Vangelo di Domenica 09 giugno: Marco 3, 20-35
X Domenica anno B
20 Entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. 21 Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «È fuori di sé».
22 Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del principe dei demòni». 23 Ma egli, chiamatili, diceva loro in parabole: «Come può satana scacciare satana? 24 Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; 25 se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi. 26 Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire. 27 Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l’uomo forte; allora ne saccheggerà la casa. 28 In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; 29 ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna». 30 Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito immondo».
31 Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. 32 Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano». 33 Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 34 Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 35 Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre».
Mc 3, 20-35
Cari Consorelle e Confratelli delle Misericordie, sono Carlo Miglietta, medico, biblista, laico, marito, papà e nonno (www.buonabibbiaatutti.it). Anche oggi condivido con voi un breve pensiero di meditazione sul Vangelo, con particolare riferimento al tema della misericordia.
«È fuori di sé» (3,20-21)
Gesù è in casa, e a casa di Pietro, ove poi sorgerà il primo nucleo della fede cristiana.
Questo brano riflette il contrasto tra il gruppo di Pietro e quello di Giacomo, cugino di Gesù, c’è il contrasto tra quelli che sono “dentro” i discepoli, e quelli che sono “fuori”, i suoi parenti: “Tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle, sono fuori che ti cercano”. Questi parenti vogliono portare via questa vergogna famigliare, questo carpentiere che si è dato a fare il predicatore, e il guaritore, e in nome del buon senso lo definiscono pazzo. Questo brano, chissà perché, si predica poco in Chiesa. I parenti di Gesù vanno a dirgli che è fuori di sé.
Questi parenti siamo noi, che pur essendo nella Chiesa, pur essendo parenti di Gesù, non crediamo fino in fondo alla sua parola, pensiamo spesso che Gesù sia un pazzo, e cerchiamo di impadronirci di lui in mille modi. La sua Parola infatti è follia, va contro ogni buon senso.
Gesù e Satana (3,22-30)
(vedi Mt 12,22-32; Lc 11,14-23)
C’è un intermezzo: gli scribi lo accusano di fare quello che fa in nome di Belzebù: questa era un’antica divinità siriana, Balzebul, “Signore della casa”, che poi era stato ridicolizzato in Balzebuc, signore delle mosche: ma Gesù dice chiaramente: “Io sono il più forte”. Gesù è colui che si difende da queste accuse con una sentenza di duplice significato. Da una parte estremamente liberante, dice: “Tutti i peccati saranno perdonati anche la bestemmia”. Questo è molto bello: anche chi bestemmia, anche chi se la prende con Dio, anche chi ritiene Dio la causa del male, è da Dio compreso, da Dio perdonato. Tutti i peccati saranno perdonati. Ma dall’altra parte il giudizio è
inappellabile contro chi si ostina a rifiutare il Messia: l’unico peccato che non sarà perdonato è il rifiuto del Signore: il peccato contro lo Spirito Santo, il rifiuto deliberato e cosciente del suo Amore Come dice 1 Gv 5 è l’apostasia, è lasciare fuori il Signore dalla nostra vita (ma è poi possibile rifiutare un Dio così amabile, o si rifiutano immagini distorte che di Lui abbiamo ricevuto?).
I veri parenti di Gesù (3,31-35)
(vedi Mt 12,46-50; Lc 8,19-21)
C’è un brano che i predicatori in genere evitano o commentano malvolentieri, per paura di mettere in cattiva luce… la Madonna. Si tratta dell’episodio in cui la madre di Gesù ed i suoi parenti vanno a cercarlo “per andare a prenderlo” (Mc 3,20-351): già si noti che il verbo qui usato per “prendere” è in greco “kratèo”, che significa “impadronirsi con la forza”. Marco, solo lui, spiega il motivo di questa violenza che i famigliari volevano fare a Gesù: “perché dicevano: <<È fuori di sé!>>“ (Mc 3,21). Ohibò! Anche Maria dice che Gesù è matto, e vuole portarlo via con la forza?
