Vangelo di Domenica 24 Ottobre: Marco 10, 46-52
XXX Domenica B
46E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. 48Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. 49Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. Chiamarono il cieco, dicendogli: “Coraggio! Àlzati, ti chiama!”. 50Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51Allora Gesù gli disse: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. E il cieco gli rispose: “Rabbunì, che io veda di nuovo!”. 52E Gesù gli disse: “Va, la tua fede ti ha salvato”. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
Mc 10, 46-52
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Il miracolo della guarigione del cieco di Gerico è carico di valenze simboliche. Innanzitutto l’episodio si svolge nella città dove si concluse il cammino di liberazione dalla schiavitù d’Egitto alla terra promessa, fortezza inespugnabile che solo un prodigio di Dio (Gs 6) riuscì a fare cadere nelle mani degli israeliti. E la cecità, che fa vivere l’uomo nelle tenebre, è un’infermità reale e allegorica.
Gesù luce del mondo
Nella Bibbia Dio è luce (Sl 4,7; Is 42,16; 50,10). La grande promessa dei profeti era l’arrivo del Messia che avrebbe illuminato le tenebre (Is 60,1.19).
Gesù è annunciato da Simeone nel tempio come “luce per illuminare le genti” (Lc 2,32). Giovanni afferma di lui: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). E Gesù dice di sé: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12; cfr 12,46). Presentandosi nella sinagoga di Nazaret, Gesù afferma di essere venuto “per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà gli oppressi” (Lc 4,18). Al Battista che gli chiede se sia lui il Messia, Gesù fa rispondere: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista” (Lc 7,22). E alla fine dei tempi “Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà” (Ap 22,5).
Il cammino della Fede
Nella guarigione del cieco di Gerico è simboleggiato il cammino di fede di ogni uomo: senza la luce di Dio, ciascuno di noi si trova in situazione disperata, “cieco, seduto presso la via, mendicando” (Mc 10,46). Il cieco è seduto: non ha la capacità di stare in piedi. Non è nemmeno sulla strada, ma fuori della via: non è coinvolto nel movimento che porta a Gerusalemme, la città santa. Non è autosufficiente: sta mendicando. È la situazione del nostro mondo, inchiodato dai suoi problemi, incapace di trovare un senso alla vita, attanagliato dal buio dell’angoscia e della paura, oppresso dalla miseria e dalla morte; e tutti mendichiamo alla vita una qualche sopravvivenza, stordendoci nel divertimento, nella corsa al denaro, al piacere, al potere, alienandoci in mille frivolezze: ma alla fine ci ritroviamo soli, al margine della strada, nelle tenebre…
Per fortuna “Gesù passa di là” (Lc 18,37): è Dio che prende l’iniziativa, che viene incontro alla nostra miseria, che scende dai suoi cieli a soccorrerci. Dio ode il disperato grido di aiuto dell’uomo e interviene a liberarlo, anche se questi ne intuisce soltanto la presenza.
Notiamo che le folle cercano di dissuadere il cieco dal ricorrere a lui, anzi “lo rimproveravano perché tacesse” (Mc 10,48): Dio non c’è, e se c’è non può sentirti, è inutile ricorrere a lui… Sono folle che stanno attorno a Gesù, ma che forse non lo seguono: solo il cieco guarito si metterà alla sequela. Sono i tanti cristiani che vogliono seguire il Signore a modo loro, senza essere disturbati dai poveri, dagli emarginati, dagli oppressi di tutto il mondo che gridano il proprio dolore e la propria rabbia. Sono il prototipo di una Chiesa che è spesso… atea, che non crede alla potenza di Dio, alla sua possibilità di fare miracoli.
A questa folla il cieco dà un grande esempio di vera fede. Innanzitutto si mette in ascolto della Parola: “Avendo udito” (Mc 10,47). Il primo passo della Fede è l’ascolto: “La fede dipende dall’ascolto («akoè»)” (Rm 10,17).
L’annuncio che il cieco riceve è che “Gesù, il Nazareno, c’era (éstin)” (v. 47). Solo il Gesù storico, il povero falegname che veniva dall’infima Nazaret (Gv 1,46), colui che morirà crocifisso come un malfattore, è la salvezza unica dell’uomo, la risposta definitiva di Dio, la luce che squarcia le nostre tenebre.
Ma è poi necessaria la perseveranza, l’insistenza nella ricerca del Signore, senza lasciarci scoraggiare (“Ma egli gridava più forte”: Mc 10,48). E occorre cercare un rapporto personale, diretto, fiduciario con Dio: il cieco chiama Gesù per nome (Mc 10,47): e “chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (At 2,21).
Il cieco chiede a Gesù il suo amore: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!”. È la stupenda “preghiera del cuore” che nell’ortodossia diventerà il dolce mantra che, ripetuto ritmato al respiro, diventerà la “preghiera del cuore” di tanti Santi.
E Gesù “si ferma” (Mc 10,49) accanto all’uomo; non lo chiama però direttamente, ma per il tramite della Chiesa (“Disse: «Chiamatelo!»”: Mc 10,49): la Chiesa ha il compito di portare un annuncio di salvezza che non è suo, ma che le è stato affidato. La Chiesa non dovrebbe mai allontanare gli uomini da Dio, ma sempre portare a lui tutti i malati, i sofferenti, i peccatori, quanti sono “nelle tenebre e nell’ombra della morte” (Lc 1,79). La Chiesa deve essere speranza e liberazione per tutti gli uomini, nessuno escluso.
Il salvato alla sequela del Signore
Gesù proclama: “La tua fede ti ha salvato” (Mc 10,52). Notiamo che Gesù non ha mai detto a nessuno: “Io ti ho salvato”, bensì: “La tua fede ti ha salvato” (cfr Lc 7,50; 17,19; Mc 5,34; 10,52…); “Va’, e sia fatto secondo la tua fede” (Mt 8,13); “Davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri” (Mt 15,28). Gesù è il vero Educatore”: “e-ducare” vuol dire infatti “tirare fuori”, “far affiorare” dall’altro. “Nel rispondere a chi incontrava, Gesù cercava la fede presente nell’altro, come se volesse risvegliare e far emergere la sua fede… Egli sapeva infatti che la fede è un atto personale, che ciascuno deve compiere in libertà: nessuno può credere al posto di un altro!” (E. Bianchi).
Il cieco guarito “lo seguiva lungo la strada” (Mc 10,52): l’uomo che sperimenta la salvezza e la liberazione, l’uomo che trova in Gesù il senso del suo vivere e anche del suo morire, diventa il seguace, il discepolo, che fa della sua vita una lode al Signore e alla sua bontà. Solo chi ha gustato la dolcezza del Signore può diventare suo apostolo e testimone. Tante volte il nostro slancio missionario è scarso perché abbiamo fatto poca esperienza della sua salvezza, non ci siamo lasciati entusiasmare da Dio, non fremiamo di gioia per lui.
Noi ciechi siamo quindi chiamati prima a sperimentare che solo Gesù è la luce che vince la tenebra. Che anche noi poi sappiamo seguirlo “subito” (“euthùs”: Mc 10,52), con prontezza ed entusiasmo come il miracolato di Gerico, per non meritare la condanna di quanti “hanno preferito le tenebre alla luce” (Gv 3,18-21)!
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.