Pentecoste
Letture: At 2,1-11; Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16,12-15
“Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo!” (At 19,2), dicono alcuni discepoli a Paolo ad Efeso: credo che molti che si dicono cristiani, oggi, potrebbero rispondere alla stessa maniera. Non per niente lo Spirito Santo è stato definito “il Grande Dimenticato”. Eppure nel “Credo” sempre ribadiamo: “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita”, e nella IV Preghiera Eucaristica lo definiamo “Primo dono ai credenti”! Il Vangelo odierno lo chiama “Paraclito” (Gv 15,26): il termine “paràkletos” può avere più significati: come passivo di “parakalèin” è il “chiamato vicino”, l’avvocato difensore o meglio, in Giovanni, il testimone a favore in un processo; in forma attiva “parakalèin” è “colui che si fa vicino”, il protettore, l’amico, il consolatore; correlato a “paràklesis“, è colui che esorta, che incoraggia. Non è casuale che Girolamo, traducendo il Vangelo in latino nella cosiddetta Vulgata, abbia preferito mantenere la semplice translitterazione dal greco, “paracletus“, per mantenere tutti i significati.
Nell’Antico Testamento troviamo spesso esempi di relazioni strette tra due personaggi, di cui uno muore o scompare di scena e l’altro ne prende il posto raccogliendone lo spirito: Mosè e Giosuè (Dt 34,9), Elia ed Eliseo (2 Re 2,9.15)… Per Giovanni, colui che egli chiama “un altro Paraclito” (14,16) è un altro Gesù. E poiché il Paraclito può venire solo quando Gesù se ne va (16,7), il Paraclito è la presenza di Gesù quando Gesù è assente.
Egli è lo Spirito di verità (14,17; 15,26; 16,13; 1 Gv 4,6; 5,6), maestro interiore dei discepoli, che non solo ricorda loro l’insegnamento di Gesù (14,26), ma glielo fa comprendere, guidandoli alla verità tutta intera (16,13). Inoltre Egli rende testimonianza a Gesù contro il mondo (15,26), e pone sotto giudizio il mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio (16,8-11). Lo Spirito procede dal Padre, che lo invia nel nome di Gesù (14,16.26): ma anche Gesù lo invia autonomamente (15,26; 16,7): i Concili Ecumenici cattolici concluderanno che è la Terza Persona della Santissima Trinità, che “procede dal Padre e dal Figlio”.
Effuso sui discepoli, lo Spirito inabita nei loro cuori; in Gv 14,16-17, in uno stupendo crescendo, non solo si afferma che Egli è con (“metà“) i credenti, ma che è presso (“parà“) di loro, anzi in (“en“) loro: essi sono così diventati “Pneumatofori”, “Portatori dello Spirito Santo”. La Chiesa stessa è “tempio vivo dello Spirito” (Pref. VIII per annum). La vita secondo lo Spirito è la condizione del cristiano (De La Potterie): guai invece a meritarci il rimprovero di Stefano ai Giudei: “O gente testarda e pagana nel cuore, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo!” (At 7,51). E’ perciò necessario: “vivere e nutrirsi dello Spirito…, camminare nello Spirito,.., lasciarsi guidare dallo Spirito, essere strumenti docili nelle mani dello Spirito, arpe sonore di preghiera, frutti dello Spirito… Solo così il cristiano si costituisce come “lettera scritta non con l’inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente” (2 Cor 3,3)” (Pedrini).
È soprattutto “Nella Liturgia,… che la virtù dello Spirito Santo agisce in noi mediante i segni sensibili” (LG, n. 50): il Santo Curato d’Ars diceva: “I sacramenti che Cristo ha istituito non ci avrebbero salvato senza l’azione dello Spirito Santo”. Ed è per questo che nella celebrazione di ogni Sacramento momento fondamentale è l'”epiclesi” (da “epi-kalèo“, “invoco sopra”), la supplica cioè al Padre perché tramite il Figlio invii lo Spirito Santo, perché compia la sua effusione di benedizione e consacrazione.