Avvisano Gesù: “Ecco, tua madre e i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano” (Mc 3,32). Si noti che in Marco la casa2 è sempre simbolo della comunità dei discepoli, della Chiesa3: Maria e gli altri parenti sono “fuori” di questa comunità ecclesiastica, e ciò è ribadito due volte: “Sua madre e i suoi fratelli, stando fuori, lo mandarono a chiamare” (Mc 3,31); “Tua madre e i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori” (Mc 3,32). Gesù, volgendo lo sguardo sui suoi discepoli che lo attorniavano, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi fa la volontà di Dio, egli è mio fratello, sorella e madre” (Mc 3,35). L’evangelista Luca ritocca lievemente questa risposta e spiega in tal modo che cosa si intenda per volontà di Dio: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21).
Sicuramente non ci saremmo aspettati che Gesù trattasse così male sua madre. Ma in realtà Gesù sta facendo di Maria l’elogio più bello, perché la grandezza di Maria non sta tanto nella sua maternità fisica, ma nell’essere stata la discepola perfetta, quella che ascolta la Parola e la mette pienamente in pratica, la donna del “sì”, dell’“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38). Come diceva Agostino: “Beatior Maria percipiendo fidem Christi
quam concipiendo carnem Christi”: Maria fu beata non tanto per aver concepito il Cristo, ma per la sua Fede. Come sottolinea anche Gesù quando sembra rifiutare, in maniera non certo gentile, l’elogio a sua madre che una donna voleva fare: “<<Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!>>. Ma egli disse: <<Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!>>” (Lc 11,27-28). “Gesù sceglie di avere non una famiglia carnale, dalla quale prende una distanza radicale, bensì una nuova famiglia che non è più fondata su vincoli di carne e sangue, né su vincoli di <<coniugamento>> di alcun tipo, ma che è composta da quanti fanno la volontà di Dio […]; quella famiglia che, per ogni discepolo, deve essere la vera famiglia, anche a costo di subire persecuzioni da parte della famiglia di origine4” (L. Monti5).
Meravigliosa è la figura di Maria che non esita a restare solidale con gli altri famigliari peccatori, che vogliono andare a prendere Gesù per portarselo via ritenendolo matto: è la madre che sta con chi in famiglia è più debole, più in difficoltà, condividendone anche le scelte sbagliate, ma sicura che sarà solo con l’amore e con la solidarietà che si potrà sperare in una conversione. E infatti i “fratelli del Signore”6 poi si convertiranno a Gesù, e tra essi Giacomo diventerà addirittura il capo della comunità di Gerusalemme7, e a Giuda verrà attribuita una lettera apostolica8. A quando una nuova significativa litania: “Maria, solidale con i peccatori, prega per noi”?
I “fratelli di Gesù”
Una domanda che viene sempre fuori in questo brano è: ma chi sono i fratelli di Gesù se la Madonna era Vergine? E’ un problema grande perché da una parte la tradizione di Matteo e Luca ci parlano in modo esplicito della Verginità di Maria, e dall’altra parte si parla sempre di questi “adelphòi”, “fratelli” di Gesù.
Il Concilio Lateranense del 649, presieduto da Papa Martino I, pose in risalto i tre momenti della verginità di Maria, insegnando che “la santa Madre di Dio sempre vergine immacolata Maria… ha concepito senza seme per opera dello Spirito Santo e ha partorito senza corruzione, permanendo indissolubile anche dopo parto la sua verginità” e Paolo IV dichiarò (1555): “Beatissimam Virginem Mariam… pestitisse semper in virginitatis integritate, ante partum scilicet, in partu et perpetuo post partum”. Nel Nuovo Testamento però vi sono passi che trattano della parentela di Gesù, come: “Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi? E si scandalizzavano di lui. Ma Gesù disse loro: Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (Mc 6,2-5).
