Vangelo di Domenica 17 settembre: Matteo 18, 21-35
XXIV Domenica A
21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”. 22 E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
23 Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24 Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25 Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26 Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. 27 Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28 Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. 29 Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. 30 Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. 31 Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 32 Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33 Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. 34 Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35 Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello”.Mt 18, 21-35
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
La Messa inizia con un atto penitenziale, in cui siamo invitati a chiedere perdono a Dio e ai fratelli e alle sorelle prima di “celebrare i Santi Misteri”. Già la Didachè affermava: “Il giorno del Signore, quando vi radunate, spezzate il pane e rendete grazie; prima però confessate i vostri peccati, perché «la vostra offerta sia pura». Chi ha una lite con il suo prossimo, non può farsi avanti, prima che si siano riconciliati, perché «la vostra offerta non venga dissacrata»” (Didachè 14,1-3).
Tante volte l’atto penitenziale è ridotto a un pio rito, e non comprendiamo come questo gesto sia fondamentale per vivere una vera Eucarestia. Il chiedere perdono a Dio non è solo un personale confronto con lui: è portare tutti i nostri fratelli davanti all’altare per vedere se con loro stiamo o no vivendo rapporti di comunione. La riconciliazione con i fratelli è “condizio sine qua non” per essere amici di Dio. “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6,12): il perdono di Dio è condizionato al nostro perdonarci tra di noi.
Più volte Gesù esplicita questa logica: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro…; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato…; perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio” (Lc 6,36-38); “Se voi perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Mt 6,14-15). A proposito Gesù racconta, nel Vangelo odierno, la parabola del servo spietato, cui il Padrone cancella un debito immenso, e che viene poi condannato perché non sa condonare un piccolo debito di un altro servo (Mt 18,23-35).
Siamo di fronte a un mistero. L’amore di Dio ci precede: il suo amore è gratuito, e ci giunge mentre siamo peccatori, non perdonatori. E se ciascuno di noi aspettasse di presentarsi a Dio solo quando è pienamente rappacificato con tutti i fratelli, non andremmo mai al suo cospetto. E questo deve essere ben chiaro.
Ma l’immenso Amore di Dio si blocca se il nostro cuore non è aperto ai fratelli. Un cuore chiuso al prossimo ferma l’onnipotenza di Dio. Il perdono di Dio sempre precede la nostra riconciliazione con il prossimo. Ma poi la esige in maniera cogente: la mancanza della pacificazione con gli altri annullerà la misericordia di Dio. Afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Ora, ed è cosa tremenda, questo flusso di misericordia non può giungere al nostro cuore finché noi non abbiamo perdonato a chi ci ha offeso… Nel rifiuto di perdonare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, il nostro cuore si chiude e la sua durezza lo rende impermeabile all’amore misericordioso del Padre” (n. 2840). Solo l’amore al prossimo ci apre all’amore di Dio: solo “chi ama conosce Dio; chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è Amore” (1 Gv 4,7-8).
Quante volte le comunità vivono invece situazioni di divisione, di tensioni, di rancori, eppure celebrano ugualmente l’Eucarestia! Prendiamo invece sul serio anche l’invito liturgico a scambiarci il “segno della pace”, che non deve essere fredda e rituale stretta di mano o anemico abbraccio al vicino, ma ulteriore momento di verifica, prima di accedere alla comunione eucaristica, dei nostri rapporti con i fratelli.
Si noti come non basti riconciliarsi con chi abbiamo offeso: per potere celebrare l’Eucarestia, occorre essere in comunione con chiunque “abbia qualcosa contro” di noi: “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24). Pensiamo a quanti fratelli hanno rimostranze contro di noi, perché vittime ad esempio di un’economia mondiale ingiusta, di cui noi siamo artefici spesso inconsapevoli: ma l’Eucarestia è talmente sacramento di comunione che ci impegna a risolvere anche tutte le disunioni che come tali sono sentite da altri, e di cui magari non ci vediamo personalmente colpevoli. Scrive Giovanni Crisostomo: “Per qual motivo Cristo è stato immolato? Per mettere in pace le cose del cielo e quelle della terra… Quello che in tal modo ha fatto il Figlio di Dio, fallo anche tu…, essendo un artefice di pace per te stesso e per gli altri… Ecco perché, al momento del sacrificio, il solo precetto che egli ti ricorda è quello di riconciliarti con il tuo fratello, mostrando così che esso è più importante degli altri”.
Non possiamo accostarci all’Eucarestia se non siamo pacificati con il prossimo, se viviamo realtà di divisioni, di sfruttamento, di sperequazione, se non siamo capaci di condividere i nostri beni con i poveri, se non ci battiamo per la giustizia, se non ci facciamo carico di modificare l’iniquo ordine economico che fa sì che miliardi di nostri fratelli soffrano per la fame e l’indigenza.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.