
Vangelo di domenica 16 marzo: II Domenica di Quaresima anno C – Luca 9, 28-36
28 Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, e salì sul monte a pregare. 29 Mentre pregava, l’aspetto del suo volto fu mutato e la sua veste divenne di un candore sfolgorante. 30 Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31 i quali, apparsi in gloria, parlavano della sua dipartita che stava per compiersi in Gerusalemme. 32 Pietro e quelli che erano con lui erano oppressi dal sonno; e, quando si furono svegliati, videro la sua gloria e i due uomini che erano con lui. 33 Come questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bene che stiamo qui; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34 Mentre parlava così, venne una nuvola che li avvolse; e i discepoli temettero quando quelli entrarono nella nuvola. 35 E una voce venne dalla nuvola, dicendo: «Questi è mio Figlio, colui che io ho scelto: ascoltatelo». 36 Mentre la voce parlava, Gesù si trovò solo. Ed essi tacquero e in quei giorni non riferirono nulla a nessuno di quello che avevano visto.
Lc 9, 28-36
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
La Trasfigurazione di Gesù va compresa analizzando anche i brani paralleli degli altri Vangeli (Mc 9,2-10; Mt 17,1-9). Dobbiamo innanzitutto individuare il momento liturgico che Israele celebrava in quella circostanza. Era la festa di Sukkot, la festa delle Capanne, in cui gli ebrei sono ancor oggi invitati per una settimana a vivere nelle tende, nelle capanne, per ricordare il momento meraviglioso del fidanzamento d’Israele con Dio, il tempo dell’Esodo, in cui il popolo era nomade del deserto. In questa festa, i pii ebrei dovevano salire a Gerusalemme. Qui Gesù con i suoi salgono sul monte che è il luogo della teofania, della presenza di Dio. Gerusalemme era il luogo della Presenza di Dio nel tempio, il monte è il luogo che ricorda il Sinai, dove Dio si è rivelato.
Durante la festa, si usa vivere in capanne, in tende. Qui Pietro dice a Gesù: “Facciamo tre tende, una per te, una per Mosé, una per Elia”.
Durante i primi sei giorni della festa viene letto il Qohelet, il libro che dice: “Vanità delle vanità: tutto è vanità!” (Qo 1,2). Ora Gesù nel versetti precedenti (Lc 9,22-25) ci ha parlato proprio di questi temi: rinnegare se stessi, perdere la nostra vita. Nulla vale se non lui, se non il Regno.
Il settimo giorno della festa ci si veste di bianco, e nel tempio ognuno ha una luce, simbolo della Torah, della Legge di Dio. Qui Gesù è vestito di bianco, così bianco che più non si può, ed è splendente.
Nella festa delle Capanne gli ebrei celebrano la cosiddetta “letizia della Torah”, la letizia della Legge. È una celebrazione liturgica in cui si leggono i capitoli 33 e 34 del Deuteronomio. In essi sta scritto, tra l’altro: “In Israele non ci fu più un profeta come Mosé: il Signore si era manifestato a lui faccia a faccia” (Dt 34,10). Come abbiamo visto, Mosè parla faccia a faccia a Dio e a Gesù Cristo Signore.
Durante la festa delle Capanne viene nominato lo chatan Torah, “lo sposo della Torah”, il priore della festa. Costui è incaricato di leggere la Torah a tutti. Gesù tante volte dirà di sé di essere lo sposo messianico atteso (Mt 9,15; 25,1-13; Gv 3,29; 2 Cor 11,2; Ap 19,7-8; 21,2), e per questo Gesù taccerà di adulterio, in senso ovviamente metaforico, il popolo che lo rifiuta (Mc 8,38; Mt 12,39; 16,4).
La festa terminava in sinagoga con una preghiera per l’avvento del Messia. Qui è Dio stesso che dice: “Questi è il mio figlio prediletto: ascoltatelo!”, proclamando Gesù come Messia.
Visti i parallelismi tra la festa di Sukkot e la Trasfigurazione, dobbiamo fare alcune osservazioni:
1. Che cosa è probabilmente successo? Che Gesù si è preso una giornata di ritiro con i suoi amici più cari, se ne è andato monte e si è messo a leggere la Bibbia, cioè Mosé ed Elia. Per dire “la Sacra Scrittura”, gli ebrei dicevano “Mosé ed Elia”, oppure è “Mosé e i profeti”. Gesù legge la Bibbia – questo significa parlare con Mosé ed Elia-, ed in questa riflessione sulla Scrittura Gesù prende coscienza di essere il Messia e, per miracolo divino, questa consapevolezza viene capita anche dai tre discepoli che sono con lui. Non vogliamo negare a Dio la possibilità di trasfigurarsi, di diventare bianco, splendente, con tutti i raggi intorno, ma è molto più vicino a noi pensare che quando riusciamo a trovare mezza giornata per ritirarci su un monte per leggere la Scrittura, in quei momenti anche noi parliamo con Mosé e con Elia, in quei momenti Dio parla a noi e ci trasfigura, si rivela a noi, ci dice che siamo suoi figli, ci fa capire la nostra missione, ci dà coraggio per portare avanti la nostra vita. Nulla vieta di pensare e credere che sia avvenuto un fatto strepitoso, ma dobbiamo leggere la Bibbia al di là del genere letterario e recuperare il senso plastico di questo brano, la rivelazione concreta che in esso ci viene data.
2. Nel contesto liturgico, celebrando la Festa delle Capanne, i discepoli capiscono che Gesù è il Messia annunciato da tutta la Scrittura, che Gesù è lo chatan Torah, lo sposo, l’ermeneuta, colui che spiega tutta la Torah; evidentemente sono arrivati gli ultimi tempi, la preghiera per il Messia si è realizzata, il Messia è qui tra loro e instaura il Regno. E poiché realizza il Regno, la creazione diventa bella: “Dio vide che tutto era buono”, nel creare l’universo (Gen 1,4.10.12.18.21.25.31). È qui i discepoli che cosa dicono? “È bello per non restare qui, il mondo è tutto bello. Tu, Signore, in questo momento sei venuto e porti veramente a compimento il piano creazionale di Dio. Sei la Genesi, sei il nostro paradiso”. I Padri diranno: “Creavit Deus Adam et posuit eum in paradiso, id est in Christo”: “Dio pose Adamo in paradiso, cioè in Cristo”. Il paradiso è simbolo del Cristo, perché solo in Cristo si compie il progetto creazionale (la Genesi non racconta come eravamo, ma come saremo!) nel quale i figli di Dio parlano tutti con il Padre, lo vedono non solo più di spalle (Es 33,23), ma faccia a faccia (Es 33,11), partecipano alla sua stessa vita, godono dell’immortalità (Rm 8,17).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.