Don Ferdidando Colombo: Seppellire i Morti
Attualizzare le opere di misericordia con lo sguardo di don Ferdinando Colombo
Neppure quest’ultima opera di misericordia corporale è così semplice e scontata come si sarebbe tentati di pensare. Vittime degli odi e delle guerre, innumerevoli esseri umani restano sulla terra cadaveri. Forse, neppure ci commuoviamo. Gli interventi rispondono più a preoccupazioni igieniche o mediche, che non a moti di compassione.
Comunque ho l’impressione che l’evento più sicuro della nostra vita, la sua conclusione, ai nostri giorni navighi in brutte acque, svestita del mistero e della serietà che le compete. Di fatto, l’atteggiamento verso “nostra sorella morte” – come la chiamava San Francesco – oggi è quello di una tremenda paura. L’idea stessa viene rimossa.
Non se ne parla. Diciamo, in modo impersonale, che “si muore”, ma non consideriamo seriamente che un giorno o l’altro anche noi moriremo. È un problema che riguarda gli altri. (Valentino Salvoldi)
Continua una strage silenziosa nel Mediterraneo
È quanto denuncia il Direttore Generale della Fondazione Migrantes, Monsignor Gian Carlo Perego.
Ma lasciamo la parola a Papa Francesco:
Chi è responsabile? Tutti e nessuno!
«Anche oggi questa domanda emerge con forza: Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io.
Ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto.
La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza.
Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!
Adamo dove sei? Caino, dov’è il tuo fratello?
Sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia dell’umanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi. Ma io vorrei che ci ponessimo una terza domanda: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo? Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!».
Erode ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a ripetersi… Domandiamo al Signore che cancelli ciò che di Erode è rimasto anche nel nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi come questo. «Chi ha pianto?». Chi ha pianto oggi nel mondo?» (Dall’omelia di papa Francesco a Lampedusa, 8 luglio 2013)
Non avrete il mio odio
L’amore è più forte dell’odio. E la vita più forte della morte. Lo si comprende ancora una volta leggendo il post struggente scritto sulla sua pagina Facebook da Antonie Leiris, il compagno di una delle 89 vittime del teatro Bataclan a Parigi.
«Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio». (Massimo Gramellini)
Questa settima meditazione conclude le opere di misericordia corporale
Possiamo riassumerle dicendo che sono le opere della carità, di cui la prima è purificare il nostro amore, cioè amare veramente. Senza dimenticare che l’amore vero si traduce in gesti concreti: siamo chiamati a ricordarci che noi siamo amore e che, amando, ci trasformiamo in Amore. Per questo la morte non avrà su di noi l’ultima parola. Una tomba è troppo piccola per contenere il nostro amore. Risorgeremo.
PREGHIERA di Suor Anna Maria Canopi
Resta con noi, Signore Gesù,
perché senza di te il nostro cammino affonderebbe nel buio della notte. Resta con noi, Signore Gesù,
per condurci sulle vie della speranza che non muore e nutrirci con il pane dei forti che è la tua Parola.
Resta con noi, Signore,
fino all’ultima sera quando, chiusi gli occhi,
li riapriremo sul tuo volto trasfigurato dalla gloria
e ci troveremo anche noi fra le braccia del Padre nel Regno dell’eterno splendore. Amen.
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Immagini
- “Le Opere di Misericordia“, don Ferdinando Colombo