Vangelo di Domenica 18 Giugno: Matteo 9, 36 – 10, 8
XI Domenica A
“Cap. 9: 36Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. 37Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!”.
Cap.10: 1Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. 2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì. 5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: “Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.
Mt 9, 36 – 10, 8
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it).
Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
La bellezza di Gesù
Il brano di Vangelo odierno inizia con una bellissima descrizione di Gesù. Egli, instancabile, si fa vicino a tutti i sofferenti, percorrendo senza sosta città e villaggi. E a tutti i poveri, gli emarginati, gli esclusi, i deboli, i malati, insegna la via della salvezza, annuncia l’immensa gioia del Regno di Dio che in lui si rende presente, e guarisce ogni malattia ed infermità.
Di fronte ad ogni infermità o bisogno, Gesù “si commuove”, “sente compassione”. Sono termini molto forti, che ritroviamo nei Vangeli per esprimere i sentimenti del Signore di fronte alle folle senza guida e affamate: “36Vedendo le folle, ne sentì compassione (esplanchnìsthe), perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore” (Mt 9,36); al lebbroso: “Mosso a compassione (splanchnisthèis), stese la mano” (Mc 1,41); “Sento compassione (splanchnìzomai) di questa folla, perché… non hanno da mangiare” (Mc 8,2); alla gente che non ce la fa più: “Vedendo le folle ne sentì compassione (esplanchnìsthe) perché erano stanche e sfinite” (Mt 9,36); ai malati: “Sentì compassione (esplanchnìsthe) per loro e guarì i loro malati” (Mt 14,14); alla vedova di Naim: “Il Signore ne ebbe compassione (esplanchnìsthe) e le disse: «Non piangere»” (Lc 7,13)… È sempre usato il verbo splanchnìzomai, che indica commozione viscerale, che richiama l’utero materno: è il fremito di una madre per i suoi figli, è un’emozione intensissima. È il verbo che indica la Misericordia di Dio.
La chiamata dei Dodici
Gesù sceglie un gruppo preciso, i Dodici, numero che richiama subito le dodici Tribù di Israele. Questo gruppo ha tre finalità:
1. Stare con Gesù (“Li chiamò a sé”: Mt 10,1): ecco il primato della contemplazione, della meditazione, della preghiera, dell’adorazione: fine del nostro essere cristiani è stare con Gesù.
2. “Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni” (Mt 10,8): cioé vincere le forze del male, operare segni concreti di liberazione.
3. La missione: predicare il Vangelo, annunciare la Parola. Durante la vita di Gesù, la missione del Maestro e dei Dodici sarà essenzialmente limitata alle pecore perdute della casa di Israele (Mt 10,6; 15,24), perché secondo Matteo, che scrive per gli Ebrei, Gesù è il Messia che porta a compimento l’attesa di Israele; dopo la morte e resurrezione di Gesù, la missione della Chiesa sarà invece universale (Mt 28,19-20).
C’è un elenco dei Dodici che è una delle varie liste che compaiono nel Nuovo Testamento (Mc 3,16; Lc 6,14; At 1,13): non si sa più bene quali fossero alcuni di questi Dodici. Tra questi comunque c’era anche gente poco raccomandabile: Giacomo e Giovanni sono detti “boanerghès”, “figli del tumulto”, quindi probabilmente appartenenti a qualche movimento rivoluzionario; c’è Simone lo Zelota, cioè il sovversivo; ricordiamo che anche Pietro aveva la spada; c’è Giuda iscariota, cioè “il sicario”, il ribelle armato della sica, un pugnale corto e curvo, tipico dei pirati libici. .
Gesù non chiama i migliori: “Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo” (Gv 6,70). Gesù non chiama i giusti, i più buoni: Gesù chiama tutti.
“Primo, Simone, chiamato Pietro”
Il Vangelo di Matteo, anche al di là del brano di fondazione della Chiesa (Mt 16,13-20), mostra un interesse peculiare per la figura di Pietro. Innanzitutto, nell’elenco dei Dodici Apostoli, Matteo è l’unico che accanto al nome di “Simone, detto Pietro”, unisce il pronome ordinale “primo”, “pròtos”: “primo, Simone, detto Pietro…” (Mt 10,2).
Alcuni hanno letto in questo “pròtos” una sorta di primogenitura di Pietro nei riguardi del corpo apostolico. Il brano richiama infatti la genealogia dei dodici patriarchi, i figli di Giacobbe. “Questi sono i nomi dei dodici apostoli: primo Simone quello detto Pietro…” (Mt 10,2) rimanda infatti a: “Questi sono i nomi dei figli di Israele: il primogenito… Ruben,…” (Gen 46,8). “Come in Gen 46,8 è messo in evidenza che Ruben è l’erede di Giacobbe, così Matteo in 10,2 fa ben notare che fra quei dodici l’«erede» è Simon Pietro… «Pròtos» è la traduzione dell’ebraico «rison»… Il termine «rison» ha sia il significato cronologico che quello giuridico (primo = superiore, capo); esso deriva dalla radice di «ros»… Lo stesso termine «ros» per analogia era usato bene per indicare il capo della famiglia… Nella famiglia il primo figlio era destinato ad essere capo, a succedere al capofamiglia” (A. Salerno). L’investitura a primogenito, nell’Antico Testamento, avveniva quando il padre si sentiva ormai prossimo alla morte. Gesù conferisce il primato a Pietro subito prima di preannunciare la sua passione e morte (Mt 16,21). Il primogenito (in ebraico “bekor”) significa anche l’erede. Due le considerazioni che emergono da questa lettura: il corpo apostolico inteso come famiglia, e l’idea di una successione di primogeniti, che quindi dovrà continuare anche dopo Pietro.
La Chiesa, comunità di “chiamati”
Nella lettera ai Romani i cristiani sono definiti “chiamati da Gesù Cristo…, diletti da Dio e santi per vocazione” (Rm 1,6-7). I cristiani sono quindi “kletòi”, i “chiamati” (1 Cor 1,2; Rm 1,6), i membri della “ekklesìa”, la comunità appunto dei “chiamati” (da “ek-kalèo”).
Papa Francesco ci ricorda che tutti abbiamo una vocazione, una chiamata da parte di Gesù: “Vi lascio qualche domanda. Anzitutto: io ricordo qualche «momento forte» in cui ho già incontrato Gesù? Ognuno di noi pensi alla propria storia: nella mia vita c’è stato qualche momento forte, in cui ho incontrato Gesù? E qualcosa di bello e di significativo che è avvenuto nella mia vita per aver lasciato altre cose meno importanti? E oggi, c’è qualcosa a cui Gesù mi chiede di rinunciare? Quali sono le cose materiali, i modi di pensare, le abitudini che ho bisogno di lasciare per dirgli davvero «sì»?».
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.
Per approfondire
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