Vangelo di Domenica 1 Maggio: Giovanni 21, 1-23
III Pasqua C
1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. 4Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi la sopravveste, poiché era spogliato, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri. 9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso or ora». 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore. 13Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. 14Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti. 15Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti amo». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti amo». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle». 17Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi ami?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi ami?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle. 18In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». 19Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi». 20Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». 21Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: «Signore, e lui?». 22Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi». 23Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?»
Gv 21, 1-23
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
Negli anni precedenti abbiamo commentato vari aspetti di questo brano evangelico, che probabilmente è la sintesi di due diversi racconti di apparizione: a) a Pietro durante una scena di pesca (1 Cor 15,4-5; Mt 14,28-33; 16,16-19; Lc 5,1-11); b) agli Undici in una scena di pasto di pane e di pesce (1 Cor 15,5; Lc 24,36-43; Mc 16,14-18; Gv 20,19-23).
Ne avevamo sottolineato la proposta ecclesiale: la barca è la Chiesa, convocata da Dio, ministeriale, missionaria, una (la rete non è “lacerata”, schizein, da cui la parola scisma: cfr 7,43; 9,16; 10,19; 19,24), sacramentale, universale (153 indica: a) la totalità dei pesci secondo la zoologia greca; b) numero di perfezione, somma di tutti i numeri da 1 a 17; c) 100= i Gentili + 50=Israele + 3= la Trinità; d) valore numerico di qhl’hbh, “la chiesa dell’amore”; d) 76 (valore di Sìmon) + 77 (valore di ichtys, pesce)…).
Avevamo meditato sull’apparente contrasto tra Pietro, figura dell’istituzione e Giovanni, della profezia: ma in realtà “il quarto Vangelo si arresta lasciando nell’animo del lettore il dittico dei due discepoli, del loro diverso discepolato e della loro complementare funzione ecclesiale” (G. Biguzzi).
Oggi vogliamo invece evidenziare un altro grande insegnamento di questo brano: il saper invecchiare secondo Dio.
Gesù dice a Pietro: “«In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi»” (Gv 21,18-19). L’anziano deve imparare a non essere più al centro di tutto, a non avere più potere, a non essere più lui quello che prende le decisioni, a lasciare spazio alle nuove generazioni. È spesso una grande esperienza di povertà.
“Lasciare la presa: è un’arte non facile, e pure la prima da esercitarsi nella vecchiaia. È l’arte del distacco, del saper prendere una distanza, nell’accettare di non poter più tenere in mano tutte le corde… Bisogna in realtà essere convinti che si può diventare vecchi e vivere trovando senso senza restare fino all’ultimo aggrappati a «quel che si faceva»… È un’esperienza di diminutio e anche di semplificazione… Lasciare la presa significa anche esercitarsi ad accettare l’incompiuto. Non è un esercizio facile, perché chi diventa anziano è convinto di dover portare a termine la propria opera… Ma «il Signore porterà a termine l’opera iniziata in te» (Fil 1,6)” (E. Bianchi).
Il cardinal Martini affermò: “Un proverbio indiano narra di quattro stadi della vita dell’uomo. Il primo è lo stadio in cui si impara; il secondo è quello in cui si insegna o si servono gli altri; nel terzo si va nel bosco, il bosco profondo del silenzio, della riflessione, del ripensamento… Nel quarto stadio, particolarmente significativo per la mistica e l’ascetica indù, si impara a mendicare; l’andare a mendicare è il sommo della vita ascetica… E l’età in cui la rinuncia ai propri beni significa la capacità di presentarsi con la mano destra aperta, per ricevere umilmente il pane quotidiano. Mendicare significa dipendere dagli altri – ciò che non vorremmo avvenisse mai -, e dobbiamo prepararci. Il tempo del bosco ci prepara, prepara il momento che può avvenire oggi, domani o dopodomani, secondo la volontà del Signore”. Dobbiamo imparare la sequela del Signore anche in questo portare la croce dietro di lui. Ma, conclude il cardinal Martini, anche quando viene il tempo in cui la nostra vita dipende sempre più dagli altri, non dovremmo mai perdere la gioia cristiana, anzi diventare capaci di “godere di questo fatto…, contemplando maggiormente l’unità delle cose”.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.