono del documento-base (che doveva all’incirca corrispondere a Lc 6,20-23). Le parole di Gesù sono trasmesse assimilate alla vita delle prime comunità, alle loro problematiche. Per Luca, il discorso della montagna è proclamazione del Regno di Dio che è venuto per salvare gli uomini; ciò che Matteo (5,1-12) invece vede nel discorso della montagna, è in primo luogo un programma di vita, un insegnamento morale per la Chiesa. Se in Lc le beatitudini sono parole di consolazione per gli infelici, per Matteo sono un catalogo di virtù ad uso delle prime comunità, definendo le condizioni per entrare nel regno di Dio.
Le beatitudini comuni
Le Beatitudini comuni costituiscono un capovolgimento dei valori di questo mondo: gli uomini a cui promettono la felicità, originariamente, non erano i giusti, ma gli infelici, indipendentemente dalla loro condizione morale.
Beati i poveri: è Matteo che ha aggiunto “in spirito”, trasferendo la nozione di povertà da un piano sociologico a quello religioso, per precisarlo in un contesto didattico.
Beati gli affamati ed assetati: Matteo aggiunge “di giustizia”: Matteo, forse per paura del pauperismo delle sette nascenti, trasferisce anche questa beatitudine in senso spiritualista: ma la felicità dell’era messianica era descritta come ristoro per coloro che erano realmente affamati ed assetati (Is 49,10; 55, 1s; 65,13; Gv 6,35; Ap 7,16).
Beati i perseguitati: la progressione dei maltrattamenti è più logica in Luca che in Matteo.
Le beatitudini proprie di Matteo
Beati i miti: la formulazione primitiva non si distingue da quella dei “poveri”: nel testo ebraico entrambi corrispondono ad “anawìm”.
Beati i misericordiosi, i puri di cuore, gli artefici di pace: sono elogio di virtù da tutti stimate, per accentuare la portata parenetica delle Beatitudini.
Le beatitudini di Luca
Lc vuole presentare le Beatitudini come annuncio di consolazione, mentre per Matteo sono enunciati morali universali e atemporali.
Le maledizioni di Luca
Le 4 beatitudini di Luca sono seguite da 4 “vae”, “guai” che non trovano riscontro in Matteo: probabilmente sono aggiunta lucana, con procedimento antitetico alle beatitudini: con esse Luca rinforza il senso del testo. In modo particolare, si vuole evidenziare il contrasto, quasi il contrappasso, tra la situazione di “ora” e quella di “quel giorno”.
L’EVANGELO DELLE BEATITUDINI
Entrambi i tesi, sia quello di Luca che quello di Matteo, sono Parola di Dio per noi: tutti e due perciò parlano oggi la cuore del credente.
LA LIETA NOTIZIA PER I POVERI
Le Beatitudini sono quindi innanzitutto la gioiosa proclamazione di un grande “Purim”, di un totale ribaltamento delle sorti: esse sono l’annuncio del compimento della speranza di tutte le categorie di oppressi e di sfruttati della terra!
Beati: makàrios deriva da makàr, antico termine indicante la felicità divina, libera dalle pene terrene: ma ai tempi dei vangeli è l’unico termine disponibile per indicare un uomo “felice” nel senso più vasto del termine.
I poveri: nella traduzione greca dell’Antico Testamento, quella dei LXX, il termine ptochòs, povero (da ptòssò, accatto), compare circa cento volte, traducendo vocaboli ebraici che han sempre il significato di povertà materiale. Afflitto, pèntos, traduce ‘ebel, esprime non tanto una tristezza interiore, ma la sua esplosione all’esterno: Lc quindi riserva la beatitudine degli afflitti a “quelli che piangono” (klaìontes). Affamato, peinòn, corrisponde all’aggettivo rà’èb: non sono quelli che hanno appetito, ma quelli che sono privi del nutrimento indispensabile, che non hanno il minimo per vivere: la vera traduzione sarebbe “famelico”.
Prospettiva teologica: Le prime due beatitudini ci rimandano all’oracolo di Is 61,1-3. Come per le monarchie dei popoli vicini, in Israele la cura del debole e del povero sono attributo specifico del buon re; ma Dio è il Re unico di Israele: la difesa e la liberazione degli oppressi sono quindi sue caratteristiche irrinunciabili. Nella Bibbia c’è una vera e propria “teologia del grido del povero” che sempre viene ascoltato da Dio (Es 3,7; 22,21-26; Dt 24,14-15; Gc 5,4-5…).
