Vangelo di Domenica 9 Ottobre: Luca 17, 11-19
XXVIII Domenica C
11Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, 13alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; 16e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: 19«Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Lc 17, 11-19
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
La parabola della guarigione miracolosa dei dieci lebbrosi (Lc 17,11-19), in cui uno solo torna a ringraziare Gesù, è sempre stata letta come un invito ad essere riconoscenti al Signore. Dio ci colma continuamente di tanti benefici, ma spesso la nostra preghiera è rivolta solo… a chiedergli ulteriori favori e non a “render gloria a Dio” (Lc 17,18), come Gesù sottolinea.
Ma in questo racconto il tema non è tanto quello della gratitudine, ma quello di che cosa voglia dire credere.
Credere alla Parola
“Nel Vangelo secondo Luca abbiamo già letto un incontro tra Gesù e un lebbroso: supplicato da quest’ultimo, Gesù aveva steso la mano e toccato il suo corpo piagato, guarendolo (Lc 5,12-16). Qui invece i lebbrosi sono un gruppetto e, stando lontani, senza avvicinarsi a lui, gli gridano: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». È un grido semplice e breve, che mette l’accento sulla miseria di questi uomini. È un grido ripetuto tante volte nei Salmi, come invocazione al Signore Dio. Il Signore, che è misericordioso e compassionevole (cfr Es 34,6), nella sua potenza può compiere ciò che i lebbrosi possono solo desiderare ma non realizzare” (E. Bianchi).
Ma qui Gesù non si avvicina per guarirli, non tocca i loro corpi malati. Dà solo un ordine, che può sembrare assurdo: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”, coloro che erano incaricati dalla Legge di diagnosticare la lebbra e attestare la guarigione da essa (Lc 17,14). Gesù non compie nessun gesto di guarigione: dà solo un comando. Ed essi credono, se ne vanno ancora malati ma fiduciosi nella Parola di Gesù. Ed ecco che “mentre essi andavano, furono purificati” (Lc 17,14): la loro lebbra sparisce ed essi diventano puri. “Certamente Luca, nel raccontare questo evento, ricorda la guarigione dalla lebbra di Naaman il siro da parte di Eliseo: il profeta, restando lontano, gli ordina attraverso un messaggero di andare a bagnarsi nel Giordano, ed egli dopo un iniziale rifiuto acconsente e così viene guarito (2 Re 5,1-14; Lc 4,27)” (E. Bianchi). Allo stesso modo Gesù si comporta con il funzionario regio che viene a chiedergli la guarigione del figlio: “«Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli risponde: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». S’informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio in quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia” (Gv 4,49-53).
La vera Fede è quella che si affida alla sola Parola di Dio. Non pretende segni, gesti eclatanti, prodigi immediati. Davvero la Fede è affidarsi, confidare, talora alla povertà e alla nudità di una Promessa di cui non vediamo nessun segno concreto di realizzazione.
“La tua fede ti ha salvato”
Gesù ribadisce che la salvezza totale viene solo dall’adesione a lui, e l’evento di guarigione, seppur miracoloso, altro non è che un epifenomeno del totale superamento del limite creaturale che la sua Incarnazione realizza. Solo nella fede, nell’“amen” amoroso a lui, troveremo “la via, la verità, la vita” (Gv 14,6). Ecco perché Gesù richiede con insistenza la Fede a coloro che guarisce. Al centurione che lo supplica di guarire il suo servo Gesù infatti dice: “Va’, e sia fatto secondo la tua Fede” (Mt 8,8-13); “Gesù, voltatisi, disse (all’emorroissa): «Coraggio, figliola, la tua Fede ti ha guarita»” (Mt 9,22); “Gesù disse (ai due ciechi): «Credete voi che io possa fare questo?… Sia fatto a voi secondo la vostra fede»” (Mt 9,28-29); “Gesù, incontrando (il cieco nato) gli disse: «Tu credi nel Figlio dell’uomo?»… Ed egli disse: «Io credo, Signore!»” (Gv 9,35-38); “«Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». (Marta) gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo»” (Gv 11,25-27); “Gesù replicò (alla cananea): «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri»” (Mt 15,28); “Gesù disse (al cieco di Gerico): «Va’, la tua fede ti ha salvato»” (Mc 9,52).
Mentre invece a Nazaret “non fece molti miracoli a causa della loro incredulità” (Mt 13,58). Gesù non crede in coloro che credono in lui a causa dei miracoli che egli compie: lo afferma Giovanni con un interessante gioco di parole: “Molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non credeva in loro” (Gv 2,23-24).
È la persona di Gesù la salvezza del mondo. Non dobbiamo aspettarci guarigioni da gesti clamorosi del Signore, ma solo dall’adesione totale a lui, che prende su di sé i mali del mondo e li annienta nella potenza della sua Resurrezione. “Noi cristiani dovremmo essere molto attenti e vigilanti di fronte a guarigioni e miracoli: questi avvengono, a dire il vero anche in contesti non cristiani, ma non sono le guarigioni e i miracoli che danno la salvezza, che rendono i malati figli del Regno e quindi discepoli di Gesù. La guarigione fisica non significa e non coincide con la guarigione totale, integrale, quella della vita più intima, la vita spirituale che ciascuno di noi, con più o meno consapevolezza, vive” (E. Bianchi). Solo Gesù è la salvezza!
Credere è proprio questo attaccarci a Gesù, diventando una cosa sola con lui: e allora tutto il male, la malattia, la stessa morte saranno annientati.
Una Fede universale
Dei dieci lebbrosi guariti, uno solo torna a ringraziare Gesù. Ed è un Samaritano (Lc 17,16). I Samaritani erano dei “bastardi” dal punto di vista religioso: nel 721 a. C. gli Assiri deportarono gran parte degli Ebrei che vivevano in Samaria, e li sostituirono con coloni fatti venire dall’Assiria. Questi non solo inquinarono la “purezza etnica” di Israele ma, portando con sé le proprie tradizioni idolatre, finirono per contaminare la fede degli Ebrei rimasti (2 Re 17,1-41). Verso la fine del IV sec. a. C. si concluse l’incessante storica rivalità (Esd 4) con lo scisma samaritano, con la costruzione di un nuovo santuario sul Garizim, presso Sichem, e l’accettazione da parte dei Samaritani soltanto dei libri del Pentateuco.
“Anche questa volta (cfr Lc 4,23-27; 7,1-10) chi accede allo spazio dei figli del Regno è uno straniero, un Samaritano, uno fuori dal popolo di Dio, dal recinto ortodosso. In questo racconto Gesù demolisce molte certezze di noi cristiani asserragliati in chiese o comunità. Fuori, fuori, anche fuori c’è un operare di Cristo Signore che a volte trova più ricezione di quanta ne abbia tra noi che ci sentiamo dentro. Dio non si lascia conoscere solo nelle istituzioni ecclesiastiche o cultuali, ma si fa conoscere soprattutto in Gesù: grazie a lui, attraverso di lui solo si rende gloria a Dio” (E. Bianchi).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.