Egesippo (110-180 d.C.) conoscitore di greco, ebraico e siriano, ebreo convertito, cristiano del II sec., nei suoi scritti contro le eresie (citati da Eusebio) sostiene che i “fratelli del Signore” citati dai Vangeli, in effetti, sono cugini. Lo stesso Vangelo di Marco nell’episodio della crocifissione, peraltro, dice: “C’erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Magdala, Maria la Madre di Giacomo il minore e di Ioses e Salome, che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme” (Mc15,41s); in questo passo i “fratelli” Giacomo e Ioses di Mc 6,2-5 sono figli di una Maria, però non la madre di Gesù.
San Girolamo Hieronymus Stridone, nato in Dalmazia 347 e morto a Betlemme nel 420, traduttore della Bibbia dal greco e dall’ebraico al latino (la Vulgata), padre e dottore della Chiesa, nel “De perpetua virginitate” respinse la tesi di fratelli o fratellastri di Gesù e concluse per cugini da parte della famiglia di Maria. I Vangeli citano i “fratelli” di Gesù, ma non li chiamano mai “figli di Maria”; solo Gesù è chiamato “figlio di Maria”, e lei è sempre chiamata “Madre di Gesù” e non madre dei suoi fratelli.
Ma il Nuovo Testamento usa in genere il termine greco “adelfòi”, fratelli, pur se vi sono termini per i parenti, “sunghenès” (Lc 1,36.58.61; 2,44; Mc 6,4) e cugini, “anepsiòi” (Col 4,10). Tra storici, biblisti e teologi di varie confessioni, si sono aperte discussione e controversie, e le tesi sul tappeto sostenute per i “fratelli” di Gesù sono:
– fratelli veri, cioè figli di Maria e di Giuseppe;
– cugini, parenti, figli di sorellastre di Maria o di primo letto di Giuseppe (apocrifi);
– collaboratori nel ministero apostolico.
In Israele, in una cultura di poligamia, i fratelli (“‘ah”) e le sorelle (“ahot”) carnali vengono definiti “figli di un solo uomo” (Gen 42,13) o “figli dello stesso padre” (Gen 42,32), ma anche “figli della propria madre” (Gen 43,29; Dt 13,7; Gdc 8,19; 9,1-3), in ogni caso “propria carne” (Gen 37,27; cfr 2 Sam 5,1) anche se da parte di un solo genitore. In greco i fratelli sono detti “adelphòi”, parola che deriva da “delphys”, il seno materno, preceduta dall’alfa copulativo, e che quindi significa i “nati dallo stesso grembo materno”.
Il termine ebraico “‘ah” (nell’Antico Testamento ebraico usato 635 volte compresi plurali, forme con suffissi, ecc) ha più significati:
– fratello, figlio di stessi genitori (Caino e Abele, Gn 4,1-2; Esaù e Giacobbe, Gn 25,24-26; Mosè, Aronne e Miriam, Nm 26,59);
– fratellastro, figlio dello stesso padre (i figli che Giacobbe avuti da quattro donne diverse, Gn 35,22-26; 37,4; 42,3; 42,4; 42,13);
– parente o cugino, della cerchia familiare (Abramo chiamava così Lot, figlio del fratello: Gen11,27; 13,8; 14,14; 14,16; e Labano il nipote Giacobbe: Gn 29,15; in 1 Cr 23,22 il termine indica i figli del fratello del padre; in Lv10,4 indica i figli del cugino di primo grado);
– membro di una stessa tribù (Nm 8,26; 2 Sam 19,11-13);
– amico o alleato (2 Sam 1,26; 1 Re 9,13; Pr 17,17);
– collega con analogo incarico (2 Cr 31,15; 1 Re 20,32; 1 Sam 30,23);
– prossimo (Ger 9,3; Ez 47,14);
– della stessa fede (Dt 1,16; Sal 132).
