Vangelo di Domenica 22 ottobre: Matteo 22, 15-21
XXIX Domenica A
“15 Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17 Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”. 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: “Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19 Mostratemi la moneta del tributo”. Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: “Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?”. 21 Gli risposero: “Di Cesare”. Allora disse loro: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio””.
Mt 22, 15-21
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Il Vangelo odierno ci invita a riflettere sullo spinoso problema, per il credente, dei rapporti tra la Fede e lo Stato.
Il libro dei Proverbi esorta: “Temi il Signore, figlio mio, e il re; non ribellarti né all’uno né all’altro” (Pr 24,21): secondo l’insegnamento rabbinico, la sottomissione al sovrano era dovuta anche quando si trattava di un’autorità straniera. Paolo, da buon Rabbi, è colui che più sostiene, nel Nuovo Testamento, questa affermazione, che a noi pone invece molti interrogativi: ogni potere politico è stabilito e ordinato da Dio, per il bene degli uomini (Rm 11,4). Le autorità sono “leitourgoì theou” (Rm 11,6), liturghi, impiegati di Dio, da obbedire, onorare, e per cui pregare (1 Tm 2,2; cfr 1 Pt 2,17). Ma d’altra parte Paolo sa di essere al servizio di un Crocifisso, cioè di un condannato a morte da parte dello Stato (At 3,13; 13,28), come lo furono anche i martiri della fede (Rm 8,36); in un durissimo brano, rimprovera i cristiani che si fanno “giudicare dagli ingiusti (ndr: i pagani) anziché dai santi…, gente senza autorità nella Chiesa” (1 Cor 6,4-7); Paolo sa anche dalla tradizione giudaica (si pensi alla storia dei Maccabei: 1 Mac 2,19-22; 7,30…) che in certi casi si deve rifiutare obbedienza allo Stato; egli stesso afferma che l’autorità “è al servizio di Dio per il tuo bene” (Rm 13,4), e che quindi se non sta operando per il vantaggio comune può essere contestata; infine l’Apostolo, legando la sottomissione all’autorità politica a “ragioni di coscienza” (Rm 13,5; cfr 2,15), ammette quindi un’”obiezione di coscienza”…
Il cristiano non è fuori dal mondo ma è nel mondo (Gv 17,15), e pertanto, ci dice il Vangelo di oggi (Mt 22,15-21) deve “dare a Cesare quel che è di Cesare” (Mt 22,21). Il discepolo di Gesù non si estrania dalla realtà della “polis”, ma come sale (Mt 5,13) e lievito (Mt 13,33), la deve trasformare da dentro: “La Chiesa… cammina insieme con tutta l’umanità e sperimenta insieme con il mondo la medesima sorte terrena, ed è come il fermento e quasi l’anima della società umana… La Chiesa crede di poter largamente contribuire a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia” (Gaudium et spes, n. 40).
La posizione del credente è quindi essenzialmente di rispetto e di collaborazione con l’autorità dello Stato. Ma il cristiano sa anche che c’è un solo Signore, Gesù Cristo (1 Cor 8,6; 12,4), a cui deve “piegarsi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,10): ormai “ritto in mezzo al trono” sta “l’Agnello immolato” (Ap 5,6), “Signore dei signori e Re dei re” (Ap 17,14); a lui è stato dato “ogni potere in cielo e in terra” (Mt 28,18). Pertanto bisogna “dare a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21), e quindi “bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29)
Perciò il credente non esita ad annunciare il giudizio contro l’autorità politica iniqua e la sua caduta, come fa l’Apocalisse per la Roma di Nerone e di Domiziano (Ap 17,1-19,10): “Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto dell’obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica (Mt 22,21; At 5,29)” (Catechismo Chiesa Cattolica, n. 2242; cfr Gaudium et Spes, n. 74).
Ha detto Papa Francesco: “Da una parte, intimando di restituire all’imperatore ciò che gli appartiene, Gesù dichiara che pagare la tassa non è un atto di idolatria, ma un atto dovuto all’autorità terrena; dall’altra – ed è qui che Gesù dà il «colpo d’ala» – richiamando il primato di Dio, chiede di rendergli quello che gli spetta in quanto Signore della vita dell’uomo e della storia. Il riferimento all’immagine di Cesare, incisa nella moneta, dice che è giusto sentirsi a pieno titolo – con diritti e doveri – cittadini dello Stato; ma simbolicamente fa pensare all’altra immagine che è impressa in ogni uomo: l’immagine di Dio. Egli è il Signore di tutto, e noi, che siamo stati creati «a sua immagine» apparteniamo anzitutto a Lui. Gesù ricava, dalla domanda postagli dai farisei, un interrogativo più radicale e vitale per ognuno di noi, un interrogativo che noi possiamo farci: a chi appartengo io? Alla famiglia, alla città, agli amici, alla scuola, al lavoro, alla politica, allo Stato? Sì, certo. Ma prima di tutto – ci ricorda Gesù – tu appartieni a Dio. Questa è l’appartenenza fondamentale. È Lui che ti ha dato tutto quello che sei e che hai. E dunque la nostra vita, giorno per giorno, possiamo e dobbiamo viverla nel ri-conoscimento di questa nostra appartenenza fondamentale e nella ri-conoscenza del cuore verso il nostro Padre, che crea ognuno di noi singolarmente, irripetibile, ma sempre secondo l’immagine del suo Figlio amato, Gesù. È un mistero stupendo”.
“Diceva Dostoevskij che l’uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa: Se l’uomo rifiuta Dio, si inginocchierà davanti ad un idolo. La preoccupazione di Gesù nel Vangelo non è quella se si devono pagare le tasse o non le si devono pagare. Il problema vero è di fronte a chi dobbiamo inginocchiarci. Potete anche pagare il tributo a Cesare, dice Gesù, ma solo a Dio vanno rese lode e gloria. A Cesare si pagano le tasse, ma a Dio si consegna la vita. Non ci si inginocchia davanti ai cesari del mondo e davanti a nessun uomo, ma solo e sempre davanti a Dio. Eppure quanti omaggi di fronte ai potenti della Storia. E anche la Chiesa ha le sue belle pecche. Anche oggi stiamo ancora ad omaggiare politici e potenti vari, senza tener conto delle parole di Gesù. Nella Storia a cominciare da Costantino siamo andati dietro ad imperatori e re costruendo addirittura l’intera struttura della Chiesa ad immagine di questi. Oggi finalmente con Papa Francesco ci stiamo liberando di questo assurdo giogo” (F. Mastrolonardo).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.