Le Opere di Misericordia Spirituali – Pregare Dio per i Vivi e per i Morti

Le Opere di Misericordia consigliate dalla Chiesa non hanno priorità l’una sull’altra, ma tutte sono di uguale importanza

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Considerando che Gesù, nella sua grande Misericordia, ha sempre pregato per tutti noi e ancora adesso prega, nel suo tempo eterno, pregare per gli altri è una carità di insostituibile intercessione per i vivi e per i defunti. Jean Francois Millet (1814/1875), uno dei maggiori esponenti del realismo, racconta: “Questo è un quadro che ho dipinto ricordando i tempi in cui lavoravamo nei campi e mia nonna, ogni volta che sentiva il rintocco della campana, ci faceva smettere per recitare l’angelus in memoria dei poveri defunti”. Ha proprio il titolo di “Angelus” il quadro, ora al museo d’Orsay a Parigi, commissionato nel 1858/59 e ammiratissimo dal grande Dalì. Millet, proveniente da una famiglia di agricoltori, è stato sempre attratto dalla vita dei campi e dei contadini per quella sincera umiltà che nasce dalla consapevole accettazione del loro compito che viene da Dio. In questo dipinto, i due contadini si fermano al suono delle campane di Chailly-En-Biere, che sembrano segnare le fasi e lo scorrere della vita agreste. Lasciata la carriola e il tridente, l’uomo si toglie il cappello come se fosse in chiesa, mentre la donna si curva di più per recitare la sua preghiera. La magia del raccoglimento è resa con rara intensità; tutto è sottolineato da una luce crepuscolare che proviene dall’orizzonte, che mette in controluce i personaggi e il vasto campo, dove appena si intravede la sagoma di una chiesa, rendendo la scena soffusa da un’atmosfera di alta moralità e religiosa misericordia verso gli altri.

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Il mistero dei ricordi misti al dolore, richiamano in modo forte l’idea del cimitero come luogo di silenzio e di raccoglimento, dove si cerca di accettare tutto solo grazie alla preghiera e alla speranza cristiana. L’isola dei morti di Bocklin, dipinta in più versioni, la prima versione del 1880 al museo d’arte di Basilea, inizialmente legata alla morte di sua figlia durante il suo soggiorno a Firenze dal 1874 al 1885, condensa le due concezioni opposte legate all’idea del passaggio dalla morte all’eternità. Arnold Bocklin (1827/1901), nato a Basilea e morto a Fiesole, è stato uno degli autori che illustrò in modo del tutto particolare la sua concezione tra vita e morte. In questo quadro pone al centro un’isola piccola, ma maestosa che si erge dall’acqua scura, davanti ad un cielo percorso da nubi grigie. Una barca si dirige verso l’isola con un misterioso personaggio ammantato di bianco, come una statua che orna le tombe, che sembra sorvegliare una piccola bara collocata a prua, mentre il barcaiolo tuffa i remi nell’acqua senza far rumore. Le rocce che, ripide e imponenti accolgono il folto gruppo di alti cipressi che nascondono l’ingresso, sembrano invitare al raccoglimento e alla preghiera anche attraverso una luce particolare che rende vivi i colori della natura e addolcisce il senso del dolore e della morte.

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Un respiro di umile speranza che conduce alla bellezza della preghiera, lo possiamo trovare in alcuni quadri di Vincenzo Cabianca, nato a Verona nel 1827 e morto a Roma nel 1902. In stretto contatto con i macchiaioli toscani, ne divenne un significativo esponente della vita quotidiana, approfondendo la resa di luce e ombra attraverso il sapiente accostamento di macchie di colore.  Nei due quadri intitolati “Mattutino” e “Le Monachelle”, ci sembra di assaporare il tempo dedicato  alla preghiera. Dalla solitaria orazione di un sacerdote, alla piccola comunità di suore che dall’alto di un convento o di un’isolata chiesetta, si affacciano da un parapetto che permette la vista sul mare, la mente va all’infinita creazione di Dio. É la preghiera dei vivi e dei morti, a cui certamente i protagonisti, lontani da ogni frastuono, si dedicano con serena attenzione, che ci coinvolge nell’apprezzare questa importante opera di misericordia.

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Un altro grande osservatore della realtà vicina al suo tempo, è stato Luigi Nono (1850//1918) esponente di rilievo della scuola veneziana e docente di pittura all’Accademia di Venezia e Bologna. A lui dobbiamo un’opera che ci riporta all’ormai passato tempo in cui ci si riuniva per pregare nelle piccole corti o nei cortili delle umili case fuori città: “La preghiera della sera”. La scena è ambientata nella piazzetta di Tortesen (Feltre), dove una comunità, per lo più contadina, si ritrova per pregare insieme, presso un muretto che sostiene un’edicola. Uomini e donne, anziani e bambini, quasi tutti in ginocchio, con grande dignità e raccoglimento, sono rivolti verso l’edicola in cui l’autore non mostra a chi è dedicata, per dare più importanza al gruppo che prega. I colori caldi delle vesti, del selciato sconnesso e delle case, in armonia con il verde degli alberi da cui emerge in lontananza una grande montagna bianca, rendono quasi partecipe l’osservatore di questa intima preghiera che va ai vivi e ai cari defunti. Certamente la nostra preghiera non può essere eguagliata a quella di Gesù, così sofferta nell’orto degli ulivi e così costantemente misericordiosa per chi soffre, ma sempre sarà una priorità da non trascurare nelle nostre giornate e nelle notti insonne.

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