Vangelo di Domenica 12 novembre: Matteo 25, 1-13
XXXII Domenica A
1Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.
Mt 25, 1-13
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Tre parabole sulla vigilanza
“A conclusione dell’anno liturgico, in questa e nelle prossime due domeniche la chiesa ci propone la lettura di Mt 25, la seconda parte del grande discorso escatologico, cioè sulla fine dei tempi, fatto da Gesù nei capitoli 24-25.
Matteo leggeva in Marco queste parole di Gesù: «Fate attenzione, vegliate (agrypneîte), perché non sapete quando è il momento… Vegliate (gregoreîte) dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino … Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate (gregoreîte)!» (Mc 13,33.35.37).
A partire da tale monito, Matteo ha ricordato e collocato a questo punto tre parabole del Signore su cosa significa vigilare (cfr Mt 24,45-25,30), seguite dal grande affresco sul giudizio finale (cfr Mt 25,31-46). Visto il ritardo della parusia, della venuta gloriosa di Cristo – almeno ai nostri occhi, se è vero che “davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno” (2 Pt 3,8) –, come vivere il nostro qui e ora?” (E. Bianchi).
Le tre parabole ci indicano che ciascuno di noi ha davanti due vie, quella del bene e quella del male. La prima parabola (Mt 24,45-51) ci dice che il servo può essere fedele e saggio oppure malvagio. La seconda (Mt 25,1-13) ci presenta cinque vergini sagge (l’aggettivo “phr’nimos” deriva da “prhen”, “cuore”, cioè intelligenza), contrapposte a cinque vergini stolte stolte (“moròs” significa empio, profano, perciò sciocco). La terza parabola (Mt 25,14-30) ci parla di due servi fedeli che fanno fruttare i talenti ricevuti, e di uno malvagio che lo seppellisce.
L’urgenza di non addormentarci
Oggi meditiamo sulla seconda parabola. Parabola piena di stranezze: le vergini che accompagnano lo sposo e non la sposa, il sonno di tutte le fanciulle nel corso di una festa nuziale pur protrattasi fino a tarda ora, l’acquisto di olio di notte, la porta del banchetto che viene chiusa… Ma soprattutto stupisce il comportamento dello sposo; nel mio libro “L’ingiustizia di Dio e altre anomalie del suo Amore” ho definito questo brano “La parabola dello sposo maleducato”. Dice il biblista K. Berger: “Lo sposo di Mt 25,1-3 è un villano. Si comporta con le giovani con durezza sproporzionata. Lui, che arriva in ritardo, evidentemente non sente il bisogno di scusarsi e se la prende con quelle cui l’olio delle lampade non è bastato per il periodo della sua assenza. Manda via, di notte, metà delle giovani invitate al matrimonio, così, semplicemente. All’epoca non c’erano né taxi, né illuminazione stradale. Lo sposo afferma addirittura di non conoscere affatto queste donne”.
Ma siamo di fronte al genere letterario del paradosso, tante volte usato da Gesù per esprimere rivelazioni importanti: se non ci abituiamo al genere del paradosso non possiamo capire i Vangeli, o ne facciamo una lettura fondamentalista.
Qui Gesù vuole sottolineare l’urgenza del “vegliare”, dell’essere attenti, sempre pronti, di non addormentarci mai nella nostra vita cristiana.
Vegliare, in senso proprio, significa restare svegli durante la notte per fare qualcosa di importante. Nell’Antico Testamento, il profeta è paragonato a una sentinella che dev’essere sempre all’erta per segnalare i pericoli e per annunciare la venuta del Signore (Sl 130,6). I sacerdoti nel tempio devono vegliare durante la notte e benedire il Signore (Sl 134,1). Il pio israelita deve “vigilare con ogni cura sul proprio cuore” (Pr 4,23), “ascoltando la sapienza e vegliando ogni giorno alle sue porte” (Pr 8,34), e “chi veglia per la sapienza sarà presto senza affanni” (Sap 6,15). E la donna del Cantico dei Cantici afferma: “Io dormo, ma il mio cuore veglia” (Ct 5,2), nell’attesa dell’arrivo del suo amato.
“La vigilanza è la matrice di ogni virtù umana e cristiana, è il sale di tutto l’agire, è la luce del pensare, ascoltare e parlare di ogni umano. Non si può non ricordare, al riguardo, l’acuta comprensione del grande Basilio, a conclusione delle sue Regole morali: «Che cosa è specifico del cristiano? Vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronti nel compiere pienamente la volontà di Dio, sapendo che nell’ora che non pensiamo il Signore viene (cfr Mt 24,44; Lc 12,40)»” (80,22)… Vegliare, vigilare, è andare incontro al Signore con le lampade del desiderio accese; è essere saggi, cioè pronti a vivere il tempo lungo dell’attesa con l’aiuto dell’olio dell’intelligenza… Lottando ogni giorno per non lasciare appesantire le nostre vite dalla routine, dalla ripetitività del quotidiano, che è pur sempre l’oggi di Dio, l‘unica porta d’accesso nel mondo alla venuta finale del Signore: «Beati quei servi che il Signore alla sua venuta troverà vigilanti!» (Lc 12,37)” (E. Bianchi).
Come ci ricorda anche Paolo in quello che è il più antico scritto del Nuovo Testamento, la prima lettera ai Tessalonicesi: “Voi, fratelli, non siete nella tenebra, sicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro… Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri” (1Ts 5,4-6).
Il vegliare è quindi segno della ricerca continua di Dio, della perseveranza nella fede, della conversione continua. È mettere al primo posto Dio sempre, in ogni circostanza della vita.
Vigilare sul nostro cuore
Ci ammonisce Papa Francesco: “Vigilare per custodire il nostro cuore e capire cosa succede dentro. Si tratta della disposizione d’animo dei cristiani che aspettano la venuta finale del Signore; ma si può intendere anche come l’atteggiamento ordinario da tenere nella condotta di vita, in modo che le nostre buone scelte, compiute a volte dopo un impegnativo discernimento, possano proseguire in maniera perseverante e coerente e portare frutto. Se manca la vigilanza, è molto forte il rischio che tutto vada perduto. Non si tratta di un pericolo di ordine psicologico, ma di ordine spirituale, una vera insidia dello spirito cattivo… Tante volte perdiamo, siamo vinti nelle battaglie, per questa mancanza di vigilanza. Tante volte, forse, il Signore ha dato tante grazie e alla fine non siamo capaci di perseverare in questa grazia e perdiamo tutto, perché ci manca la vigilanza: non abbiamo custodito le porte… Bisogna rimanere vigilanti, vigilare il cuore. Se io domandassi oggi ad ognuno di noi e anche a me stesso: «Cosa sta succedendo nel tuo cuore?», forse non sapremo dire tutto: diremo una o due cose, ma non tutto. Vigliare il cuore, perché la vigilanza è segno di saggezza, è segno soprattutto di umiltà, perché abbiamo paura di cadere e l’umiltà che è la via maestra della vita cristiana”.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.