O come Osservazione
Che lingua “parlano” i missionari? Il loro è un alfabeto di misericordia, con lettere che ridanno vita alle parole e generano opere
“Angalia, padiri…ni ajabu” (guarda padre, che meraviglia) mi diceva uno dei due capitani del nostro battello, quando arrivavamo nella baia di Mwayenga sul lago Tanganika, in Congo RDC.
In effetti aveva ragione.
Sulla destra, parte la collina che come un braccio, cinge òa spiaggia e dentro il villaggio dei pescatori.
Arrivando ci vengono incontro i bambini e gli anatroccoli che sguazzano felici come mamma li aveva fatti.
Poi cominciano i problemi. Il battellino non può arrivare fino alla spiaggia, perché rischia di insabbiarsi.
Allora ci viene incontro una piroga e bisogna fare un salto, calcolando bene i tempi per non finire in acqua. Con un po’ di fortuna, riesco nell’impresa e si fila veloci verso la spiaggia.
Tutti ci vengono incontro. Chi ti prende per mano, chi vuole portarti i bagagli e chi ti fa un sorriso che è un grazie per il tuo arrivo. Ci accompagnano fino alla casa del responsabile della comunità di settore. Tutti cominciano a farti domande ed è difficile dare delle risposte a tutti.
Dico: “Pole pole. Mniachie wakati wa kufika (piano piano. Lasciatemi il tempo di arrivare)”.
E intanto mi guardo indietro e l’orizzonte è pieno di barche di pescatori e lungo la spiaggia vedo i pesci stesi a seccare per poi andare a venderli ai barconi (i bòti) che li porteranno al mercato della grande città. Ma, per ora, mi devo accontentare di uno sguardo veloce.
Sono circondato da tanta gente. Finalmente riusciamo ad arrivare interi alla casa. Intanto i nostri due capitani avevano messo in
sicurezza il battellino, gettando l’ancora.
Ci fanno sedere e le domande continuano. Intanto le mamme fanno cuocere i pesci e un po’ di riso per i “wageni warafiki” (gli amici stranieri)”. Allora qualcuno ci lascia e segue con il naso il profumo che esce dalle pentole, poste sulle tre pietre. Chissà, pensano, se anche noi li potremo gustare! Non ci saranno problemi. Ce n’è sempre per tutti, anche un pezzettino per i più piccoli.
Anche a me viene fame. Allora passano un catino con il sapone e l’asciugamano. E poi (era ora), arrivano i vassoi con il riso e il pesce. Il padre viene servito per primo. Buonissimo il pesce (ma la fame lo rende ancora più buono). E anche gli altri, compresi quelli che ci accompagnano nel viaggio, fanno onore al lavoro delle mamme e insieme le ringraziamo.
oi, per non perdere tempo, mi lasciano un pochino di tempo per riposare, perché la giornata sarà lunga. Qualcuno, dopo mi accompagnerà a fare un giro per il villaggio e così salutare un po’ di persone e vedere il loro lavoro.
Sono molto incuriosito, quando vedo come costruiscono la piroga. Mi spiegano che è un grande tronco, trascinato fin quasi a riva. Poi viene pulito dalla corteccia e scavato all’interno. E’ faticoso, ma alla fine si è contenti per il lavoro fatto.
Naturalmente un po’ di birra di banana rende l’operazione meno faticosa. Quella è il loro mezzo di lavoro con cui vanno a
pescare. A volte ci aggiungono anche un bilanciere per renderla stabile.
Ma gli ippopotami non sempre gradiscono l’intrusione dei pescatori nel loro regno e così si immergono sotto la barca e a testate cercano di farli cadere in acqua e qualcuno ci resta per sempre.
Dopo la visita al villaggio saliamo sulla collina per diversi incontri. E lì il panorama è ancora più bello.
In basso La spiaggia che fa da cornice al villaggio e dietro, le piante di banano e la foresta che fa da sfondo. Uccelli che svolazzano dappertutto. E noi in alto che guardiamo lontano, al di là del lago, dove ci sono il Burundi e la Tanzania.
Fra poco tempo il sole comincerà a calare e riempirà di colori le acque. Sarà uno spettacolo affascinante. Il grande pittore dell’Universo è veramente un tipo speciale.
Fonte
- P. Oliviero Ferro
Immagine
- Immagine creata digitalmente da spazio + spadoni