Vangelo di Domenica 6 Marzo: Luca 4, 1-13
I Domenica di Quaresima C
1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto 2dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». 4Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo». 5Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: 6«Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. 7Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo». 8Gesù gli rispose: «Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai». 9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; 10sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano; 11e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra». 12Gesù gli rispose: «È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo». 13Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato
Lc 4, 1-13
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
LE TENTAZIONI DI GESU’
Iniziamo oggi la Quaresima in tempo di Sinodo: Sinodo, dal greco syn odòs, significa “camminare insieme”. Il primo cammino che ci è chiesto come singoli e come Chiesa è andare alle profondità di noi stessi, all’essenziale, all’Assoluto, all’Amore. È un invito a ciascuno di noi e alla Chiesa tutta a liberarci di quelle che Mons. Tonino Bello definiva “le tentazioni delle tre «P»: profitto, prodigio, potere. Il che significa: strumentalizzare le cose, Dio, l’uomo. «Fa’ che le pietre diventino pane»: ridurre tutto a economia, a ventre. Convertire anche i sogni in assegni circolari… Solo profitto. Anzi, massimizzazione del profitto… Produzione. Ideologia della produzione. Ma oltre alla strumentalizzazione delle cose c’è anche quella di Dio. «Gettati dall’alto: Lui ti salverà». Ecco la tentazione del prodigio… Un Dio utile. Di cui ci si serve… Come è comodo un Dio che ratifichi il mio disimpegno e mi sostituisca nelle scelte decisive! «Ti darò in mano tutti i regni del mondo». Ecco la tentazione del potere. Crescere salendo sulle spalle dell’altro. Schienare il prossimo perché dipenda da me”.
Siamo chiamati a camminare alla sequela di Gesù, che rifiuta la mentalità di questo mondo contrapponendole la forza della Parola di Dio: “Non di solo pane vive l’uomo” (Dt 8,3); “Solo al Signore tuo Dio ti prostrerai, lui solo adorerai” (Dt 6,13); “Non tenterai il Signore Dio tuo” (Dt 6,16).
Gesù risponde con la completa fiducia nel Padre al punto da non pretendere da lui nessun segno; egli ribadisce l’assoluto primato di Dio; ma soprattutto sceglie lo stile di Dio, che non è atteggiamento di potenza, ma di amore. Il Dio che per creare l’uomo ha accettato di farsi “Altro” da lui, il Dio che lascia l’uomo libero anche di sbagliare, il Dio “che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5,45), non è il Dio del dominio, ma del servizio.
Lo stile di Gesù sarà proprio questo: farsi servo, umiliarsi (Fil 2,7), fino a lavare i piedi ai suoi discepoli, facendo per loro il gesto dello schiavo (Gv 13), senza nulla pretendere, ma solo donando, fino ad immolare la propria vita per i suoi amici (Gv 15,13), fino allo scandalo di morire crocifisso (1 Cor 1,18; Gal 5,11). Icona di questa sua dimensione è il suo ingresso a Gerusalemme su un umile asino, realizzando l’oracolo di Zaccaria: “Dite alla figlia di Sion: «Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma»” (Mt 21,5; cfr Zc 9,9).
L’esempio di Gesù mette quindi in crisi ogni ideologia, anche nella Chiesa, di far conto sui beni economici, anche a fin di bene; di accettare compromessi o concordati con i vari potentati, anche se per nobili scopi; di cercare la piazza, le manifestazioni grandiose, le prove di forza, gli strumenti di potere di ogni tipo, fosse anche per annunciare il Regno. La povertà di Gesù è segno della potenza divina, e che la salvezza viene da Dio e non da mezzi umani; inoltre è annuncio ai poveri che Dio capisce la loro condizione, perché nel Figlio l’ha provata, l’ha condivisa, l’ha presa su di sé.
“NON CI ABBANDONARE ALLA TENTAZIONE”
La “tentazione” è certamente un tema costante nella Bibbia: poiché l’amore è un atto libero, è “voler” bene, si può sempre dire di no all’alleanza proposta da Dio, si può sempre rifiutare la sua offerta. La possibilità di dire di no a Dio, di cercare altrove che in lui ciò che per l’uomo è bene e felicità, è presente fin dall’esperienza di Adamo ed Eva (Gen 3), di Abramo (Gen 22,1-19), di Giobbe (Gb 1,9-12; 2,4-6), dell’intero Israele (Dt 8,2-5). La tentazione fa parte del nostro essere liberi (Gdt 8,25-27): è la conseguenza del nostro essere “a immagine e somiglianza” di Dio (Gen 1,26), capaci di amore e quindi di atti volontari. In questo senso Dio ci “manda” la tentazione: ci ha dato cioè la possibilità di rapportarci o no con lui in una libera scelta. Anche Gesù, vero uomo, ebbe questa possibilità: per questo si dice che “fu condotto dallo Spirito (ndr.:!!!) nel deserto per essere tentato dal diavolo” (Mt 4,1).
Ma se è reale la tentazione, che significa chiedere a Dio di non “indurci” in essa, come diceva la vecchia traduzione del Padre nostro (Mt 6,13)? Tradurre con una sola parola il termine greco eisenègkes è difficile: significa “non permettere di entrare in” (cfr Mt 26,41: “Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione”), “non lasciarci soccombere alla tentazione”.
“Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male” (Gc 1,13); al contrario, vuole liberarcene. Noi gli chiediamo di non lasciarci prendere la strada che conduce al peccato. Siamo impegnati nella lotta «tra la carne e lo Spirito». Questa richiesta implora lo Spirito di discernimento e di fortezza” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2846). Noi chiediamo cioè a Dio quello Spirito che egli non nega mai, e che ci rende capaci di dire “Abbà, Padre!” (Gal 4,6) e “Gesù è Signore” (1 Cor 12,3), di aderire quindi con fede al suo piano d’amore. La richiesta fatta a Dio è affermazione della nostra disponibilità ad aprire il nostro cuore a lui.
Ma soprattutto lo preghiamo di “non lasciarci soccombere alla tentazione”, e quindi di “non abbandonarci alla tentazione”, o meglio ancora “nella tentazione”, come avremmo dovuto avere il coraggio di tradurre. Il “Dio con noi” (Mt 1,23) resta al nostro fianco sempre, con tutta la sua Gloria e la sua Potenza. Egli sempre ci dà la forza di rispondere al suo tenerissimo: “Ti amo” con il nostro libero: “Ti amo”.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.