Suore, missione, mutamenti. L’altra metà della Chiesa

Su Popoli e Missione, l’articolo di Miela Fagiolo D’Attilia apre il dossier “Consacrate nel mondo, protagoniste della Chiesa in uscita”

(di Miela Fagiolo D’Attilia)

Vivace, ricco di fermenti e in trasformazione. È il mondo delle consacrate che si incarna in mille storie, in infinite testimonianze e molti ruoli che rappresentano oggi l’universo femminile all’interno della Chiesa.

Ma c’è una domanda di fondo che pochi pronunciano ad alta voce e che dà il titolo ad un libro appena pubblicato: “Vita da suore: ne vale la pena?” (Cafagna Editore), di cui ci parla l’autrice, suor Samuela Rigon, Francescana dell’Addolorata, docente presso l’Università Gregoriana, superiora generale della sua congregazione.

Suor Samuela ha lavorato per molti anni nell’ambito formativo vocazionale ed ha un’ampia visione della galassia delle consacrate nella Chiesa sia come membro della presidenza dell’USMI, che come partecipante alla XVI Assemblea del Sinodo dei vescovi.

«Il mondo della vita consacrata femminile è molto eterogeneo, ci sono tanti frammenti come i tasselli di un mosaico – spiega –. È una enorme costellazione che racchiude grandi risorse che devono ancora essere messe in luce. Ci sono sorelle che hanno dato la vita in una maniera molto semplice e autentica, animate da una profonda vita di fede e questa non è assolutamente una santità minore. Ma ora ci troviamo in un contesto diverso: cosa proporre a una giovane donna che vuole fare una scelta religiosa?

Fino a qualche anno fa la vita consacrata era l’unico modo per impegnarsi a livello di missionarietà, oggi non più. Molto più semplice scegliere una strada che impegna temporaneamente, mentre la vita consacrata è per tutta la vita e ti lega ad uno stile di vita preciso (comunità, voti, stile di vita, tradizione). Ma l’impegno per gli altri è frutto di una scelta più profonda, legata alla misteriosa chiamata di Dio».

La chiamata a seguire Dio lungo le vie del Vangelo che portano alle periferie del mondo vede molte missionarie incarnare nuovi stili di vita religiosa e di prossimità alla gente.

Nella semplicità della vita quotidiana rappresentano nell’immaginario collettivo dei mutamenti del ruolo della religiosa nella Chiesa.

«In primo piano c’è la forza della missione intesa nel senso evangelico del dare la vita – sottolinea suor Samuela –, il Vangelo ci invita a seguire Gesù e dare la vita come ha fatto lui. Cosa vuol dire fare questo oggi? Vivere una vita piena proviene da questo aspetto. Dove c’è attenzione ai bisogni dell’altro, l’impegno della missione per il Regno di Dio è vissuto in maniera molto concreta. Per arrivare a questo bisogna superare delle fatiche relazionali, problematiche odierne come l’integrazione fra generazioni, la burocrazia istituzionale, fare fronte ai bisogni nuovi, imparare anche a comunicare con altre culture».

Si è parlato molto nell’ultimo Sinodo del ruolo delle donne nella Chiesa «non solo delle consacrate ma anche delle laiche – aggiunge suor Samuela –. Ad eccezione di alcune storie, dalla base della Chiesa non è stato fatto molto cammino, e neanche dai vertici, ad esclusione di papa Francesco che ha fatto interventi molto chiari e ha posto figure femminili in posizioni apicali.
Nel Sinodo è emerso con forza il problema del diaconato femminile. Personalmente non credo sia questo il problema, ma che ci debba porre in un’altra ottica. Nella Chiesa come nella società metà del genere umano è femminile, con uno stile di presenza che va promosso, non tanto giocando sui concetti di superiorità o inferiorità, o sui soliti stereotipi di genere che hanno fatto tanto danno, enfatizzando la posizione di sottomissione della donna. Credo che l’aspetto antropologico di complementarietà e reciprocità vada recuperato e vissuto concretamente. In quest’ottica ognuno può dare il suo contributo per il bene comune e questo riguarda tutti gli ambiti della vita della Chiesa, anche quello dell’autorità».

Se a livello teorico è facile essere d’accordo sui concetti di fondo, il problema è mettere in pratica questo cambiamento di mentalità.

«Dobbiamo riconoscere che ci trasciniamo dietro tanti modelli culturali per cui certi compiti o certi ministeri, si pensa che possano essere rivestiti solo da uomini. Ci sono alcuni contesti lavorativi, professionali, in cui per una donna è molto difficile operare, ad esempio nell’insegnamento, a livello parrocchiale, diocesano, in un ufficio, in un servizio di carità.

Un’altra problematica emersa in alcuni contesti è considerare le consacrate come mano d’opera a basso prezzo: è un tema che è stato sollevato nell’assemblea sinodale, in alcuni Paesi del mondo questo è un problema molto serio perché non c’è tutela del servizio che le donne consacrate svolgono».

(Articolo di Miela Fagiolo D’Attilia tratto dal dossier “Consacrate nel mondo, protagoniste della Chiesa in uscita”, pubblicato su Popoli e Missione, dicembre 2024, pp. 30-31)

Fonte

  • Popoli e Missione/dicembre 2024

Immagine

  • Creata digitalmente da spazio + spadoni
SEC 2024-2025
Potrebbe piacerti anche