Non è giusto che non si sappia | “La misericordia vissuta” secondo Padre Piumatti
Dai diari di p. Piumatti, fd di Pinerolo e missionario nel Nord Kivu per 50 anni. Raccontare l’Africa e restituirle la parola è un gesto di misericordia verso di essa
Stavo andando in chiesa per le Lodi, erano le 6.30, e faceva abbastanza frescolino perché aveva piovuto.
Sulla strada che viene su dalla maternità, vedo tre ragazzi con la zappetta: i due figli di Norbert, Kambale di 8 anni, non molto allegro, Mika di 5 anni tutto frizzante di gioia, ed uno più grandicello sui 13-14 anni, forse un fratello della mamma.
«Ciao Giovanni!», mi grida Mika, contento di vedermi. Scambio qualche parola; stanno andando a zappare il campo verso Vuliro sulla collina dietro la missione a 40 minuti di sentiero.
Poi, Mika mi chiede: «Mi dài un kipuliza?» (sono i palloncini che si gonfiano con la bocca… e che spesso ti scoppiano tra le labbra!).
Qualche amico che sa vedere “lontano”, ce ne ha mandate due o tre bustine; desiderati e preziosi come… le aspirine! Vado a prenderne tre in camera. Nel sacchetto prendo anche un coniglietto di stoffa e una microscopica macchinetta molto bella, ed anche tre caramelle un po’ stagionate.
Distribuisco. La gioia di quegli occhietti appartiene a quelle perle che non si possono descrivere, ma solo contemplare, in diretta.
Persino Kambale sorride, contento, anche se poco prima non mi aveva nascosto il suo poco entusiasmo. Goretti, la mamma, sicuramente ha dovuto forzare la mano quel mattino per mandarlo ai campi.
Mika fa un po’ di contestazione perché vorrebbe la macchinina di Kambale, invece del coniglietto di stoffa, ma si calma presto ed è felicissimo per il kipuliza. Mentre partono, guarda la caramella che ha in mano e poi chiede al fratellino: «Che cos’è questo?».
Kambale che è già più esperto, glielo spiega: «Si mangia, è dolce!».
Cari amici, capite? Siamo nel ventesimo secolo, a sei ore di distanza da voi, e c’è un bimbo che si chiede cos’è una caramella, è felicissimo per il palloncino gonfiabile e va a zappare alle 6.30 del mattino. Ha 5 anni! Raccontatelo; non ai bambini, ma ai genitori! Per commuoverli? Per turbarli? No! Semplicemente perché lo sappiano, perché non è giusto che non si sappia!
Fonte e immagine
- P. Giovanni Piumatti