Vangelo di Domenica 1 Gennaio: Luca 2, 16-21
Maria SS. Madre di Dio
16Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. 21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Lc 2, 16-21
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
L’anno inizia con Festa di Maria Santissima Madre di Dio. È indispensabile però uno sforzo per arrivare alla “vera Maria biblica, libera dalle incrostazioni culturali, dai travestimenti e dalle strumentalizzazioni ideologiche” (S. De Fiores).
Afferma la teologa Claudia Zanon Gilmozzi: “Maria, Donna ideale, modello irraggiungibile nella perfezione dei suoi attributi di Vergine e di Madre, starebbe dunque qui, davanti a noi donne, a dirci che siamo «nessuno», giacché, specchiandoci in Lei, ci specchiamo nell’impossibile? Non credo proprio. Per il bene che voglio alla Madre di Gesù io invoco la liberazione di Maria prima ancora della liberazione delle donne, nel senso che invoco la sua verità di Donna del suo tempo, simbolo della speranza perché umile, casalinga, semplice ed emarginata – grazie alla mentalità ebraica -ma anche così diversa, perché «piena di grazia» e per quel suo Figlio così unico e che aveva verso le donne un atteggiamento straordinariamente anticonformista”.
Per una mariologia liberata e liberatrice dobbiamo:
“a. Restituire Maria all’umanità, superando l’immagine di «quasi non donna e quasi dea» (J. O’Connor): ciò avverrà con il ricorso ai Vangeli, che mostrano in Maria una reale persona umana storica e concreta.
b. Relativizzare la maternità biologica di Maria, come fa Gesù nella predicazione, per dare risalto alla fede di lei nella parola di Dio.
c. Vedere in Maria non l’immagine della femminilità o il modello della donna (= è modello di ogni credente), ma la «persona autonoma» che risponde liberamente a Dio e il simbolo radicale di un’umanità nuova, la rappresentante originale ed escatologica dell’umanità.
d. Ridare alla figura della Vergine la carica liberatrice del Magnificat, che nelle sue parole radicali e sovversive prelude al discorso della montagna nel vangelo di Luca e al discorso introduttivo di Gesù in Luca” (S. De Fiores).
L’esortazione apostolica “Marialis cultus” prende atto della difficoltà di proporre agli uomini e alle donne del nostro tempo la figura di Maria secondo vieti e superati clichés, che non tengono conto delle “odierne concezioni antropologiche” e della “realtà psicosociologica profondamente mutata”: “Si osserva, infatti, che è difficile inquadrare l’immagine della Vergine, quale risulta da certa letteratura devozionale, nelle condizioni di vita della società contemporanea e, in particolare, di quelle della donna” (MC 34).
La grossa novità della “Marialis cultus” è l’attenzione all’antropologia, in vista di un efficace rinnovamento della pietà mariana. Tale concetto, mentre permette di sganciarsi dalle forme desuete, prodotte dall’antropologia di una passata cultura, provoca ad un confronto tra la donna contemporanea, alla ricerca di un ampio responsabile impegno sociale, e la figura biblica della Vergine. La “Marialis cultus” afferma che da questo confronto scaturirà un’insospettata liberante immagine di Maria:
“La donna contemporanea, desiderosa di partecipare con potere decisionale alle scelte della comunità, contemplerà con intima gioia Maria che, assunta al dialogo con Dio, dà il suo consenso attivo e responsabile non alla soluzione di un problema contingente, ma a quell’«opera di secoli», come è stata giustamente chiamata l’Incarnazione del Verbo; si renderà conto che la scelta dello stato verginale da parte di Maria, che nel disegno di Dio la disponeva al mistero dell’Incarnazione, non fu atto di chiusura ad alcuno dei valori dello stato matrimoniale, ma costituì una scelta coraggiosa, compiuta per consacrarsi totalmente all’amore di Dio. Così constaterà con lieta sorpresa che Maria di Nazareth, pur completamente abbandonata alla volontà del Signore, fu tutt’altro che donna passivamente remissiva o di una religiosità alienante, ma donna che non dubitò di proclamare che Dio è vindice degli umili e degli oppressi e rovescia dai loro troni i potenti del mondo (cfr Lc 1,51-53); e riconoscerà in Maria, che primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, una donna forte, che conobbe povertà e sofferenza, fuga ed esilio (cfr Mt 2,13-23): situazioni che non possono sfuggire all’attenzione di chi vuole assecondare con spirito evangelico le energie liberatrici dell’uomo e della società; e non le apparirà Maria come una madre gelosamente ripiegata sul proprio Figlio divino, ma donna che con la sua azione favorì la fede della comunità apostolica in Cristo (cfr Gv 2,1-12) e la cui funzione materna si dilatò, assumendo sul Calvario dimensioni universali” (MC 37).
Che davvero possiamo sentire Maria sempre vicina a noi, Madre di Dio e Madre nostra, esempio di sequela del Figlio, benedetta fra le donne, nostra Sorella e Amica, e che “prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.