Vangelo di Domenica 7 Agosto: Luca 12, 32-48
XIX Domenica C
32«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. 33Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. 34Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. 35Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; 36siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate». 41Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42Il Signore rispose: «Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. 44In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli. 47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Lc 12, 32-48
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
IL VERO INVESTIMENTO FINANZIARIO
Il Nuovo Testamento propone una gestione dei beni economici del tutto particolare: è il cielo il vero investimento finanziario, la vera banca, il luogo dove conviene far fruttare i capitali:
“Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli” (Lc 12,33-34); “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,19-21). Già il Siracide aveva detto: “Perdi pure denaro per un fratello e amico, non si arrugginisca inutilmente sotto una pietra. Sfrutta le ricchezze secondo i comandi dell’Altissimo; ti saranno più utili dell’oro” (Sir 29,10-13). Paolo scrive a Timoteo: “Ai ricchi in questo mondo raccomanda… di arricchirsi di opere buone…, mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera” (1 Tm 6,17-19).
Afferma Agostino: “Ti importa accumulare tesori? Non ti dico: «Rinuncia!». Ti dico piuttosto «dove» farlo… Dove ti dico di accumulare tesori? Accumulatevi un tesoro nel cielo dove ladro non può avvicinarsi né tarlo o ruggine compromettere”.
Scrive Basilio: “Se hai donato all’affamato, il dono diventa tuo e ti è restituito con interesse. Come il seme, gettato nel solco, è fonte di guadagno per chi lo ha seminato, così il pane offerto all’affamato ti renderà in seguito un abbondante profitto. Smetti, dunque, di coltivare i campi e comincia la semina per il cielo. Infatti è scritto: «Seminate per voi secondo giustizia»… La gloria eterna, la corona della giustizia, il regno dei cieli premieranno la tua amministrazione di questi beni corruttibili”; “Il Signore insegna che le ricchezze che si disperdono, si posseggono; ma se si conservano, passano ad altri. Se tu le conservi, non le avrai, se le disperderai, non le perderai: «Egli dona largamente ai poveri, la sua giustizia rimane per sempre» (Sl 112,9)”.
La rinuncia per amore è quindi segno escatologico della presenza del Regno: “Il rifiuto delle ricchezze e l’amor fraterno verso il prossimo derelitto è il segno della disponibilità a Gesù e dell’apertura al Regno che viene” (J. de S. Ana).
Diceva ancora monsignor Tonino Bello: “Farsi povero significa accendere una freccia stradale per indicare ai viandanti distratti la dimensione «simbolica» della ricchezza, e far prendere coscienza a tutti della realtà significata che sta oltre. Significa, in ultima analisi, divenire parabola vivente della «ulteriorità». In questo senso, la povertà, prima che rinuncia, è un annuncio. È l’annuncio del Regno che verrà”.
NELL’ATTESA DELLA VENUTA DEL SIGNORE
Il Vangelo di oggi ci fa meditare sulla venuta definitiva del Signore. Sarà un momento splendido, sarà l’arrivo dello Sposo tanto atteso che – incredibile! – nell’immensità del suo amore invece di chiedere di essere servito si metterà a servire noi suoi servi!
L’Eucarestia celebra l’attesa gioiosa dell’incontro definitivo con Dio: “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1 Cor 11,26). Dopo aver pronunciato le parole sul calice, Gesù afferma: “Io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel Regno di Dio” (Mc 14,25). Quest’accenno escatologico è presente in tutte le narrazioni di istituzione dell’Eucarestia, al punto che alcune liturgie orientali includono questo versetto nelle formule di consacrazione.
Scriveva il cardinal Pellegrino: “Vi sembra possibile… celebrare la Messa e poi tuffarsi nella realtà di ogni giorno lasciandoci inghiottire dalle cose che passano, senza alzare il capo in attesa vigilante – la «apokaradokìa» di cui parla Paolo ai Romani (8,19) – a Colui che verrà per prenderci con sé, «e così saremo sempre col Signore» (1 Ts 4,17)…? Come l’apostolo anela a salpare dal porto dell’esistenza terrena per «essere con Cristo» (Fil 1,23), il cristiano pienamente consapevole della sua vocazione sa cosa significa l’«impazienza di Dio»…, il «querere Deum» del salmista…, l’immagine del cervo che anela alla fonte d’acqua viva (Sl 42)”. Ecco perché nella liturgia eucaristica dei primi cristiani risuonava proprio il grido: “Maranatha! Vieni, o Signore!” (1 Cor 16,22).
Abbiamo perso questa dimensione di attesa: invece “la caratteristica dei cristiani è che aspettano” (Schlatter). Oppure talora attendiamo la venuta del Signore con la noia con cui… si aspetta il tram alla fermata. Il Vangelo odierno ci invita all’entusiasmo, alla veglia gioiosa, ad uscire da un cristianesimo “addormentato” (Mt 24,42; Rm 13,11), per attendere il Signore con l’ansia con cui l’innamorata attende l’innamorato (Ct 3,1-4; 5,2), la sposa lo Sposo, colui solo che può darci senso, liberazione, pienezza di vita, Amore.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.