Vangelo di Domenica 24 Dicembre: Luca 1, 26-38
IV Avvento B
26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. 29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. 34Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. 35Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio”. 38Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei.
Lc 1, 26-38
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
La Liturgia ci ripresenta oggi lo stesso brano che abbiamo meditato pochi giorni fa nella Festa dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Ad essa vi rimando per un’esegesi più puntuale.
Ma non credo sia casuale questa insistenza sulla “Vocazione di Maria”, ripropostaci alla Vigilia di Natale.
La sua Vocazione è infatti prototipo e modello di ogni nostra vocazione.
Innanzitutto ciascuno di noi ha una vocazione. “Dio Padre «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà» (Ef l,4-5). Sono parole che ci permettono di vedere la vita nel suo senso pieno: Dio ci “concepisce” a sua immagine e somiglianza e ci vuole suoi figli: siamo stati creati dall’Amore, per amore e con amore, e siamo fatti per amare. Nel corso della nostra vita, questa chiamata, inscritta dentro le fibre del nostro essere e portatrice del segreto della felicità, ci raggiunge, per l’azione dello Spirito Santo, in maniera sempre nuova, illumina la nostra intelligenza, infonde vigore alla volontà, ci riempie di stupore e fa ardere il nostro cuore… La Chiesa è appunto Ekklesía, termine greco che significa: assemblea di persone chiamate, convocate, per formare la comunità dei discepoli e delle discepole missionari di Gesù Cristo, impegnati a vivere il suo amore tra loro (cfr Gv 13,34; 15,12) e a diffonderlo tra tutti, perché venga il Regno di Dio” (Papa Francesco).
A ciascuno di noi è mandato un Angelo nella nostra vita (Lc 1,26). Una persona, una lettura, un’omelia che ci hanno rivelato la volontà di Dio su di noi. O magari una serie di eventi che ci hanno indotto a quelle scelte per cui noi siamo qui e ora. D’altra parte Gabriele significa “uomo di Dio, da gheber, “uomo”, combinato con El, “Dio”. E il Signore ha certamente messo degli “uomini di Dio” al nostro fianco per indicarci la via. E la vocazione si rinnova ogni giorno: ad ogni età e in ogni circostanza devo saper veder gli Angeli di Dio che mi aiutano a discernere la divina volontà nel mio quotidiano.
La vocazione è per tutti: qui una ragazzina di Israele è chiamata alla più grandi delle vocazioni, quella di essere addirittura Madre di Dio. Membro di un popolo oppresso dai Romani, persona di umili condizioni sociali, e per di più donna, emarginata nella cultura di allora. Nessuno di noi può esimersi dall’essere un chiamato da Dio adducendo la sua debolezza culturale, sociale, la sua malferma salute, l’età avanzata.
La vocazione non è un carico, un dovere pesante o barboso. È fonte di gioia: “Rallégrati (kàire), piena di grazia” (Lc 1,28). Chi segue la chiamata del Signore “avrà già al presente cento volte tanto…, e nel futuro la vita eterna” (Mc 10,30).
E non bisogna avere nessuna paura, perché saremo sempre accompagnati dal Signore: “Il Signore è con te… Non temere!” (Lc 1,28.30). E lo Spirito Santo ci coprirà con la sua ombra e la sua potenza “ (Lc 1,35), e ci farà fare cose che ci parrebbero impossibili: “Nulla è impossibile a Dio!” (Lc 1,37)
E la nostra missione sarà sempre quella di Maria: “dare alla luce Gesù” (Lc 1,31). Dobbiamo portare Gesù al mondo. Dobbiamo raccontare a tutti che egli ci ha conquistato e ha dato un senso alla nostra vita, al nostro nascere e al nostro morire, alle nostre gioie e alle nostre sofferenze, che ci ha portato il perdono di Dio e ci ha regalato il suo Regno. Dobbiamo cantare al mondo la gioia di Dio, annunciare a tutte le genti l’Evangelo, la “Gioiosa Notizia”. Ha detto Papa Francesco: “La missione comune a tutti noi cristiani è quella di testimoniare con gioia, in ogni situazione, con atteggiamenti e parole, ciò che sperimentiamo stando con Gesù e nella sua comunità che è la Chiesa. E si traduce in opere di misericordia materiale e spirituale, in uno stile di vita accogliente e mite, capace di vicinanza, compassione e tenerezza, controcorrente rispetto alla cultura dello scarto e dell’indifferenza”.
Ciascuno di noi, come Maria, dovrà essere “schiavo (dùle) di IHWH” (Lc 1,38), in una dimensione continua di servizio del Signore.
Afferma ancora Papa Francesco: “Nella Chiesa, siamo tutti servitori e servitrici, secondo diverse vocazioni, carismi e ministeri – aggiunge -. La vocazione al dono di sé nell’amore, comune a tutti, si dispiega e si concretizza nella vita dei cristiani laici e laiche, impegnati a costruire la famiglia come piccola «chiesa domestica» e a rinnovare i vari ambienti della società con il lievito del Vangelo; nella testimonianza delle consacrate e dei consacrati, donati tutti a Dio per i fratelli e le sorelle come profezia del Regno di Dio; nei ministri ordinati (diaconi, presbiteri, vescovi) posti al servizio della Parola, della preghiera e della comunione del popolo santo di Dio”.
E dovremo rispondere nella gioia alla chiamata: “Avvenga (“gnoito”) di me” (Lc 1,38), è un ottativo, un tempo che in greco esprime desiderio, adesione entusiasta.
Alla base di tutto, ci sarà vivere “secondo la tua Parola”, “katà to rèma tu” (Lc 1,38), mettendo a fondamento di ogni cosa solo la Parola di Dio. “Nel cammino di accoglienza della Parola di Dio, ci accompagna la Madre del Signore, riconosciuta come beata perché ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le aveva detto (cfr Lc 1,45). La beatitudine di Maria precede tutte le beatitudini pronunciate da Gesù per i poveri, gli afflitti, i miti, i pacificatori e coloro che sono perseguitati, perché è la condizione necessaria per qualsiasi altra beatitudine. Nessun povero è beato perché povero; lo diventa se, come Maria, crede nell’adempimento della Parola di Dio. Lo ricorda un grande discepolo e maestro della Sacra Scrittura, Sant’Agostino: «Qualcuno in mezzo alla folla, particolarmente preso dall’entusiasmo, esclamò: “Beato il seno che ti ha portato”. E lui: “Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio, e la custodiscono”. Come dire: anche mia madre, che tu chiami beata, è beata appunto perché custodisce la parola di Dio, non perché in lei il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi, ma perché custodisce il Verbo stesso di Dio per mezzo del quale è stata fatta, e che in lei si è fatto carne» (Sul Vang. di Giov., 10, 3)” (Papa Francesco, Aperuit illis, n. 15).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.