Il Giubileo nella Sacra Scrittura
L’analisi della nascita del Giubileo e il richiamo alla Sacra Scrittura
“Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell’espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra.
Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia.
Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è un giubileo: esso sarà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi.
In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà. Quando vendete qualcosa al vostro prossimo o quando acquistate qualcosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello.
Regolerai l’acquisto che farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l’ultimo giubileo: egli venderà a te in base agli anni di raccolto. Quanti più anni resteranno, tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo, tanto più ribasserai il prezzo, perché egli ti vende la somma dei raccolti.
Nessuno di voi opprima il suo prossimo; temi il tuo Dio, poiché io sono il Signore, vostro Dio” (Levitico 25,8-17).
La Genesi
Secondo il capitolo 4 del libro della Genesi, il patriarca biblico Lamec, discendente di Caino, ebbe due figli: Yabal, considerato il capostipite di tutti gli allevatori di bestiame nomadi (beduini che vivevano nelle tende) e Yubal suo fratello, considerato il primo ad aver inventato gli strumenti a fiato, ricavati dalle corna degli arieti (shofàr).
Yòbel (pronunciato Yòvel) in ebraico indica più precisamente l’ariete, e in particolare le corna d’ariete. Come risulta evidente, la parola Giubileo deriva da questo strumento e dal suo suono particolare, in quanto legato ad un avvenimento speciale che segnava l’inizio di un anno di “grazia” (Isaia 61), un anno di pausa, di riposo, in una società ancora molto legata alla terra, ai suoi ritmi e ai suoi prodotti.
Quando il brano del Levitico parla di anno di “liberazione” (deror), indica la possibilità di scorrere liberamente, come un corso d’acqua a cui vengono tolti gli sbarramenti o un cavallo che viene lasciato correre libero.
Come ogni settimana deve avere il suo giorno di riposo (shabbàt), in cui ci si ferma dal lavoro per dedicarsi alla famiglia, a se stessi, alla relazione con Dio cui dobbiamo tutta la nostra felicità, così ogni sette anni la legge ebraica parla di “anno sabbatico” e ogni 49 anni di un anno particolare: il Giubileo.
Agricoltura e allevamento
Ora anche noi siamo chiamati a riscoprire la saggezza di queste disposizioni. Chi si dedica all’agricoltura, sa che anche la terra ha bisogno di ossigeno, di riposo. Se viene sempre e continuamente sfruttata, i frutti che ci dona sono sempre meno. Non parliamo del difficile discorso sulle proprietà: nel cinquantesimo anno, ciascuno poteva riscattare proprietà di famiglia perdute, poteva tornare alle proprie case, gli schiavi rimandati liberi.
Il testo di riferimento qui è Deuteronomio al capitolo 15, in cui la Bibbia ci invita a “sospendere il diritto su ciò che è tuo”, ossia condonare i debiti. Grande insegnamento che ci invita a liberarci e a combattere la cupidigia, il desidero sfrenato di accumulare, senza neanche sapere se potremo tranquillamente godere del frutto di tante fatiche.
Non sappiamo se queste leggi, siano mai state veramente messe in pratica, anche se proclamate solennemente nel libro del Levitico che più di altri nella Bibbia sottolinea non solo la legislazione e i confini giuridici in cui muoversi, come società di persone umane, ma la santità stessa di Dio: “Siate santi perché Io, il Signore vostro Dio, sono santo”.
Da queste antiche forme arcaiche di Giubileo, legate alla terra, all’agricoltura e all’allevamento, anche nel mondo ebraico si è passati ad una fase successiva. La troviamo in un libro dove si parla già di un popolo di Israele in esilio, in diaspora, ossia disseminato in varie nazioni del mondo.
E’ la profezia del libro di Daniele al capitolo 9. Qui il giovane Daniele, con l’aiuto dell’arcangelo Gabriele, riflette sulle parole del profeta Geremia, che aveva parlato di un tempo di 70 anni per la liberazione di Israele, deportato in Babilonia.
