Vangelo di Lunedì 25 dicembre: Luca 2, 1-14
Natale del Signore
“1 In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. 8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 14“Gloria a Dio nel più alto dei cielie sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.
Lc 2, 1-14
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Al cuore della nostra Fede
Quando a Messa recitiamo il Credo, è tradizione chinare il capo quando si dice:
“Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo,
e per opera dello Spirito Santo
si è incarnato nel seno della Vergine Maria
e si è fatto uomo”.
Siamo difatti al cuore della nostra Fede: proclamiamo che Dio, l’immenso, l’eterno, infinito, si è fatto creatura, mortale, limitata.
I “Vangeli dell’infanzia”, testi teologici
Cerchiamo di meditare su questa sconvolgente Buona Notizia partendo dai testi evangelici, sfrondandoli da tanta tradizione popolare per cercare il nocciolo della rivelazione.
Innanzitutto i testi evangelici sul Natale sono riflessioni post-pasquali, fatte alla luce della morte e risurrezione di Gesù: sono quindi essenzialmente meditazioni teologiche, che vogliono introdurci al Mistero più bello della storia.
L’evangelista più antico, Marco, non accenna minimamente alla nascita di Gesù, e lo presenta già adulto, al momento del battesimo da parte di Giovanni il Battista (Mc 1,9-11). L’evangelista più recente, Giovanni, offre, nel Prologo del suo Vangelo, una splendida lettura teologica sulla venuta del Verbo di Dio nel mondo, ma senza accennare alcun particolare sulla sua nascita (Gv 1,14).
Solo Matteo e Luca, in quei capitoli che sono stati definiti “Vangeli dell’infanzia” (Mt 1-2; Lc 1.2) narrano la nascita di Gesù.
Ma non ci dicono niente della sua data di nascita. Luca afferma che dei pastori, “pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge” (Lc 2,8). A Betlemme, ai margini del deserto, a quasi ottocento metri di altezza sul livello del mare, è possibile solo nei mesi estivi pernottare all’aperto, perché d’inverno fa troppo freddo…
Luca insiste che Gesù fu “deposto in una mangiatoia” (Lc 2,7-12), e che anzi questo sarà il suo segno di riconoscimento (Lc 2,12), Matteo 2,11 ci dice che Gesù nacque in una casa…
Solo la tradizione ci parlerà della “mezzanotte santa”, del bue e dell’asinello, della cometa, del numero dei magi venuti ad adorare il Bambino (chi ha detto che fossero tre e non di più?)…
“E il Verbo si fece carne” (Gv 1,14)
Quello che gli evangelisti ci intendono trasmettere, è che il bambino Gesù era veramente ciò che il suo nome significava: “Jeshu’a”, “Il Signore salva”, cioè il “Salvatore” (Mt 1,21.25), ed era “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9).
“Dio, stanco di non essere capito, di essere frainteso, di essere usato, stanco di essere tirato in ballo per coprire le vergognose nudità della nostra pigrizia, esausto dall’essere tirato per la giacchetta a benedire ogni guerra, depresso per essere accusato di colpe che non ha, decide di diventare uomo, di condividere in tutto la nostra umanità, di raccontarsi. Un gesto d’amore semplice, folle, inconcepibile: Dio diventa uomo, abbandona la sua divinità. Scorda la sua onnipotenza, per sperimentare tutto il dolore che l’uomo sperimenta e la fragilità e lo sbandamento. E perché nessuno possa accusare Dio di essere diventato uomo in modo privilegiato, sceglie di diventare uomo nel più povero dei modi, nel più misero dei tempi, affidato all’imperizia di una generosa coppia di provincia, esule, costretto a nascere in un luogo sconosciuto a causa del delirio di onnipotenza di un Imperatore oppressore. Il Verbo di Dio, il sorriso della Trinità, abita il corpo del figlio di Maria” (P. Curtaz).
Accolto dai più disprezzati
“Ma la nascita del Salvatore è recepita solo da quelli che sentono la necessità della salvezza. In Luca sono i pastori («È nato per voi un Salvatore», Lc 2,11) considerati appartenenti alle categorie più disprezzate ed emarginate, e in Matteo sono i magi (Mt 2,1-12), abominevoli persone non solo perché pagane, quanto perché dedite a un’attività severamente proibita dalla Bibbia (Lv 19,26; At 8,9-24) e vietata ai Giudei: «Chi impara qualcosa da un mago merita la morte» (Shab. b. 75a). La buona notizia del Natale è per questi. Dio in Gesù si manifesta come un Signore che non è buono, ma esclusivamente buono, un Padre che ama i suoi figli non perché questi lo meritino, ma perché Lui è buono” (A. Maggi).
Natale, “tristezza e speranza” (Papa Francesco)
“Lasciamoci interpellare dal Bambino nella mangiatoia, ma lasciamoci interpellare anche dai bambini che, oggi, non sono adagiati in una culla e accarezzati dall’affetto di una madre e di un padre, ma giacciono nelle squallide «mangiatoie di dignità»: nel rifugio sotterraneo per scampare ai bombardamenti, sul marciapiede di una grande città, sul fondo di un barcone sovraccarico di migranti. Lasciamoci interpellare dai bambini che non vengono lasciati nascere, da quelli che piangono perché nessuno sazia la loro fame, da quelli che non tengono in mano giocattoli, ma armi.
Il mistero del Natale, che è luce e gioia, interpella e scuote, perché è nello stesso tempo un mistero di speranza e di tristezza. Porta con sé un sapore di tristezza, in quanto l’amore non è accolto, la vita viene scartata. Così accadde a Giuseppe e Maria, che trovarono le porte chiuse e posero Gesù in una mangiatoia, «perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7). Gesù nasce rifiutato da alcuni e nell’indifferenza dei più. Anche oggi ci può essere la stessa indifferenza, quando Natale diventa una festa dove i protagonisti siamo noi, anziché Lui; quando le luci del commercio gettano nell’ombra la luce di Dio; quando ci affanniamo per i regali e restiamo insensibili a chi è emarginato. Questa mondanità ci ha preso in ostaggio il Natale: bisogna liberarlo!
Ma il Natale ha soprattutto un sapore di speranza perché, nonostante le nostre tenebre, la luce di Dio risplende. La sua luce gentile non fa paura; Dio, innamorato di noi, ci attira con la sua tenerezza, nascendo povero e fragile in mezzo a noi, come uno di noi. Nasce a Betlemme, che significa “casa del pane”. Sembra così volerci dire che nasce come pane per noi; viene alla vita per darci la sua vita; viene nel nostro mondo per portarci il suo amore. Non viene a divorare e a comandare, ma a nutrire e servire. Così c’è un filo diretto che collega la mangiatoia e la croce, dove Gesù sarà pane spezzato: è il filo diretto dell’amore che si dona e ci salva, che dà luce alla nostra vita, pace ai nostri cuori.
L’hanno capito, in quella notte, i pastori, che erano tra gli emarginati di allora. Ma nessuno è emarginato agli occhi di Dio e proprio loro furono gli invitati di Natale. Chi era sicuro di sé, autosufficiente, stava a casa tra le sue cose; i pastori invece «andarono, senza indugio» (Lc 2,16)” (Papa Francesco).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.