Vangelo di Domenica 19 febbraio: Matteo 5, 38-48
VII domenica Anno A
38 Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; 39 ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; 40 e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41 E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. 42 Da’ a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; 44 ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, 45 perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 46 Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47 E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48 Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Mt. 5, 38-48
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Nella Bibbia c’è una progressione di comprensione del mistero di Dio tra l’Antico e il Nuovo Testamento, e solo in Gesù, il Verbo vivente del Padre, si ha la Rivelazione definitiva: tutto l’Antico Testamento altro non è che profezia di Gesù, che dell’Antico Testamento è l’esegesi ultima.
I libri dell’Antico Testamento “contengono cose imperfette e caduche… Dio… ha sapientemente disposto che il Nuovo fosse nascosto nel Vecchio e il Vecchio fosse svelato nel Nuovo. Poiché, anche se Cristo ha fondato la Nuova Alleanza nel sangue suo (cfr Lc 22,20; 1 Cor 11,25), tuttavia i libri del Vecchio Testamento, integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro pieno significato nel Nuovo Testamento (cfr Mt 5,17; Lc 24,27), che essi a loro volta illuminano e spiegano” (Dei Verbum, nn. 15-16).
Quindi, “per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare… al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura” (Dei Verbum, n. 12).
Questa progressione si nota con chiarezza sul tema della vendetta. Lamech, pronipote di Caino, afferma: “Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino ma Lamech settantasette” (Gen 4,23-24). Il Pentateuco limita la vendetta alle dimensioni dell’offesa: “Occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede” (Es 21,24). “Frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatta all’altro” (Lev 24,20; Dt 19,21).
Per l’ebreo religioso l’odio contro i nemici era un dovere come la lotta contro il male. In guerra, si credeva poi di rendere omaggio a Dio non prendendo né prigionieri né bottino, ma passando tutti a fil di spada: era l’“herem”, l’“anatema”: “Quando il Signore tuo Dio avrà messo le altre nazioni in tuo potere e tu le avrai sconfitte, le voterai allo sterminio; non farai con esse alleanza né farai loro grazia” (Dt 7,2). E i profeti pronunciano pesanti oracoli di maledizione contro le nazioni nemiche di Israele. Scriverà Tacito a proposito degli ebrei: “Apud ipsos, fides obstinata, misericordia in promptu; sed adversus omnes alios hostile odium”: “Tra di loro, una fede ostinata, una facile misericordia; ma odio ostile contro gli altri”.
Il rabbino Neusner afferma ancora oggi che “è un dovere religioso resistere al male, combattere per il bene, amare Dio e combattere quelli che diventeranno nemici di Dio… La Torah richiede sempre a Israele di combattere per la causa di Dio; la Torah ammette la guerra, riconosce l’uso legittimo della forza”.
Nei cosiddetti Salmi imprecatori la vendetta è affidata a Dio: “Condannali, o Dio, soccombano alle loro trame, per tanti loro delitti disperdili, perché a te si sono ribellati” (Sl 5,11); “Tornino gli empi negli inferi, tutti i popoli che dimenticano Dio” (Sl 9,18); “La loro tavola sia per essi un laccio, una insidia i loro banchetti. Si offuschino i loro occhi, non vedano; sfibra per sempre i loro fianchi. Riversa su di loro il tuo sdegno, li raggiunga la tua ira ardente. La loro casa sia desolata, senza abitanti la loro tenda” (Sl 69,23-26); “Siano confusi e annientati quanti mi accusano, siano coperti d’infamia e di vergogna quanti cercano la mia sventura” (Sl 71,13); “Mio Dio, rendili come turbine, come pula dispersa dal vento. Come il fuoco che brucia il bosco e come la fiamma che divora i monti, così tu inseguili con la tua bufera e sconvolgili con il tuo uragano. Copri di vergogna i loro volti perché cerchino il tuo nome, Signore. Restino confusi e turbati per sempre, siano umiliati, periscano” (Sl 83,14-18). È a Dio che si chiede vendetta, ma nell’uomo c’è sempre astio, acrimonia, richiesta di dure sofferenze per il nemico.
Gesù invece afferma: “Avete inteso che fu detto: «Occhio per occhio e dente per dente»; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due” (Mt 5,38-41). E Paolo dirà: “Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi… Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” (Rm 12,19-21).
Gesù ci chiede innanzitutto di rinunciare alla logica della violenza, anche se motivata: non dobbiamo opporci al malvagio, come non si ribellò lui, a cui la prima comunità applicò il passo di Isaia: “Come una pecora fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca” (Is 53,7-8, citato secondo il testo greco in At 8,32).
Ma poi ci chiede anche di amare il nemico: “Amate i vostri nemici” (Mt 5,44). E amare significa volere il bene dell’altro, beneficarlo, soccorrerlo, aiutarlo. Come Gesù, che ha sacrificato la sua vita per noi peccatori.
Infine Gesù ci chiede addirittura: “Pregate per i vostri persecutori” (Mt 5,44). Pregare che non è solo implorare grazie per chi ci ha fatto del male, ma che è cominciare a guardare l’avversario con gli occhi stessi di Dio, vedendo in lui un fratello, una persona preziosa, da proteggere e per cui merita immolarsi!
Gesù dà l’esempio: morendo sulla croce, perdona i suoi uccisori: “Gesù diceva: «Padre, perdonali»” (Lc 23,34). Come farà Stefano, il primo martire cristiano, che morendo prega per coloro che lo lapidano: “O Signore, non imputare loro questo peccato” (At 7,60). Ma Gesù fa di più ancora: non solo perdona i suoi carnefici, ma li scagiona dalle responsabilità: “Non sanno quello che fanno“ (Lc 23,34), quindi non sono colpevoli! “Sulla croce Gesù testimonia tutta la sua infinita capacità d’Amore e tutta la sua intelligenza «giuridica», riuscendo anche a trovare, dinanzi all’inferno, la motivazione tecnica per l’assoluzione: gli imputati – tutti gli uomini – vanno assolti per incapacità di intendere e di volere” (A. D’Ascanio).
“Al discepolo spetta quindi di perdonare e donare: per-donare è fare il dono per eccellenza, essendo il perdono il dono dei doni… La «differenza cristiana» è a caro prezzo ma, per grazia del Signore, è possibile” (E. Bianchi). Ce lo ha insegnato Gesù, ce lo hanno insegnato tanti Santi e Martiri, ce lo mostrano ogni giorno tante sorelle e fratelli nella Fede che vivono nella mitezza, nella non-violenza, nel perdono verso i persecutori.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.
Per approfondire
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