Vangelo di Domenica 07 gennaio: Marco 1, 9-11
Battesimo del Signore B
9Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11E venne una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
Mc 1, 9-11
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Gesù è immerso nel Giordano, come gli ebrei nelle acque del mar Rosso, e anche del Giordano prima di entrare nella Terra Promessa. C’e un chiaro riferimento simbolico a Gesù come nuovo Israele: come Israele, uscendo dalla schiavitù di Egitto, era stato immerso nel Mar Rosso, e poi nel Giordano, così ora Gesù inizia la sua vita pubblica immerso nel Giordano.
Innanzitutto non si afferma che una colomba scese su Gesù, ma che vi discese “lo Spirito, come una colomba” (v. 10). La colomba è 1’uccello che annuncia la pace a Noè alla fine del diluvio, ed è il simbolo stesso di Israele (Os 11, Ct 1). E’ un modo per dire che Dio entra nella storia, che Dio si rivela agli uomini. La colomba è simbolica, cioè un modo allegorico di dire che Dio entra nel mondo, è il simbolo dello Spirito Santo che viene nella vicenda umana. Questo Spirito è la Ruah IHWH, lo stesso Spirito che aleggia sulle acque primordiali (Gen 1,1), lo Spirito che consacra i Profeti. Qui si compie una nuova creazione: come allora lo Spirito diede via al creato, così ora lo Spirito che viene su Cristo forma l’uomo nuovo, Gesù Cristo, il nuovo Adamo, l’uomo perfetto.
Si aprirono i cieli” è un’affermazione è molto importante, indicando la fine della separazione tra Dio e gli uomini: ormai i cieli non sono più chiusi agli uomini, l’uomo può aderire al divino, l’uomo può avere un contatto con Dio.
Tutti i Vangeli riportano il racconto del Battesimo di Gesù, per sottolineare che alla sequela del Battista Gesù prende coscienza della sua vocazione, e lo esprimono attraverso questa forma simbolica che afferma che mentre Gesù è immerso nel Giordano lo Spirito di Dio scende su di lui, ed egli sente la voce che gli dice: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (v. 11).
Non dobbiamo scandalizzarci che questo racconto sia di tipo simbolico: la realtà è proprio che in questo momento Gesù capisce di essere il Figlio di Dio, mentre il modo di esprimerlo risente di alcuni generi letterali.
Questi generi letterali sono:
- la tradizione biblica dell’Esodo interpretata secondo Isaia: Gesù nuovo Israele che, come Israele, immerso nel Mar Rosso.
- le antiche scritture profetiche: se leggiamo ad esempio Ezechiele, o Geremia ed Isaia, vediamo che spesso lo Spirito di Dio scende sul Profeta, lo riempie e lo consacra per la sua Missione
- qui c’e già anche una rilettura da parte della prima comunità attraverso l’esperienza battesimale cristiana. Sacramentum è una parola latina che vuole dire “segno”. L’immersione battesimale è segno del nostro essere figli di Dio. Anche a Gesù viene riconosciuta la consapevolezza della sua Missione nell’ambito dell’esperienza battesimale.
Gesù si presenta veramente come il Servo sofferente di Isaia 42,1, facendosi in tutto solidale con noi, facendo la fila con i peccatori. In Mc 1,12 si usa la parola greca huiòs, che ha un doppio significato: vuol dire sia Figlio che Servo. In Is 42,1 si parla infatti del Servo, figura misteriosa che in Is 53,1-12 è “uomo dei dolori”, che conosce chiaramente il patire, da cui noi siamo salvati. E’ una figura enigmatica che sconcerta Israele, che aveva sempre aspettato un Messia trionfante, potente, che li avrebbe liberati dal giogo delle dominazioni straniere. Invece Isaia dice saremo salvati da un uomo disprezzato, reietto dagli uomini, percosso da Dio, umiliato come pecora muta condotta al macello, e muto di fronte ai suoi persecutori.
Marco presenta Gesù come il Figlio Servo, il Messia che realizza la profezia del Servo sofferente, e ce ne dà la dimostrazione: è lì in mezzo ai peccatori! Il Dio grande e potente fa la sua comparsa in pubblico, facendo la fila, aspettando di essere battezzato. Questa solidarietà con gli uomini raggiungerà la sua pienezza sulla croce, quando Gesù riceverà il vero Battesimo (Mc 10,38-39).
Nel Vangelo odierno c’e un parallelo continuo con la figura di Adamo. Adamo, il primo uomo, aveva voluto farsi come Dio, mangiando dell’albero della conoscenza del bene e del male, perché il tentatore aveva detto: “Se mangerete sarete come Dio”. Gesù fa il cammino inverso: è il Dio che si fa uomo: è quello che Paolo definisce il mistero della kènosis, dello svuotamento, il cammino dell’umiliazione, il solo che porta all’esaltazione. Ecco perché Gesù dice di essere il primo che si è fatto ultimo, il Servo di tutti.
Ciò ha delle conseguenze tremende per noi. Come Gesù, la Chiesa è chiamata non a discorsi di potenza e di gloria, ma a nascondersi fra la gente, a condividere la sorte degli ultimi, a mischiarsi con i peccatori, con le persone povere, con gli emarginati, con gli esclusi, con gli scartati. Gesù qui non fa un discorso, un programma Pastorale, ma dà un esempio, una lezione alla sua Chiesa. Noi siamo chiamati a stare con gli altri, siamo chiamati al servizio, allo svuotarsi, a diventare ultimi, a morire per gli altri.
Marco dà anche una lezione di Catechismo: vuole insegnare ad un catecumeno, cioè a colui che vuole diventare cristiano, che il Battesimo, per noi come per Gesù, è un momento innanzitutto di morte. Sì, il Battesimo è segno di morte, morte dell’uomo vecchio, morte alle cose di questo mondo, morte alla superbia, morte allo spirito di possesso e di dominio: è autorinnegamento. Ma solo attraverso questa strada si arriva a risorgere con Cristo (Col 2,12; Rm 6,3-8).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.