Il testo viene interpretato come “70 settimane di anni”, ossia 490 anni. Il profeta Daniele si sente annunciare dall’arcangelo: un tempo di “settanta settimane per il tuo popolo e per la tua santa città, fissate per mettere fine all’empietà, per mettere i sigilli ai peccati, espiare l’iniquità, stabilire una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei Santi” (Daniele 9,24).
Nuovo Testamento
E’ un testo misterioso, che viene ripreso nel Nuovo Testamento dall’ultimo libro che ci viene consegnato dalla tradizione cristiana, l’Apocalisse di Giovanni.
Tuttavia questo “mistero” potrebbe diventare semplice se consideriamo che da sempre, secondo la spiritualità biblica ebraica, il tempo umano è stato suddiviso non in decadi (come facevano i Romani) ma in periodi di sette giorni che, con i suoi multipli (49 o 490) indicano pur sempre che noi esseri umani dobbiamo inserire delle pause nel nostro tempo, prenderci del tempo in cui smettere di pensare unicamente al guadagno, al sostentamento (cose peraltro più che lecite), smettere di pensare allo sfruttamento del prossimo e all’arricchimento illecito per trovare gioia (iubileum in latino da giubilo), felicità, pace nella nostra vita e in quella di chi ci circonda anche grazie a gesti concreti di solidarietà con i meno fortunati, di condono e perdono, di liberazione e pace.
Bisogna tuttavia aspettare fino all’anno 1300 per una codificazione nel mondo cristiano di una celebrazione come l’anno giubilare biblico. Inizialmente la scansione era ogni cento anni, per arrivare ai 25 attuali, per il Giubileo ordinario (ne esistono anche di straordinari). Venne da subito chiamato, come già nel testo del Levitico, anno santo.
Nella mentalità biblica “santo” indica qualcosa o qualcuno di “separato”, distinto dalla quotidianità, dalla ferialità. Uno spazio, un luogo, un tempo, una persona “separata” da tutto ciò che non è la pienezza di felicità per cui noi esseri umani siamo stati creati.
Nella distinzione – sempre secondo la Bibbia – vive la nostra creazione: la possibilità della vita umana è fondata proprio sulla legge della separazione (luce e tenebre, parola e silenzio, uomo e donna, bene e male, ecc.). Senza questo, tutto sarebbe confuso, e ogni tentativo di confusione significa ritornare al caos primordiale, dove non c’è possibilità di vita, tantomeno di una vita serena, bella, pacifica, gioiosa e luminosa.
Gesù stesso, nella sinagoga di Nazaret (secondo l’evangelista Luca), esce dall’anonimato della sua bottega di falegname e inizia la sua vita pubblica annunciando come “compiuta” in Lui la parola tratta dal testo di Isaia che gli viene proposto alla lettura: “Sono venuto a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi e a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Luca 4,16-21). Noi cristiani possiamo a ragione dire che il Giubileo coincide con la venuta e l’agire in terra di nostro Signore Gesù Cristo.
Da queste poche parole, possiamo, pertanto, solo intuire qualcosa della straordinaria ricchezza di significati che si viene a condensare nel termine Giubileo e nell’anno che stiamo per iniziare.
Un anno in cui la parola chiave è ancora una volta la Misericordia. Il Levitico parlava di anno di “espiazione”, termine che noi associamo normalmente ad una qualche forma di flagellazione di noi stessi, un macerarsi nel proprio pentimento. Anche se il pentimento rimane una componente importante della vita umana, tuttavia il termine originale richiama alla “copertura” (kippur) che Dio compie nei confronti della nostra debolezza e del nostro fallire il bersaglio (peccato).
Anno di misericordia di Dio, quindi, nei nostri confronti e misericordia tra noi esseri umani, chiamati a perdonarci a vicenda come Dio perdona a tutti noi. Anno in cui togliere (o cercare perlomeno di farlo) tutto ciò che impedisce la nostra libera corsa verso il Signore Gesù, nostra Pasqua, nostra liberazione, nostro “Giubileo”, nostra gioia e luce.
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