Vangelo di Martedì 1 Novembre: Matteo 5, 1-12
Festa di tutti i Santi
1Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 3“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 5Beati i miti, perché erediteranno la terra. 6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi”.
Mt 5, 1-12
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
“Le Beatitudini contengono la «carta d’identità» del cristiano, perché delineano il volto di Gesù stesso, il suo stile di vita… Ma è un messaggio per tutta l’umanità.
Gesù svela la via della felicità – la sua via – ripetendo otto volte la parola «beati».
Ogni Beatitudine si compone di tre parti. Dapprima c’è sempre la parola «beati»; poi viene la situazione in cui si trovano i beati: la povertà di spirito, l’afflizione, la fame e la sete della giustizia, e via dicendo; infine c’è il motivo della beatitudine, introdotto dalla congiunzione «perché»: «Beati questi perché, beati coloro perché…». Così sono le otto Beatitudini e sarebbe bello impararle a memoria per ripeterle, per avere proprio nella mente e nel cuore questa legge che ci ha dato Gesù” (Papa Francesco).
Il grido: «‘Ashrè» in ebraico significa soprattutto un invito ad andare avanti, promessa che è certa e precede quanti vivono una determinata situazione, parola che indica uno stile da assumere, parola che cambia l’ottica con la quale si guardano la vita, la realtà, gli altri. Noi traduciamo quest’espressione tante volte presente nei Salmi e nella sapienza di Israele con «beati» (dal greco makárioi, che i Vangeli prendono dalla versione dei LXX), ma purtroppo non abbiamo un termine italiano che ne sveli adeguatamente il contenuto. «Beati» non è un aggettivo, è un invito alla felicità, alla pienezza di vita, alla consapevolezza di una gioia che niente e nessuno può rapire né spegnere (Gv 16,23). «Beati» ha anche il valore di «benedetti» (Mt 25,34), in opposizione ai «guai» (Mt 23,13-32; Lc 6,24-26), ma indica qualcosa che non è soltanto un’azione di Dio che rende giusti e salvati nel giorno del giudizio (Sal 1,1; 41,2), ma che già da ora dà un senso, una speranza consapevole e gioiosa a chi è destinatario di tale parola. Promessa e programma! Nessuno dunque pensi alla beatitudine come a una gioia esente da prove e sofferenze, a uno «stare bene» mondano. No, la si deve comprendere come la possibilità di sperimentare che ciò che si è e si vive ha senso, fornisce una «convinzione», dà una ragione per cui vale la pena vivere. E certo questa felicità la si misura alla fine del percorso, della sequela, perché durante il cammino è presente, ma a volte può essere contraddetta dalle prove, dalle sofferenze, dalla passione” (E. Bianchi).
Papa Francesco, nell’Esortazione Apostolica “Gaudete et exsultate” sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo, ha proposto una splendida esegesi del brano di Matteo sulle Beatitudini, esegesi che dobbiamo conoscere almeno per sommi capi: “Nonostante le parole di Gesù possano sembrarci poetiche, tuttavia vanno molto controcorrente rispetto a quanto è abituale, a quanto si fa nella società; e, anche se questo messaggio di Gesù ci attrae, in realtà il mondo ci porta verso un altro stile di vita…
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli».
Il Vangelo ci invita a riconoscere la verità del nostro cuore, per vedere dove riponiamo la sicurezza della nostra vita… Questa povertà di spirito è molto legata con quella «santa indifferenza» che proponeva sant’Ignazio di Loyola, nella quale raggiungiamo una bella libertà interiore: «Non desiderare da parte nostra più la salute che la malattia, più la ricchezza che la povertà, più l’onore che il disonore, più la vita lunga piuttosto che quella breve, e così in tutto il resto».
«Beati i miti, perché avranno in eredità la terra».
È un’espressione forte, in questo mondo che fin dall’inizio è un luogo di inimicizia, dove si litiga ovunque, dove da tutte le parti c’è odio… Tuttavia, nonostante sembri impossibile, Gesù propone un altro stile: la mitezza… Egli disse: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,29)…
«Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati».
Il mondo ci propone il contrario: il divertimento, il godimento, la distrazione, lo svago, e ci dice che questo è ciò che rende buona la vita… La persona che vede le cose come sono realmente, si lascia trafiggere dal dolore e piange nel suo cuore, è capace di raggiungere le profondità della vita e di essere veramente felice. Quella persona è consolata, ma con la consolazione di Gesù e non con quella del mondo. Così può avere il coraggio di condividere la sofferenza altrui e smette di fuggire dalle situazioni dolorose. In tal modo scopre che la vita ha senso nel soccorrere un altro nel suo dolore, nel comprendere l’angoscia altrui, nel dare sollievo agli altri… «Piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12,15). Saper piangere con gli altri, questo è santità.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati».
Certo la parola «giustizia» può essere sinonimo di fedeltà alla volontà di Dio con tutta la nostra vita, ma se le diamo un senso molto generale dimentichiamo che si manifesta specialmente nella giustizia con gli indifesi: «Cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (Is 1,17). Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità.
«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».
La misericordia ha due aspetti: è dare, aiutare, servire gli altri e anche perdonare, comprendere… Dare e perdonare è tentare di riprodurre nella nostra vita un piccolo riflesso della perfezione di Dio, che dona e perdona in modo sovrabbondante.
«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio».
Nella Bibbia, il cuore sono le nostre vere intenzioni, ciò che realmente cerchiamo e desideriamo, al di là di quanto manifestiamo (1 Sam 16,7)… Quando il cuore ama Dio e il prossimo (Mt 22,36-40), quando questo è la sua vera intenzione e non parole vuote, allora quel cuore è puro e può vedere Dio.
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».
Questa beatitudine ci fa pensare alle numerose situazioni di guerra che si ripetono… Non è facile costruire questa pace evangelica che non esclude nessuno, ma che integra anche quelli che sono un po’ strani, le persone difficili e complicate, quelli che chiedono attenzione, quelli che sono diversi, chi è molto colpito dalla vita, chi ha altri interessi… Si tratta di essere artigiani della pace, perché costruire la pace è un’arte che richiede serenità, creatività, sensibilità e destrezza. Seminare pace intorno a noi, questo è santità.
«Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli».
Gesù stesso sottolinea che questo cammino va controcorrente fino al punto da farci diventare persone che con la propria vita mettono in discussione la società, persone che danno fastidio. Gesù ricorda quanta gente è perseguitata ed è stata perseguitata semplicemente per aver lottato per la giustizia, per aver vissuto i propri impegni con Dio e con gli altri. Se non vogliamo sprofondare in un’oscura mediocrità, non pretendiamo una vita comoda, perché «chi vuol salvare la propria vita, la
perderà» (Mt 16,25). Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità” (nn. 65-94).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.