Vangelo di Domenica 31 Ottobre: Marco 12, 28-34
XXXI Domenica B
28Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». 29Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; 30amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi». 32Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; 33amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Mc 12, 28-34
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
IL PRIMO COMANDAMENTO
La grande tradizione rabbinica, nel marasma di prescrizioni e decreti dell’ebraismo, ricercava, secondo il quesito posto a Gesù da un dottore della Legge, quale fosse “il primo” (Mt 22,34-40), “il più grande” (Mc 12,28-31) comandamento, quello necessario “per avere la vita eterna” (Lc 10,25-28), quello che potesse compendiare tutta la Legge e i Profeti (Mt 22,40). Il Talmud diceva che venne Mosè e furono dati 613 comandamenti, 365 negativi (il numero dei giorni dell’anno) e 248 positivi (il numero delle membra del corpo umano); venne Davide e li ridusse a 11, secondo il testo del Salmo 15; Isaia li ridusse a 6, espressi nel capitolo 33 (Is 33,15-16); Michea li portò a 3, secondo il brano di Mi 6,8; ancora Isaia li compendiò in 2, secondo il capitolo 56 (Is 56,1): “Osservate il diritto e praticate la giustizia”; infine Abacuc li ridusse ad uno solo: “Il giusto vivrà per fede” (Ab 2,4).
Gesù insegnò che “il più grande e il primo dei comandamenti” era: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”, ma che il secondo era “simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,37-38); anzi, in Marco si dice: “Non c’è altro comandamento (ndr: al singolare) più importante di questi” (Mc 12,31), e Luca li presenta come un unico comando, omettendo il verbo “amerai”, “agapèseis” (Lc 10,27). Paolo accetta la tradizione talmudica e utilizza il succitato brano di Abacuc (Ab 2,4): “Il giusto vivrà per fede” (Rm 1,17). Ma fede è entrare nella logica del piano d’amore di Dio, perciò Paolo conclude: “Qualsiasi altro comandamento si riassume in queste parole: «Amerai il prossimo tuo come te stesso»… Pieno compimento della legge è l’amore” (Rm 13,9-10); “Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il prossimo tuo come te stesso»” (Gal 5,14). Per questo gli apostoli costantemente esortano: “Al di sopra di tutto vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione” (Col 3,14); “Amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri” (1 Pt 1,22); “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte… Egli ha dato la vita per noi: quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1 Gv 3,14.16).
Il “comandamento nuovo” dell’amore vicendevole, che diventerà il distintivo dei discepoli (Gv 13,34), è l’unica traduzione del comando di amare Dio: Dio infatti vuole essere amato nell’uomo: “Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4,20); “Se uno possiede le ricchezze in questo mondo, e vedendo il proprio fratello nel bisogno gli chiude il cuore, come l’amore di Dio può dimorare in lui?” (1 Gv 3,17); “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40.45).
Ormai i cristiani hanno un “comandamento nuovo” che li deve far riconoscere tra tutti gli uomini: amarsi scambievolmente (Gv 13,34). Questo è l’unico criterio di ecclesialità propostoci da Cristo: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).
Perché questo comandamento è “nuovo”? Esso è rivoluzionario per l’origine: ci amiamo perché Dio ci ha amati per primo (1 Gv 4,19). Inoltre l’amore con cui dobbiamo amarci trova la sua fonte in Dio: l’avverbio greco “come” (“kathòs”) nell’espressione “come io vi ho amati” (Gv 13,34) non esprime soltanto un paragone, quanto piuttosto la causalità, la materialità: “Amatevi dello stesso amore con cui io vi ho amati”. È un comandamento nuovo per la misura: non dovremo più soltanto amarci come noi stessi (Mt 19,38), ma come Gesù ci ha amati, cioè “fino alla fine” (Gv 13,1), fino a dare la vita per gli amici (Gv 15,13). Ed è nuovo per l’estensione: non dovremo solo amare i “nostri”, quelli del nostro gruppo, della nostra razza o della nostra religione, quelli che ci stanno simpatici, ma addirittura i nemici (Mt 5,45-48).
L’amore fraterno inoltre ci apre al mistero di Dio: “Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1 Gv 4,7-8): tante volte la nostra fede è debole proprio perché non amiamo; amando, possiamo ottenere la “conoscenza” di Dio, cioè entrare nella sua intimità: ricordiamocelo, quando siamo in “crisi di fede”…
Ma il finale di questo brano ci dice che amare non basta: “Gesù, vedendo che quell’uomo aveva risposto con saggezza, gli disse: «Tu non sei lontano dal regno di Dio». E nessun altro aveva più il coraggio di fare domande”. Non sei lontano: non basta amare. Come al giovane ricco dice: “Ti manca qualche cosa”; non basta il comando dell’amore: occorre la sequela di Cristo, occorre accogliere Gesù che di quest’amore è l’incarnazione vivente di Dio per noi oggi.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.