Suor Simona Brambilla: la cultura Macua-Xirima

Riproponiamo un articolo di suor Simona Brambilla pubblicato su Missioni Consolata nel 2009, prima della pubblicazione della tesi di dottorato

Cuore Macua

Un proverbio macua dice: «Nonostante il cammino sia tortuoso, se il cuore lo desidera, arriverà alla meta».

È la sintesi efficace di una ricerca che abbiamo appena concluso a Maúa, uno studio antropologico e psicologico del processo di evangelizzazione inculturata tra i macua-xirima.

Il cuore è il protagonista principale dello studio nel senso che ne è l’oggetto e il soggetto.

Ne è l’oggetto perché lo studio si rivolge soprattutto alla componente affettiva, del pathos della persona e del popolo, cercando di comprendere come questa componente viene coinvolta nel processo di evangelizzazione.

E ne è pure soggetto, perché il viaggio in cui ci siamo inoltrati col popolo xirima non consiste in una mera speculazione accademica, bensì in un’esperienza di vita che coinvolge non solo il pensare e il fare, ma anche e fondamentalmente l’intuire e il sentire.

Le cure tradizionali

I processi terapeutici macua-xirima costituiscono occasioni particolari di reimmersione nelle tematiche iniziatiche, pertanto di approfondimento e consolidamento delle istanze educative basilari.

La costruzione dell’edificio rituale terapeutico si svolge ancora attorno al principio namulico (il mito delle origini, vedi articolo, ndr), cantato, danzato, detto, visualizzato, drammatizzato.

Il mito viene così non solo raccontato ma soprattutto rivissuto nel rito. Calato e incarnato nella situazione attuale del malato e dell’ambiente che lo circonda, ne diviene chiave interpretativa, iniettandovi speranza.

Il malato si sente partecipe di una storia più grande, di una rete di relazioni di influenza reciproca, che sostengono e illuminano il cammino individuale e comunitario salvandolo dall’anonimato e insieme inserendolo in una epopea comune che trascende il tempo, il luogo e le condizioni particolari senza svalutare gli elementi contingenti, anzi, conferendo loro un significato sacro.

Una caratteristica delle cure tradizionali xirima è di tener conto in ogni momento della molteplicità e dell’unità che caratterizzano l’esistenza umana: la terapia non riguarda un organo malato ma la persona tutta nelle sue componenti antropologiche, nel suo pensare, sentire e agire, nei suoi aspetti più consci e meno consci, nelle sue relazioni col mondo visibile e invisibile.

Riguarda il gruppo di appartenenza, perché la malattia di un individuo non si risolve in un fatto privato, ma ha legami causali con la comunità. In questo senso, la terapia xirima è personale e allo stesso tempo sociale e cosmica; è medica e allo stesso tempo psicologica e religiosa; è cura e allo stesso tempo è educazione e preghiera.

Il cuore

Per il xirima, il cuore (murima) non indica semplicemente un organo. Il murima è considerato il centro della personalità, sede dei desideri, degli affetti, delle decisioni.

La tradizione xirima abbonda di testi sul murima considerato in questa accezione più ampia di coscienza individuale. I molti proverbi ci illuminano sull’importanza del murima nell’antropologia macua-xirima.

Il xirima è consapevole che il cuore merita molta attenzione nei processi educativi: educare a pensare e ad agire non basta, perché «il pensiero non supera il cuore» ed è il cuore a «comandare», a «compiere il bene», a «contenere molte cose», a conferire alla persona la tenacia per arrivare là dove desidera, ad amare, oppure a cambiare direzione secondo i venti, a ritirarsi pieno di vergogna, a pietrificarsi in una avarizia che somiglia alla morte.

Educare se stessi, allora, significa saper «ingannare» il proprio cuore, orientarlo, senza mai spegnere i desideri. Significa renderlo flessibile, duttile e capace di adattarsi, come quello di Dio che sa «cambiare colore» a guisa del camaleonte.

Il cuore non si compra, non ha prezzo; il cuore buono viene paragonato poeticamente a una luna interiore, con tutta la carica simbolica, femminile e matea, che la luna riveste nel mondo xirima.

A ragione, allora, la sapienza xirima incoraggia a guardare non tanto al volto (bello o meno) dell’altro, ma al suo cuore, a quella dimensione interiore che lo rende pienamente persona: in verità, la persona è il suo cuore.

L’ombra

La persona è costituita da tre componenti: corpo (erutthu), ombra (eruku) e spirito (munepa). Il corpo è assieme all’ombra, mentre la persona è viva. Quando la persona muore, la sua ombra è con il suo spirito.

La componente dell’ombra si rivela come quell’elemento di unione tra corpo e spirito, quella dimensione intermedia, fluida, mobilissima della persona, capace di armonizzare le altre due componenti, integrandole e orientando le energie dell’essere alla missione che gli è stata affidata. In questo senso, l’eruku rappresenta la parte più forte ma anche più vulnerabile della persona.

Un eruku positivo e vitale si traduce in una persona che fa e promuove il bene in sé e attorno a sé. Un eruku indebolito è alla radice di molti problemi personali, tra cui gli stati depressivi, e di molte difficoltà interpersonali. Di fatto, l’attività del terapeuta tradizionale macua è prevalentemente rivolta alla fortificazione e rivitalizzazione dell’eruku, così come l’attività dello stregone è rivolta alla mortificazione, all’indebolimento quando non addirittura alla sottrazione di questo elemento vitale.

L’eruku xirima entra facilmente in dialogo con ciò che da altre parti del mondo si chiamerebbe pathos, sfera emotiva, subconscio. Le porte della sapienza macua sembrano davvero aperte al dialogo con altre sapienze.

L’esperienza macua è particolarmente recettiva alla questione dell’educazione olistica della persona e a un’educazione che abbia il dovuto riguardo alla componente del sentire. Si aprono delle piste di dialogo interdisciplinare sull’evangelizzazione.

L’attenzione alle «cose del cuore» è almeno tanto importante quanto l’attenzione alle «cose dello spirito» o a quelle della mente e del corpo. E questo vale per l’individuo come per la cultura.

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