Vangelo di Domenica 15 ottobre: Matteo 22, 1-14
XXVIII Domenica A
1 Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse:2 “Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4 Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5 Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6 altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7 Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8 Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10 Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11 Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12 Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.
Mt 22, 1-14
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
La discordanza tra Matteo (Mt 22,1-14) e Luca (Lc 14,16-24) in questa parabola è talmente grande, che siamo portati a concludere che Matteo ha ampiamente rielaborato il racconto. Invece di una cena, Matteo ha una festa di nozze reali: il protagonista è “un re” (Mt 22,2) e non “un uomo” (Lc 14,16); in aggiunta alle scuse addotte dagli invitati in Luca, Matteo inserisce la variante dell’uccisione dei messaggeri e nella guerra che ne segue (“Il re, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città”). Questo particolare rappresenta con tutta probabilità la distruzione di Gerusalemme ad opera dei Romani nel 70 d. C..
Invitati alla Festa
Commenta Papa Francesco: “Con il racconto della parabola del banchetto nuziale, dell’odierna pagina evangelica (cfr Mt 22,1-14), Gesù delinea il progetto che Dio ha pensato per l’umanità. Il re che «fece una festa di nozze per suo figlio» (v. 2), è immagine del Padre che ha predisposto per tutta la famiglia umana una meravigliosa festa di amore e di comunione intorno al suo Figlio unigenito. Per ben due volte il re manda i suoi servi a chiamare gli invitati ma questi rifiutano, non vogliono andare alla festa perché hanno altro a cui pensare: campi e gli affari. Tante volte anche noi anteponiamo i nostri interessi e le cose materiali al Signore che ci chiama – e ci chiama a una festa.
Tutti chiamati, “buoni e cattivi”
Ma il re della parabola non vuole che la sala resti vuota, perché desidera donare i tesori del suo regno. Allora dice ai servi: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli» (v. 9). Così si comporta Dio: quando è rifiutato, invece di arrendersi, rilancia e invita a chiamare tutti quelli che si trovano ai crocicchi delle strade, senza escludere nessuno. Nessuno è escluso dalla casa di Dio.
Il termine originale che utilizza l’evangelista Matteo fa riferimento ai limiti delle strade, ossia quei punti in cui le strade di città terminano e iniziano i sentieri che conducono alla zona di campagna, fuori dall’abitato, dove la vita è precaria. È a questa umanità dei crocicchi che il re della parabola invia i suoi servi, nella certezza di trovare gente disposta a sedersi a mensa. Così la sala del banchetto si riempie di «esclusi», quelli che sono «fuori», di coloro che non erano mai sembrati degni di partecipare a una festa, a un banchetto nuziale. Anzi: il padrone, il re, dice ai messaggeri: «Chiamate tutti, buoni e cattivi. Tutti!». Dio chiama pure i cattivi. «No, io sono cattivo, ne ho fatte tante…». Ti chiama: «Vieni, vieni, vieni!». E Gesù andava a pranzo con i pubblicani, che erano i peccatori pubblici, erano i cattivi. Dio non ha paura della nostra anima ferita da tante cattiverie, perché ci ama, ci invita. E la Chiesa è chiamata a raggiungere i crocicchi odierni, cioè le periferie geografiche ed esistenziali dell’umanità, quei luoghi ai margini, quelle situazioni in cui si trovano accampati e vivono brandelli di umanità senza speranza. Si tratta di non adagiarsi sui comodi e abituali modi di evangelizzazione e di testimonianza della carità, ma di aprire le porte del nostro cuore e delle nostre comunità a tutti, perché il Vangelo non è riservato a pochi eletti. Anche quanti stanno ai margini, perfino coloro che sono respinti e disprezzati dalla società, sono considerati da Dio degni del suo amore. Per tutti Egli apparecchia il suo banchetto: giusti e peccatori, buoni e cattivi, intelligenti e incolti”.
Accogliere l’abito nuziale
Ma per partecipare al banchetto nuziale occorre accettare l’abito speciale che a tutti viene regalato. “Chiunque arriva alla soglia della stanza del banchetto riceve un mantello bianco, un abito di festa donato gratuitamente, che indica l’aver risposto liberamente «sì» all’invito del re. Anche il vestito di nozze basta accoglierlo e indossarlo, non va meritato né comprato. C’è però ancora chi si oppone: non accetta quel dono, non vuole quell’abito e non lo indossa! Eppure il re, regalando quel vestito, chiede solo a chi entra al banchetto di essere in tenuta da festa, di essere pulito, di dare un segno di mutamento e di libertà… Quando dunque egli «entra per vedere i commensali, scorge un uomo che non indossa l’abito nuziale» e che, alla sua richiesta di spiegazioni, tace. È un’altra delusione per il re, una chiamata frustrata: egli non vorrebbe, ma di fatto chi rifiuta questo ennesimo dono si ritrova per sua scelta in una situazione mortifera, senza via di salvezza.
A questo punto il linguaggio della parabola, dai tratti tipicamente orientali, nel suo intento di avvertire ed esortare i lettori si fa duro, persino crudele: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti», ordina il re ai servi. Si tratta però di immagini (e sottolineo, di immagini!) per esprimere una realtà fondamentale: nell’ultimo giorno ci sarà un giudizio decisivo, che verterà sull’aver accettato o rifiutato il dono di Dio. Dio ci dona la vita, mai la morte: quest’ultima la scegliamo noi. E Dio, che rispetta fino in fondo la nostra libertà, con sofferenza ci lascia fare, e così ci vede errare lontano da sé e preferire la prigione alla libertà, la distruzione alla vita piena” (E. Bianchi).
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.