Quando la Misericordia è Anche una Questione di Equità
Se la misericordia è un sentimento generato dalla compassione, sarebbe necessaria una bilancia, perché è anche una questione di equità, vale a dire trattare una notizia allo stesso modo. E, in questo caso, le persone
Per un mese intero, tutta Italia ha parlato del Bayesian, una barca a vela inglese di 56 metri affondata a Porticello, in Sicilia, con 22 persone a bordo.
Il 3 ottobre scorso, un’altra tragedia dell’acqua. Ma stavolta in un Paese che non fa notizia – la Repubblica Democratica del Congo – e con il naufragio di un battello nel lago Kivu, al largo di Goma, a 30 Km da Butembu. Erano 278 i passeggeri del “Merveille de Dieu” (ma forse, anche di più), partiti da Minova, a Sud, e diretti a Goma. Il natante, stracarico di merci e di persone, si è praticamente capovolto a 700 metri dalla costa.
Non si sa ancora quanti siano i morti, ma si parla almeno di un centinaio di morti e, nel silenzio generale, si cercano i corpi.
Non è la prima volta che succede; già nel 2019 c’era stato un naufragio simile. Il problema è che, anche a causa della guerra e delle strade dissestate e pericolose, gli spostamenti via terra sono sempre più difficili e battelli come questo vengono sovraccaricati anche di viveri.
Padre Giovanni Piumatti, che in quelle zone ha vissuto per 50 anni, da Pinerolo denuncia l’indifferenza verso questa ennesima tragedia: «Le vittime sono andate in fondo al lago, ma la verità verrà a galla, anche se non grazie ad un’informazione mediatica divenuta purtroppo sempre meno credibile». La ragione, continua il missionario, è che «ciò succede in Africa e, in particolar modo in Congo, non deve attirare l’attenzione della comunità internazionale, perché così si può procedere allo sfruttamento criminale dei ricchi giacimenti minerari. Non si comprende, infatti, il motivo di questa diseguaglianza nei confronti della morte».
A seguire, le dichiarazioni da Goma di Rodrigue Bidubula, un abitante di spazio + spadoni
«Intorno alle 11 del 3 ottobre, al largo della costa di Goma, mentre si avvicinava al porto di Kituku, a quasi 700 metri dall’attracco, l’imbarcazione Merdi proveniente da Minova, nel Sud Kivu, è affondata nelle acque del lago Kivu, con centinaia di persone e il carico di merci a bordo.
Ad oggi, il bilancio complessivo non è ancora stato stabilito e ci si affida alle testimonianze delle famiglie per ricostruire le liste; gli esperti riferiscono che l’imbarcazione si trova a 200 metri di profondità.
Il porto di Kituku a Goma, che rifornisce la città di Goma di prodotti alimentari provenienti da Minova, come molti altri, non dispone di un sistema di sorveglianza del traffico lacustre.
Questo è l’ultimo di una serie di naufragi avvenuti in tutto il Paese in soli sei mesi. Incidenti che hanno coinvolto barche di legno, spesso mal equipaggiate e inadatte a navigare sui fiumi e nei laghi, per via della mancanza di infrastrutture adeguate, di norme severe, di formazione degli equipaggi e di giubbotti di salvataggio, oltre che per le condizioni metereologiche avverse.
Ma quello che è appena successo a Goma è anche conseguenza della guerra, che ha causato l’interruzione della strada Goma-Minova. Dall’occupazione della città di Shasha da parte dell’M23, gli abitanti di Minova hanno dovuto infatti attraversare il lago Kivu per raggiungere Goma.
La popolazione ha lanciato l’allarme alle autorità, chiedendo la riapertura delle strade occupate dai ribelli, per non dover correre più il rischio di attraversare il lago Kivu.
Le famiglie sono inconsolabili. Angosciate, stanno organizzando il loro lutto pur non essendo riuscite a rintracciare i loro cari. Altri trascorrono intere giornate in riva al lago nella speranza di vedere i corpi affiorare in superficie. Deplorano anche il lassismo delle autorità nell’effettuare un’accurata ricerca subacquea delle vittime.
Di fronte a questo disastro, al di là di alcune misure adottate,la prima leva dovrebbe essere quella di regolamentare i trasporti rafforzando le infrastrutture. In più, bisognerebbe investire in una campagna educativa, oltre che formare al primo soccorso.
Rafforzando le normative, sensibilizzando l’opinione pubblica e modernizzando le infrastrutture, il Paese potrebbe ridurre notevolmente il numero di incidenti marittimi e offrire ai passeggeri condizioni sicure per i passeggeri».