Vangelo di domenica 16 febbraio: VI Domenica C: Luca 6, 17. 20-26

LE BEATITUDINI

17 Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, 18 che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti. 19 Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.
20 Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. 21 Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. 22 Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. 23 Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti. 24 Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. 25 Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. 26 Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.

Lc 6, 17. 20-26

Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, ​sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.

Per Luca, il discorso della pianura (Lc 6,17.20-26) è proclamazione del Regno di Dio che è venuto per salvare gli uomini; ciò che Matteo (5,1-12) invece vede nel parallelo discorso che egli vece pone sulla montagna, è in primo luogo un programma di vita, un insegnamento morale per la Chiesa. Se in Luca le beatitudini sono un annuncio di consolazione e di liberazione per gli infelici, per Matteo sono un catalogo di virtù ad uso delle prime comunità, definendo le condizioni per entrare nel regno di Dio.

Entrambi i testi, sia quello di Luca che quello di Matteo, sono Parola di Dio per noi: tutti e due perciò parlano oggi la cuore del credente. Ha scritto Papa Francesco: “Nonostante le parole di Gesù possano sembrarci poetiche, tuttavia vanno molto controcorrente rispetto a quanto è abituale, a quanto si fa nella società; e, anche se questo messaggio di Gesù ci attrae, in realtà il mondo ci porta verso un altro stile di vita” (Gaudete et exsultate, nn. 65).

Beati i poveri: Le Beatitudini sono un invito a stare sempre dalla parte dei poveri, degli ultimi, degli emarginati, degli oppressi, concretamente. Esse smascherano le nostre ipocrisie, che spesso mitigano la durezza delle parole di Gesù intendendole in senso spirituale. Scrive papa Francesco: “Desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro” (Evangelii gaudium, n. 198).

Beati quelli che sono nel pianto: “Il mondo ci propone il contrario: il divertimento, il godimento, la distrazione, lo svago, e ci dice che questo è ciò che rende buona la vita” (Gaudete et exsultate, n, 75).

Beati i miti: I miti (praeis) sono i mansueti, i sottomessi, i disponibili, coloro che non pretendono di avere ragione, sereni, ottimisti. Gesù si propone come modello di mitezza: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore” (Mt 11,29).

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia: “Giustizia con gli indifesi: «Cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (Is 1,17)” (Gaudete et exultate, n. 79).

Beati i misericordiosi: Il termine ebraico che in genere designa la misericordia è rehamin, che propriamente esprime le viscere, la sede delle emozioni, il nostro “cuore”: è una forma plurale di réhèm, il seno materno. In latino misericors (gen.: misericordis) deriva da misereor (ho pietà dei miseri) e cor (gen.: cordis (cuore): significa avere un cuore che ha pietà dei miseri. Essere Misericordiosi non è un imperativo etico, ma nasce dalla nostra chiamata all’imitatio Dei, a cercare di essere come Dio (Lc 6,36), che è solo misericordia (Es 34,6).

Beati i puri di cuore: Essere puri di cuore significa avere un cuore nuovo, di carne e non di pietra (Ez 36,26-28), non sclerotico. Significa essere onesti, trasparenti, leali, senza finzioni (Gv 1,47).

Beati gli operatori di pace: Eirenopoiòi, “operatori di pace”, indica non solo l’atteggiamento di chi cerca di non avere conflitti con nessuno, ma il comportamento attivo di chi si fa davvero costruttore di pace, uomo di riconciliazione e di comunione con tutti.

Beati i perseguitati per la giustizia… Beati quando vi insulteranno: I perseguitati per la giustizia sono quindi coloro che vengono perseguitati a causa della loro Fede in Gesù o della loro Carità verso i fratelli. Ciò può portare anche al martirio: martyrìa significa “testimonianza” (Gv 9,22; 12,42).

Il premio (misthos: Mt 5,12) è certamente l’amicizia con Dio, la beatitudine del suo amore alla fine dei tempi. Ma chi vive le Beatitudini ha la “gioia piena” (Gv 16,24) “già al presente cento volte tanto” (Mc 10,30),

Le Beatitudini “sono una specie di autoritratto di Cristo, sono un invito alla sua sequela e alla comunione con lui” (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n. 16). Gesù è il modello delle Beatitudini: Gesù è il povero (Lc 2,11-12; cfr Mt 8,20), l’afflitto (Mc 1,41; 6,34), il mite (Mt 11,29; Is 53,7), il giusto, la misericordia del Padre (Fil 2,5-11), il puro di cuore, la Pace (Ef 2,14-17), il perseguitato (Mc 3,21; Lc 4,28-29).

Che tutti sappiano amare in maniera “viscerale” i fratelli, per essere per tutti reale esperienza di Cristo Salvatore.

Buona Misericordia a tutti!

Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.

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