Prospettiva cristologica: Il Nuovo Testamento compie questo annuncio nella Parola definitiva e nell’esempio concreto di Gesù Cristo. L’Evangelo è innanzitutto la “buona novella annunciata ai poveri” (Mt 11,5; Lc 7,22), che sono i destinatari privilegiati del Regno che viene. Per questo Gesù, presentandosi come il Messia atteso nella sinagoga di Cafarnao (Lc 4,18-19), applica a sè le parole del profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore… mi ha inviato a portare ai poveri un lieto messaggio” (Is 61,1-2; cfr Lc 7,22). “Saranno consolati”, “saranno saziati”, “erediteranno la terra”, “otterranno misericordia”, “vedranno Dio”: è vero, si parla di ricompensa escatologica. Ma la prima beatitudine precisa ai poveri che di essi “è” il regno di Dio: in Gesù ormai “il Regno di Dio è vicino”, “è giunto a voi il regno di Dio” (Mt 12,28; Lc 11,20).
LE CONDIZIONI PER ENTRARE NEL REGNO DI DIO
Dalla prospettiva teologica-antropologica si passò presto, nella prima Chiesa, a quella antropologica. L’attenzione si trasferì dal comportamento di Dio nell’instaurare il Regno a quello dell’uomo per potervi accedere.
Dalla parte dei poveri: Le Beatitudini sono un invito a stare sempre dalla parte dei poveri, degli ultimi, degli emarginati, degli oppressi, concretamente. Esse smascherano le nostre ipocrisie, che spesso mitigano la durezza delle parole di Gesù intendendole in senso spirituale (Lc 14,13-14; 16,9).
Vivere secondo le Beatitudini:
Essere poveri di spirito: la povertà di spirito è la sintesi di tutte le virtù cristiane, è la condizione previa per possederle.
Essere miti: i miti (praeis) sono i mansueti, i sottomessi, i disponibili, coloro che non pretendono di avere ragione, sereni, ottimisti.
Essere affamati ed assetati di giustizia: la giustizia in senso biblico è la capacità di relazione con Dio e con i fratelli (Mt 5,10.20; 6,1.13).
Essere misericordiosi: il primo dei termini ebraici che designa la misericordia è rehamin, che propriamente esprime le viscere, la sede delle emozioni, il nostro “cuore” (Sl 103,13; Ger 31,20; Is 63,15-16…).
Essere puri di cuore: significa avere un cuore nuovo, di carne e non di pietra (Ez 36,26-28), non sclerotico. Significa essere onesti, trasparenti, leali, senza finzioni (Gv 1,47).
Essere operatori di pace (eirenopoiòi: “facitori di pace”, non “pacifici”): il termine ebraico shalòm non corrisponde alla semplice assenza di guerra del greco eirène o alla sicurezza basata su patti bilaterali del latino pax: shalòm deriva dalla radice slm, che significa essenzialmente “completamento”, “pienezza”.
Essere perseguitati: i cristiani saranno perseguitati per causa di Cristo (Mt 5,11; 10,24; Gv 15,20-21), come furono prima perseguitati i profeti (Mt 5,12; At 7,52).
L’imitazione di Cristo: Le Beatitudini “sono una specie di autoritratto di Cristo, sono un invito alla sua sequela e alla comunione con lui” (Veritatis splendor, n. 16). Gesù è il modello delle Beatitudini. Gesù è il povero (Lc 2,11-12; cfr Mt 8,20), l’afflitto (Mc 1,41; 6,34; 8,2; Lc 22,44; Mt 26-27). Gesù muore solo, sperimentando l’abbandono da parte degli uomini e anche da parte di Dio (Mt 27,46), il mite (Mt 11,29; Is 53,7, il giusto, la misericordia del Padre (Fil 2,5-11), il puro di cuore, la Pace (Ef 2,14-17; Gv 14,27; 16,33; Col 3,15; Fil 4,7), il perseguitato (Mc 3,21; Lc 4,28-29; Gv 6,66…).
Il premio: Il premio (misthos: Mt 5,12) è certamente l’amicizia con Dio, la beatitudine del suo amore nell’escatologia. Ma “già al presente cento volte” (Mc 10,30), la “gioia piena” (Gv 16,24).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.