Vangelo di Domenica 3 Aprile: Giovanni 8, 1-11
V Domenica di Quaresima C
1Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. 2Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. 3Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. 7E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 8E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. 10Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Gv 8, 1-11
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Il brano dell’adultera perdonata (Gv 8,1-11) è ormai da tutti i commentatori considerato una pericope che non appartiene al Vangelo di Giovanni. Lingua, stile, genere letterario e posizione sono profondamente diversi da quarto Vangelo. Il brano è considerato un’inserzione posteriore, tanto che nella Bibbia greca fu inserito solo dopo il 900, mentre Gerolamo lo include nella Volgata. Il racconto pare antico: ne parlano e Eusebio, Papia, il Vangelo degli ebrei e l’altro apocrifo “La vendetta del Salvatore”; e anche Agostino lo commenta.
È di Giovanni o di altri? Stile, vocabolario (le parole: “Monte degli ulivi”., “all’alba”, “popolo”, “scribi”…), grammatica non sono di Giovanni. Alcuni manoscritti non collocano qui il racconto, ma dopo 7,36 o alla fine del Vangelo; altri manoscritti inseriscono questa pericope nel Vangelo di Luca al capitolo 21,38, sia perché lì sta bene come logica narrativa, sia perché lo stile del racconto è molto più vicino a Luca che a Giovanni
Perché in Giovanni è inserito proprio qui, interrompendo il racconto della Festa delle Capanne (Gv 7,1-9,41)? Bianchi trova ciò geniale in quanto poco più avanti Gesù dirà: “Io non giudico nessuno” (8,11); “chi di voi può convincermi di peccato?” (Gv 8,46). Anche Hoskyns afferma che se anche la storia contestualmente è fuori posto, teologicamente ben introduce il tema del giudizio del capitolo 8.
Ultima questione: la pericope è considerata canonica o no? Nella Chiesa cattolica il criterio è l’accoglienza della Volgata, quindi la considera pienamente canonica, cioè Parola di Dio per noi oggi. La Chiesa bizantina ha sancito dopo il 900 la sua canonicità; così è stato per la Bibbia di Giacomo I, la versione ufficiale della Chiesa anglicana.
- 4-5: Dt 22,22 e Lv 20,10 condannano l’adultera morte per lapidazione, pena che poi dopo il secondo secolo sarà mutata in strangolamento.
- 6-8: a Gesù è richiesto un parere, come a Salomone in 1 Re 3, come a Daniele in Dn 13,51, ma per metterlo in trappola: se decide a favore della donna si mette contro la Torah in modo evidente: Dio ha scritto “Non commettere adulterio” sulle tavole (Es 20,14; Dt 5,18)! Se ordina di lapidarla è in contraddizione con il suo messaggio di perdono e avrà noie dai Romani, che hanno tolto al Sinedrio il potere di condannare a morte (Gv 18,31).
Gesù non prende posizione ma “si mise a scrivere col dito per terra” (Gv 8,6). Cosa scrive? “Il senso di questo gesto – annota la Bibbia di Gerusalemme – resta oscuro”. Vediamo di fare un po’ di luce. Girolamo dice che scriveva i peccati degli accusatori. Alcuni commentatori richiamano Ger 17,13: “Quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere perché hanno abbandonato IHWH, la fonte d’acqua viva”. Brown afferma che “Gesù si limitava a tracciare delle linee per terra mentre stava pensando e mostrava così imperturbabilità”: era usanza semitica scarabocchiare per terra nei momenti di turbamento.
Ma forse qui dobbiamo ricordare Es 31,18: “Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè, gli diede le due Tavole della testimonianza, tavole di pietra, scritte dal dito di Dio”; Es 32,16: “La Scrittura era scrittura di Dio scolpita sulle Tavole”; Es 34,38: “Il Signore scrisse sulle Tavole le parole dell’alleanza”: nel nostro brano Gesù è chiamato “Signore” (Gv 8,11). Gesù sta scrivendo una nuova Legge: due volte si china a scrivere come due volte Dio si era chinato sul Sinai a dare la Torah.
Gesù non difende né accusa la donna, ma ribalta l’ottica della questione. Dt 17,7 imponeva che fossero i testimoni del reato coloro che dovevano scagliare la prima pietra: la nuova Legge scritta e proclamata da Gesù chiede che solo chi è senza peccato davanti a Dio possa accusare.
Commenta Papa Francesco: “Gli interlocutori di Gesù sono chiusi nelle strettoie del legalismo e vogliono rinchiudere il Figlio di Dio nella loro prospettiva di giudizio e condanna. Ma Egli non è venuto nel mondo per giudicare e condannare, bensì per salvare e offrire alle persone una vita nuova… Dobbiamo essere consapevoli che anche noi siamo peccatori! Quando sparliamo degli altri – tutte cose che conosciamo bene -, quanto bene ci farà avere il coraggio di far cadere a terra le pietre che abbiamo per scagliarle contro gli altri, e pensare un po’ ai nostri peccati!… «Donna, dove sono?» (Gv 8,10), le dice Gesù. E basta questa constatazione, e il suo sguardo pieno di misericordia, pieno di amore, per far sentire a quella persona – forse per la prima volta – che ha una dignità, che lei non è il suo peccato, lei ha una dignità di persona; che può cambiare vita, può uscire dalle sue schiavitù e camminare in una strada nuova… Quella donna rappresenta tutti noi, che siamo peccatori, cioè adulteri davanti a Dio, traditori della sua fedeltà. Dio non ci inchioda al nostro peccato, non ci identifica con il male che abbiamo commesso. Abbiamo un nome, e Dio non identifica questo nome con il peccato che abbiamo commesso. Ci vuole liberare, e vuole che anche noi lo vogliamo insieme con Lui. Vuole che la nostra libertà si converta dal male al bene, e questo è possibile – è possibile! – con la sua grazia”.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.