Vangelo di Domenica 6 Novembre: Luca 20, 27-38
XXXII Domenica C
27Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. 32Da ultimo anche la donna morì. 33Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; 36e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui!».
Lc 20, 27-38
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Nell’ebraismo all’inizio non c’è una concezione di una vita oltre la morte: lo Sheol, il luogo dei morti, era regione oscura e tenebrosa.
Si legge nei Salmi: “Compi forse prodigi per i morti? O sorgono le ombre a darti lode? Si celebra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà negli inferi? Nelle tenebre si conoscono forse i tuoi prodigi, la tua giustizia nel paese dell’oblio?” (Sl 88,8.11-13; cfr 115,171-8). Così afferma Isaia: “Dicevo: «Non vedrò più il Signore sulla terra dei viventi, non vedrò più nessuno fra gli abitanti di questo mondo»” (Is 38,10-12).
Nei testi veterotestamentari è presente solo qualche intuizione di una vita oltre la morte (Sl 49,16; 73,26). Ezechiele ha una visione: “Dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d’Israele»” (Ez 37,11-14). E Isaia: “Dio eliminerà la morte per sempre” (Is 25,8; cfr 26,19). Giobbe fa una solenne professione di Fede nella Resurrezione: “Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio (Gb 19,25-27). Ma anche nel libro di Giobbe resta una proclamazione isolata, in un contesto invece di assoluto pessimismo riguardo a una vita ultraterrena.
Solo l’apocalittica, ormai quasi alle soglie del Nuovo Testamento, affermerà: “Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno” (Dn 12,2). Così si dirà dei martiri Maccabei, ma ormai nel II secolo a. C. (2 Mac 9,8-14). Il libro della Sapienza, scritto una cinquantina d’anni prima della nascita di Gesù, afferma: “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio… Agli occhi degli stolti parve che morissero…: ma essi sono nella pace” (Sap 3,1-9).
Ma le affermazioni su una qualche sopravvivenza futura, motivate dal fatto che essendo Dio fedele e amante degli uomini, non li poteva abbandonare in potere della morte, ai tempi di Gesù stentavano ad imporsi. E per questo che la classe sacerdotale dominante, quella dei Sadducei, viene provocatoriamente da Gesù per chiedergli, quasi scanzonandolo, di chi sarebbe stata moglie, alla resurrezione, una donna che, rimasta vedova sette volte, altrettante volte si era risposata, per la legge del levirato (Dt 25,5-10), anche con i sei fratelli del defunto primo marito (Lc 20,27-38).
Ai tempi di Gesù solo i Farisei e gli Esseni ammettevano la resurrezione (Mt 22,23-38).
Ma già “Gesù interpreta che la fede di Mosè era già fede nel «Dio dei viventi e non dei morti” (Lc 20,38), e il Nuovo Testamento fa risalire la fede nella resurrezione dei morti addirittura ad Abramo, il quale «pensava che Dio è capace di far risorgere anche dai morti» (Eb 11,19)… Questa fede, derisa dai sadducei, assunta dai farisei e dagli esseni, sarà anche la speranza di Gesù, e i Vangeli ce ne danno una solida testimonianza. Gesù annuncia che Abramo, Isacco e Giacobbe sono viventi in Dio (Lc 20,38), e al ladro crocifisso con lui promette: «Oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43)” (E. Bianchi).
Gesù ci assicura: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14,2-4); e che alla fine ci sarà detto: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo” (Mt 25,34).
Paolo quindi afferma: “Come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato…! Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto… Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti…; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo” (1 Cor 15,12-23).
Afferma la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, del Concilio Ecumenico Vaticano II: “La Chiesa, istruita dalla rivelazione divina, afferma che l’uomo è stato creato da Dio per un fine di felicità oltre i confini della miseria terrena. Inoltre, come insegna la fede cristiana, la morte corporale, dalla quale l’uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato, sarà vinta, quando l’uomo sarà restituito allo stato perduto per il peccato dall’onnipotenza e dalla misericordia del Salvatore. Dio infatti ha chiamato e chiama l’uomo a stringersi a lui con tutta intera la sua natura in una comunione perpetua con l’incorruttibile vita divina. Questa vittoria l’ha conquistata il Cristo risorgendo alla vita, dopo aver liberato l’uomo dalla morte mediante la sua morte. La rivelazione, offrendosi con solidi argomenti a chiunque voglia riflettere, dà una risposta alle sue ansietà circa la sorte futura… Tale e così grande è il mistero dell’uomo che si manifesta agli occhi dei credenti attraverso la rivelazione cristiana! Per Cristo e in Cristo riceve luce quell’enigma del dolore e della morte, che senza il suo Vangelo sarebbe insopportabile. Cristo è risorto, distruggendo la morte con la sua morte, e ci ha donato la vita, perché, figli nel Figlio, esclamiamo nella Spirito: «Abbà, Padre!»” (nn. 18.22); “Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità, e non sappiamo il modo con cui sarà trasformato l’universo. Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo però, dalla rivelazione, che… la felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà l’incorruzione; e restando la carità con i suoi frutti, sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l’uomo” (n. 39).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.