Santo del giorno 12 novembre: San Giosafat Kuncewycz
San Giosafat Kuncewycz: il martire della Chiesa greco-cattolica ucraina
Nome
San Giosafat Kuncewycz
Titolo
Vescovo e martire
Nascita
1580, Vladimir, Polonia
Morte
12 novembre 1623, Vitebsk, Bielorussia
Ricorrenza
12 novembre
Martirologio
edizione 2004
Beatificazione
16 maggio 1643, Roma, papa Urbano VIII
Canonizzazione
29 giugno 1867, Roma, papa Pio IX
Preghiera
O Dio, che nel glorioso martirio di San Giosafat Kuncewycz vescovo ci hai dato un segno della tua presenza amorosa nella Chiesa, concedi a noi, che confidiamo nella sua intercessione, di imitarlo nella fermezza della fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Martirologio Romano
Memoria della passione di san Giosafat (Giovanni) Kuncewicz, vescovo di Polotzk e martire, che spinse con costante zelo il suo gregge all’unità cattolica, coltivò con amorevole devozione il rito bizantino-slavo e, a Vitebsk in Bielorussia, a quel tempo sotto la giurisdizione polacca, crudelmente.
Il Santo e la missione
San Giosafat Kuncewycz, arcivescovo di Polotsk e martire dell’unità della Chiesa, offre un esempio straordinario di come la missione cristiana possa essere vissuta attraverso il sacrificio e l’impegno per la riconciliazione. La sua vita e il suo ministero sono emblematici della ricerca instancabile dell’unità tra i cristiani, in un’epoca in cui divisioni e contrasti religiosi erano profondamente radicati.
Nato in un contesto storico complesso, caratterizzato da tensioni tra cattolicesimo e ortodossia, Giosafat si impegnò con fervore nel promuovere l’unità della Chiesa, sostenendo la comunione con la Sede di Roma pur rispettando le tradizioni liturgiche e culturali orientali. La sua missione era animata dalla convinzione che l’unità della Chiesa fosse fondamentale per la piena realizzazione della sua natura e missione nel mondo.
Giosafat non perseguì questa missione con spirito di conquista o supremazia, ma piuttosto con un approccio di dialogo, rispetto e comprensione reciproca. La sua era una missione di ponte costruttore, cercando di superare i pregiudizi storici e teologici attraverso la testimonianza di un amore che trascende le barriere. Egli incarnava l’ideale evangelico del buon pastore, dedicando la sua vita al servizio del gregge affidatogli, con un impegno particolare verso la cura pastorale e la formazione del clero.
Il martirio di San Giosafat è la testimonianza ultima del suo impegno per la missione. Egli accettò la sofferenza e la morte piuttosto che rinunciare al suo sogno di unità nella verità e nell’amore. La sua morte non fu un fallimento della sua missione, ma piuttosto la sua più alta affermazione: un segno di fedeltà a Cristo e alla Chiesa, e un potente messaggio che l’amore e il sacrificio sono alla base dell’unità cristiana.
La vita di San Giosafat ci ricorda che la missione cristiana richiede coraggio, perseveranza e a volte anche il sacrificio supremo. Il suo esempio continua a ispirare tutti coloro che lavorano per l’unità della Chiesa, mostrando che la vera missione è un cammino di fede, speranza e carità, che può trasformare i cuori e rinnovare il mondo. La sua eredità rimane un faro di luce per un’ecumenismo vissuto in spirito di verità e di amore, un invito a seguire Cristo oltre le divisioni e verso la comunione piena e visibile.
Il Santo e la misericordia
San Giosafat Kuncewycz, nella sua missione come ponte tra le tradizioni cristiane orientali e occidentali, incarnò in modo esemplare la misericordia come elemento fondamentale del cristianesimo. La sua vita, culminata nel martirio, è una testimonianza potente di come la misericordia possa essere al contempo una forza di riconciliazione e un segno di fedeltà radicale ai principi evangelici.
Il servizio di Giosafat si caratterizzava per un profondo senso di empatia e comprensione nei confronti di coloro che si trovavano dall’altra parte del divario ecclesiale. Questa misericordia non si manifestava solo come tolleranza o accettazione passiva, ma come un autentico desiderio di comprendere, rispettare e amare coloro che differivano da lui in pratica e in dottrina. La sua era una misericordia che cercava attivamente il dialogo, che lavorava per costruire ponti dove altri erigevano barriere.
La sua dedizione all’unità della Chiesa era radicata in una profonda convinzione della misericordia di Dio, che chiama tutti alla comunione e al perdono. Giosafat viveva questa chiamata non solo nelle sue parole, ma anche nelle sue azioni, mostrando grande pazienza e gentilezza, anche di fronte a forti opposizioni e ostilità. La sua capacità di perdonare i suoi persecutori e di amare i suoi nemici era un riflesso diretto dell’amore misericordioso di Cristo, che egli cercava di emulare.
Il martirio di San Giosafat è l’apice della sua testimonianza di misericordia. Nel suo sacrificio supremo, ha incarnato l’essenza della misericordia cristiana: dare la vita per i propri amici e nemici, nel nome di un amore più grande. Questo atto estremo di donazione di sé è un potente promemoria che la misericordia può richiedere il massimo sacrificio, ma è anche la via verso la vera vittoria spirituale: la vittoria dell’amore sulle divisioni, dell’unità sulla discordia.
San Giosafat Kuncewycz ci ricorda che la misericordia è fondamentale per la missione cristiana. Il suo esempio ci ispira a vivere la misericordia non solo come un sentimento, ma come un’azione concreta che cerca di guarire le divisioni, di superare i pregiudizi e di costruire la pace nel corpo di Cristo. La sua vita è un invito a tutti noi a essere strumenti di misericordia in un mondo frammentato, seguendo le orme di un santo che ha amato profondamente la Chiesa e i suoi membri, fino al dono finale di sé.
Agiografia
Il divin Maestro disse che il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle: e noi oggi ne vediamo un’illustre conferma in S. Giosafatte, vescovo di Polvez e martire.
Nato a Vladimir in Polonia dalla nobile e cattolica famiglia Kuncewizio, mentre fanciullo ascoltava la madre parlare della passione di Cristo, un dardo partì dal costato del Crocifisso e andò a ferirgli il cuore. Infiammato di amor di Dio e desideroso di perfezione, entrò nell’ordine di S. Basilio, di cui a venti anni professò la regola. Andava a piedi nudi nonostante l’eccessivo rigore dell’inverno in Polonia e…