Vangelo di Giovedì 7 Gennaio: Giovanni 1, 35-42
Giovanni 1, 35-42
35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Gli risposero: «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. 40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» 42e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)».
Gv 1, 35-42
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Il brano di Giovanni (1,35-42) è tipologico: ci presenta in poche righe tutta la dinamica del credere.
Il primo passo è “seguire” (v. 37), termine tecnico per indicare il discepolato: “Questi due discepoli per primi intraprendono un esodo, lasciano Giovanni per seguire Gesù. Si mettono sulle sue tracce, nel deserto; Gesù allora si volta e, guardandoli negli occhi, chiede loro: «Che cosa cercate?». È la sua prima parola nel quarto vangelo, sotto forma di domanda, un interrogativo che Gesù rivolge ancora oggi a te, lettore del vangelo: «Che cosa cerchi? Qual è il tuo desiderio?». È straordinario, Gesù non fa un’affermazione, una dichiarazione, come verrebbe spontaneo a tanti ecclesiastici abituati sempre e solo ad affermare, ma pone una domanda: «Cercate qualcosa? E che cosa?». Così chi si mette sulle tracce di Gesù deve cercare di rispondere innanzitutto a questa domanda, deve cercare di conoscere il proprio cuore, di leggerlo e scrutarlo, in modo da essere consapevole di ciò che desidera e cerca. Pensiamoci, ma solo quando accogliamo o ci facciamo domande contraddiciamo la chiusura che ci stringe, e ci apriamo” (E. Bianchi).
“Venire” e “vedere” (v. 39) sono i due verbi tipici della Fede: il primo sottolinea la risposta umana, il secondo l’esperienza di Dio; e talora sperimentiamo Dio solo se prima gli abbiamo detto con slancio di “sì”.
Il fine della sequela è menein con Dio (vv. 38-39), cioè abitare, dimorare con Lui: il discepolo sfugge alla caducità per fissarsi nell’eterno, nell’infinito.
“Erano circa le quattro del pomeriggio” (v. 39): l’ora dell’incontro meraviglioso con Gesù resta per sempre impressa nel cuore dei due discepoli: è il momento infatti che ha trasformato la loro vita, è la svolta radicale della loro esistenza, l’ora più importante della loro storia. “Quel giorno in cui i primi discepoli hanno cercato Gesù, lo hanno seguito e sono restati presso di lui, è stato decisivo per tutta la loro vita, che da quel momento in poi non è stata altro che un cercare Gesù, un seguirlo e un cercare di vivere con lui, perseveranti con lui: è la vita cristiana! Davanti al discepolo c’è sempre e solo un Agnello, un Servo, in ogni caso una creatura mite, inoffensiva, che «porta» (cfr Gv 1,29) i pesi degli altri e non li mette sulle spalle degli altri; c’è qualcuno che dà la propria vita, spende la propria vita e la offre in sacrificio” (E. Bianchi).
Segue quindi la professione di Fede: “Abbiamo trovato il Messia!” (v. 41); e si diventa allora a nostra volta evangelizzatori: “Andrea… incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» e lo condusse da Gesù” (v. 41).
Il Vangelo odierno è parabola della Fede: bisogna dapprima abbandonare noi stessi, la nostra strada, per seguire Gesù: occorre prima fidarsi di lui, della sua Parola, consegnarsi a lui. Egli quindi si rivela, ci fa abitare con lui, ci fa gustare le dolcezza di Dio. E solo allora, ripieni di lui, potremo traboccarne ai fratelli, annunciandolo con gioia al mondo.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.