Sante coincidenze nell’Istituto Canossiano
Ci sono due date che sembrano coincidenze nella storia dell’Istituto Canossiano: sia la fondatrice Maddalena di Canossa sia Bakhita sono state canonizzate, a 12 anni di distanza, nel mese di ottobre: la prima il 2 e la seconda l’1
Il commento della canossiana suor Liliana Ugoletti è, oggi, ancora attuale e, nella giornata dedicata a santa Bakhita e alla tratta contro gli esseri umani, ci offre uno spunto di riflessione
(di suor Liliana Ugoletti, Canossiana)
La cronologia, le distanze di tempo e di spazio non spengono l’intensità e la saldezza dei legami, né la vitalità del ricordo, quando si tratta di avvenimenti che toccano la tua famiglia.
A distanza di 12 anni, con la Canonizzazione di Bakhita, è stato celebrato lo stesso canto di lode che coronò di gloria S. Maddalena di Canossa, il 02 ottobre del 1988.
Spontanea la battuta, all’annuncio della data della nuova Santa in Casa Canossa:
“Ma come, nel calendario dei Santi, la Figlia precede la Madre?”.
Come al solito, noi, amanti della logica, ci dimentichiamo che nell’habitat dei “beati” non c’è né prima, né poi. I puri di cuore hanno tutti le mani pulite e possono tranquillamente e indistintamente sedersi alla mensa del Grande Banchetto.
Senza pensare alla soddisfazione della Madre nel vedere che la propria figlia troneggia sul mondo, non perché ha gridato per convincere, non perché ha reclamizzato abbagli per attrarre, ma perché con la sua semplicità, modellata sull’esempio del “Paron”, è riuscita a tradurre in musica melodiosa anche le note più impegnative del Vangelo.
Uno strumento nell’originale orchestra della vita, dove tutti abbiamo il nostro pezzo da interpretare.
Ottobre è, allora, una piacevole coincidenza e non è l’unica per le due donne delle beatitudini.
Due storie, nel racconto tanto distanti: la nobile e la schiava si incrociano proprio là, in quei passaggi che preparano all’ integrità della vita, dove si privilegia l’Amore, dove ogni scelta è nella pace e per la pace.
È proprio vero che quando l’uomo prova a volare in alto, tutto ciò che lo lega alla miseria umana non ha più senso!
Se un brivido di elettricità attraversa il corpo pensando alla brutalità che ha rapito la felicità della piccola africana, non possiamo neppure sottovalutare che anche Maddalena, a soli cinque anni, dovette sperimentare la tristezza ed il vuoto degli affetti più cari.
Bakhita, la “Fortunata”, passa la sua adolescenza e giovinezza incatenata nel corpo da anelli sempre più spessi: la giovane, nobile Canossa, in ben altra atmosfera, si divincola e si difende da lacci eleganti e sofisticati.
Se l’una deve resistere per non soccombere alla fame, alla fatica, alle torture,
l’altra deve costantemente purificarsi dall’inquinamento della ricchezza, dal chiasso di un mondo frivolo, perché non venga meno l’ansia della ricerca di quei “perché” che motivano la vita.
Per entrambe c’è “finalmente”, l’abbraccio con Dio, con “el Paron”, in un contesto tutt’altro che dolce o estatico, come spesso pensiamo abbiano i santi.
“Dio solo” si manifesta a Maddalena nelle singolari doti di amabilità, generosità, pazienza di cui interprete esclusivo ne è il Figlio, Gesù Crocifisso. Coincidenza: sono le stesse qualità che ritmano e valorizzano il quotidiano di Bakhita.
Non conosce ancora il Signore nella sua terra d’Africa, ma dentro è già suo.
Ricchezza e povertà si incontrano e si interrogano:
“Chi è mai questo Signore che accende in cielo le Stelle?”
“Guarda e fai…”.
Prima l’una, poi l’altra si abbandonano al mistero: nell’umiltà e nella povertà si fanno serve dei poveri.
Non è difficile per Madre Giuseppina Bakhita entrare in sintonia con questa spiritualità. Lei, la vera povera, interiormente libera e aperta alla grazia; lei, la vera umile, che, in modo dolce e pacifico, riconosce ovunque la bontà misericordiosa del Signore del mondo.
Maddalena e Bakhita si lasciano educare dal “Maestro” della vita e nel continuo distacco, nel silenzio e nella preghiera sono preoccupate della sua Gloria: che sia conosciuto e amato.
Se Maddalena Fondatrice è l’anima del carisma Canossiano, Madre Giuseppina Bakhita, prima Sorella Africana del Sudan, è il segno più eloquente dell’universalità missionaria.
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente donate…”.
Grazie a loro, ci è dato di varcare la soglia del terzo millennio con quello zelo di carità che trasforma, fortifica, rende capaci di cose impensate.