La “Leggenda Aurea”, cioè le agiografie di Jacopo Varazze (vescovo di Genova del XIII sec.), non accettata dal Concilio di Trento, fa riferimento al “trinubium Annae” che avrebbe sposato secondo i costumi del tempo e gli usi biblici, per successive morti, tre fratelli Gioacchino, Alfeo Salome, e da ciascuno dei tre Anna avrebbe avuta una figlia di nome Maria:
– Maria, da Gioacchino, poi sposa di Giuseppe, madre vergine di Gesù;
– Maria, da Salome, sposa di Zebedeo, madre di Giacomo Maggiore e Giovanni Evangelista;
– Maria, da Alfeo, sposa di Cleofa, madre di Giacomo il Minore, Giuseppe il Giusto, Simone e Giuda Taddeo.
Cinque apostoli, così potrebbero considerarsi cugini di Gesù, e due delle Marie citate dai Vangeli sarebbero sorelle della Vergine, tutte da Anna: “C’erano là anche alcune donne che osservavano a distanza, tra le altre: Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses e Salome” (Mc 15,40 e // Mt 27,56); “Passato il sabato, Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono aromi per andare a imbalsamare Gesù” (Mc 16,1); “Tra esse c’era Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe e la madre dei figli di Zebedeo” (Mt 27,56); “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Màgdala.” (Gv 19,25).
Nel Vangelo di Giovanni (19,25), Maria sposa di Cleofa è sorella della Madre di Gesù ed è l’altra Maria del Vangelo di Matteo che con Maria di Magdala andò al sepolcro del Signore la mattina di Pasqua (28,1). Cleofa, Cleofe, (in greco “dal volto glorioso”) è il nome del marito della Maria detta appunto di Cleofa, padre di Giacomo il Minore (chiamato così per distinguerlo dal figlio di Zebedeo Mt 10,3; Mar 3,18; Lu 6,15; At 1,13), di un Giuda, di un Giuseppe e di un Simone e, per lo storico palestinese Egesippo, fratello di San Giuseppe. Dalla tradizione considerato uno dei due discepoli dell’episodio di Emmaus riferito da Luca (24,18) a cui Cristo risorto apparve la sera di Pasqua e spezzò le Scritture lungo la via. Per Eusebio e Girolamo, Cleofa era appunto nativo di Emmaus ove, per antica tradizione fu trucidato da intolleranti della sua fede nel Messia risorto. Girolamo certifica che nel IV secolo la casa di Cleofa era stata trasformata in chiesa.
Secondo la Bibbia di Gerusalemme, la frase “la sorella di sua madre” potrebbe riferirsi a Salomè, madre dei figli di Zebedeo, non citata, oppure a Maria di Cleofa. Una leggenda narra che nel 44 d. C., dopo la decapitazione del figlio Giacomo, Maria Salomè fuggì per mare sulle coste del Lazio e i suoi presunti resti si venerano dal 1209 nel frusinate a Veroli, città di cui è patrona.
Un racconto “a sandwich”
Sottolineiamo qui una particolarità di stile in Marco, che incontriamo molte volte nel suo Vangelo: i racconti “a sandwich”. Tipico dei Vangelo di Marco è interrompere il racconto per inserire un nuovo episodio, con un altro tema: abbiamo visto che qui si parla dei parenti di Gesù, poi c’è l’accusa di essere indemoniato, poi si parla nuovamente dei parenti di Gesù. La resurrezione della Figlia di Giairo, al cap 5 è interrotta dal miracolo della donna emoroissa, la missione dei Dodici al cap. 6 è interrotta dal racconto della morte del Battista, i preparativi della Pasqua sono interrotti dal racconto dell’unzione di Betania.
Buona Misericordia a tutti!
Chi volesse leggere un’esegesi più completa del testo, o qualche approfondimento, me li chieda a migliettacarlo@gmail.com.