Don Ferdinando Colombo: Consolare gli Afflitti
Attualizzare le opere di misericordia con lo sguardo di don Ferdinando Colombo
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore, lo Spirito di verità, che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14, 25-26).
Un’icona evangelica, misteriosa e profonda della consolazione degli afflitti è quella che riguarda Gesù la notte della sua passione.
«Giunto sul luogo, disse loro: “Pregate, per non entrare in tentazione”. Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza». (Lc 22,39-45)
Il dolore di Gesù riempie di tristezza i suoi discepoli, che sfuggono l’afflizione di Gesù, rifugiandosi nel sonno. Solo un angelo, che viene dal cielo, può stare vicino a Gesù e consolarlo: non si sa cosa abbia fatto o detto, ma dona a Gesù la forza di entrare profondamente nella lotta e di non essere preda della disperazione. (Comunità Beato Paolo VI)
Forse mai come in questo tempo di dittatura del relativismo l’uomo – che è sempre e comunque “mendicante di significato e compimento” – è manchevole di senso e di prospettiva, e perciò afflitto. L’uso massiccio di farmaci ansiolitici – in tutto il mondo – ce ne fornisce un segnale attendibile e allarmante.
La mancanza di beni, materiali e spirituali; la malattia e la sofferenza; il disorientamento e l’abbandono causano il nostro pianto. Chi dunque lo può consolare?
E che caratteristiche deve avere la consolazione per essere efficace? Gesù, prima di salire al Padre, ha promesso agli uomini il Consolatore perfetto, come è chiamato nella sequenza del Veni Sancte Spiritus: Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo.
Paraclito è il termine con cui san Giovanni nel suo vangelo indica lo Spirito Santo. Tratto dal linguaggio giuridico, l’equivalente latino è advocatus, letteralmente “chiamato vicino”, l’avvocato inteso come difensore e per estensione consolatore. Nei testi giuridici indica, in un processo, “colui che sta al lato dell’accusato” per difenderlo. (Chiara Mantovani)
Chi si propone di consolare gli afflitti non resterà mai disoccupato in questo mondo; consolare gli afflitti è senza dubbio una delle opere di misericordia più praticabili e di cui si ha sempre bisogno, ma che certo non si può delegare a una istituzione assistenziale.
Papa Benedetto XVI scrive al numero 28 della sua enciclica Deus caritas est (Dio è amore): «L’amore — caritas — sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo. Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto. Sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di necessità materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo.
Lo Stato che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventa in definitiva un’istanza burocratica che non può assicurare l’essenziale di cui l’uomo sofferente — ogni uomo — ha bisogno: l’amorevole dedizione personale. Non uno Stato che regoli e domini tutto è ciò che ci occorre, ma invece uno Stato che generosamente riconosca e sostenga, nella linea del principio di sussidiarietà, le iniziative che sorgono dalle diverse forze sociali e uniscono spontaneità e vicinanza agli uomini bisognosi di aiuto. La Chiesa è una di queste forze vive: in essa pulsa la dinamica dell’amore suscitato dallo Spirito di Cristo».
Gli afflitti non vanno confortati ma consolati. L’uso del verbo “consolare”, (da non confondere con “confortare”), indica un’azione positiva che, rispondendo alle necessità altrui, annulla le cause di sofferenza e ricrea le precedenti condizioni di benessere. Mentre il conforto si limita a una pia quanto inutile esortazione morale, la consolazione deve mirare all’ eliminazione delle cause della sofferenza. Quando ciò non avviene la consolazione si trasforma in molestia come si lamenta Giobbe, afflitto da un’enormità di disgrazie, con gli amici che cercano di fargli comprendere il motivo di tan- te sventure: “Ne ho udite già molte di simili cose! Siete tutti consolatori molesti. Non avran termine le parole campate in aria? Anch’io sarei capace di parlare come voi se voi foste al mio posto: vi affogherei con parole… vi conforterei con la bocca…” (Gb 16,1-4) (Alberto Maggi)
Consolare è una fatica che esige un lavoro su di sé. Le parole e gli atteggiamenti di chi porge le condoglianze sono spesso la fiera della superficialità, il trionfo dell’imbarazzo, un doveroso rituale a cui non ci si può sottrarre ma di cui non si è all’altezza.
Solo chi ha vissuto un lutto e ha saputo abitarne il dolore, assumerne il vuoto, lasciarsi plasmare dalla mancanza, può nobilitare, con la sua discrezione e la sua intelligenza di ciò che sta avvenendo nell’animo di chi è nel lutto, quell’incontro. E le parole o i gesti “adeguati” compiuti nei confronti di chi era nel lutto, restano scolpiti nella memoria di chi li ha ricevuti come gemma preziosa e rara. Tanta è la forza della consolazione. (Francesco Lamendola)
Un giornalista chiedeva insistentemente di poter fotografarle gli occhi perché “la Madre aveva un volto brutto, ma gli occhi più belli e felici, mai visti neppure in attori, regine, modelle…”. Madre Teresa avendolo sentito rispose: “Vuole sapere perché i miei occhi sono tanto felici? Il segreto è molto semplice: i miei occhi sono felici perché le mie mani asciugano tante lacrime! Faccia anche lei così, le assicuro che proverà la stessa gioia!” (Testimonianza del card. Angelo Comastri)
Preghiera
Alla Madonna della Consolazione scelta da Dio a diventare Madre del Salvatore per opera dello Spirito Santo,
ascolta benigna le nostre preghiere:
Tu, che hai piedi della Croce hai vissuto momenti di indicibili dolori, sai comprendere coloro che piangono e hai potere di asciugare
le nostre lacrime.
Ti supplichiamo: soccorri e consola, con materno amore, quanti Ti invocano fiduciosi da questa valle di pianto.
Visita le nostre famiglie, conforta gli ammalati, proteggi i bambini e i giovani,
fai tornare sul retto sentiero quanti lo hanno smarrito.
Tu che ora sei accanto al Divin Figlio, certamente beata, sostieni la nostra fede, ravviva la nostra speranza,
accresci la nostra carità, affinché, seguendo i tuoi mirabili esempi, possiamo un giorno raggiungerTi nella felicità eterna. Amen
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Immagini
- “Le Opere di Misericordia“, don Ferdinando Colombo