Mater et Magistra
Lettera Enciclica di Sua Santità Giovanni XXIII sui recenti sviluppi della questione sociale, nella luce della dottrina cristiana
Nella celebrazione del 70* anniversario della Rerum novarum, il 15 maggio 1961, Giovanni XXIII pubblicò una nuova Enciclica sociale, la Mater et magistra, riguardante i recenti sviluppi della questione sociale.
L’accoglienza fatta a questo documento dal mondo intero fu molto favorevole, e ciò si spiega non solo per il contenuto, ma anche per lo stile.
Il Papa abbandona il linguaggio solenne e astratto e parla in forma popolare per rendere il suo insegnamento accessibile al pubblico. Lo stile è dialogante: in nessun punto del documento si trovano condanne, fatta eccezione per l’ateismo militante e persecutore.
L’Enciclica, in sostanza, mira ad aggiornare i documenti già conosciuti e affronta i problemi ardui di quell’epoca servendosi anche del contributo delle scienze umane.
Gli insegnamenti precedenti in materia sociale
Nella prima parte (nn 7 – 38), Giovanni XXIII, dopo aver ricordato gli aspetti più significativi e le grandi linee dell’insegnamento sociale dei suoi predecessori (nn 7 – 30), pone attenzione al mondo contemporaneo che presenta profonde trasformazioni e innovazioni: la scoperta dell’energia nucleare, l’automazione nel settore industriale, la modernizzazione del settore agricolo, la comparsa delle distanze nella comunicazione grazie alla radio e alla televisione, (n. 35); lo sviluppo delle assicurazioni, l’accentuarsi dei movimenti sindacali, gli squilibri prodottosi tra il settore dell’agricoltura e quello ampio dell’industria (n.36) e infine il tramonto dei regimi coloniali (n.37).
I nuovi problemi sociali emergenti
Nella seconda parte (nn 39 – 109) l’Enciclica affronta, in maniera dettagliata, alcune tematiche emerse negli ultimi anni, che presentano aspetti assai problematici. Gli argomenti trattati sono i seguenti.
Rapporti tra l’iniziativa privata e l’intervento dello Stato
“L’intervento statale deve avere carattere di orientamento, di stimolo, di coordinamento, di supplenza e di integrazione, secondo il principio di sussidiarietà formulato da Pio XI” (n.40), per non demolire l’iniziativa privata, bensì garantirle maggiore ampiezza e effettiva tutela (n.42).
La socializzazione
Le forme associative, con finalità economiche, politiche, sociali, culturali, professionali, sportive, ricreative sono sempre più diffuse (n.46), e lo Stato, chiamato a realizzare il bene comune, deve tener conto di queste realtà e “offrire loro quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani lo sviluppo integrale della persona” (n.51).
Tali corpi intermedi o associazioni devono godere pertanto di un’effettiva autonomia e conseguire i loro specifici interessi in collaborazione tra esse e subordinatamente alle esigenze del bene comune (n.52).
La remunerazione del lavoro
Il Papa offre dei criteri ben precisi per un giusto salario.
La retribuzione deve tener conto dell’effettivo apporto nella produzione dato dal lavoratore, ma deve essere tale da consentire un tenore di vita veramente umano anche per la famiglia del lavoratore.
Nella determinazione del salario si devono considerare anche le condizioni economiche delle imprese e le esigenze del bene comune (n.58). Auspica che i lavoratori giungano a partecipare alla proprietà delle stesse imprese, in modo che “in avvenire i capitali guadagnati non si accumulino se non con eque proporzioni presso i ricchi e si distribuiscano con una certa ampiezza fra i prestatori d’opera” (n.64).
Le strutture produttive
Giovanni XXIII ricorda che la giustizia va rispettata anche nelle imprese, in modo che la dignità umana di quanti vi svolgono le proprie attività non sia mortificata, ma sempre rispettata (n.70).
Ritiene importante valorizzare la piccola e media impresa artigiana che, per stare al passo con il progresso scientifico e tecnico, necessita di un costante aggiornamento professionale.
A tale scopo, deve essere garantita e promossa anche l’impresa cooperativistica, che assicura alle piccole imprese associate i vantaggi della grande impresa (nn 71 – 76).
La proprietà privata
Si riafferma il diritto alla proprietà privata, anche dei mezzi di produzione (n. 100), ma si riconosce allo Stato e agli enti pubblici in genere il diritto di possedere in proprietà beni strumentali, soprattutto quando essi hanno una grande rilevanza sociale, da non potersi lasciare in mano dei privati (n.103).
Il Papa però ricorda che anche in questa materia si deve seguire il principio di sussidiarietà (n.104) e chiede che le iniziative economiche gestite dallo Stato siano affidate a persone “che congiungono una specifica competenza, una specchiata onestà e un vivo senso di responsabilità nei confronti del paese” (n.105).
I gravi squilibri sociali
La terza parte (nn 110 – 196) è dedicata ai nuovi aspetti della questione sociale, che l’Enciclica individua in alcuni gravi squilibri.
Squilibrio tra settori produttivi e l’agricoltura
Il Papa lamenta come l’agricoltura stia diventando un settore depresso, perché diminuiscono le forze in essa impegnate, mentre crescono quelle dell’industria e nel settore dei servizi (n.112).
Per ovviare questo esodo, l’Enciclica suggerisce alcuni interventi da parte dei poteri pubblici per facilitare la ripresa dell’agricoltura: la viabilità, i trasporti, l’acqua potabile, l’assistenza sanitaria, l’istruzione tecnica, le condizioni idonee per la vita religiosa, ecc. (n.115), come pure una politica economica, riguardante l’imposizione tributaria, le assicurazioni sociali, la tutela dei prezzi (n.119). Riguardo ai prezzi dei prodotti agricoli, volti a soddisfare i bisogni umani primari, ricorda che devono essere accessibili alla totalità dei consumatori, ma allo stesso tempo non devono penalizzare il lavoro di questi operatori (n.126).
Squilibrio di sviluppo tra regioni della stessa Nazione
Nella stessa comunità politica ci sono, infatti, regioni economicamente sviluppate ed altre estremamente povere.
“È necessario pertanto – suggerisce il Papa – che si attui per queste zone povere una politica economica che favorisca l’offerta di lavoro, tale da permettere anche a queste popolazioni un autentico sviluppo” (n.136).
Squilibrio tra Nazioni ricche e quelle in via di sviluppo
La solidarietà che lega tutti gli esseri umani e li fa membri di un’unica famiglia impone ai paesi che hanno mezzi di sussistenza in esuberanza il dovere di non restare indifferenti di fronti a quelli che si dibattono nelle difficoltà dell’indigenza, della miseria e della fame (n.144): “Doveri di giustizia e di umanità domandano che i primi vengano in soccorso dei secondi” (n.148).
In concreto, si chiede ai Paesi ricchi di mettere a disposizione capitali per iniziare un vero sviluppo economico nei Paesi poveri e far acquistare a quei cittadini qualifiche professionali e competenze scientifiche (n.150), senza che tali interventi comportino ingerenza nella situazione politica di tali comunità (n.159).
Squilibrio tra aumento della popolazione e mezzi di sussistenza
Il Papa ricorda che Dio, nella sua bontà e sapienza, ha diffuso nella natura risorse inesauribili e ha dato agli uomini intelligenza per creare gli strumenti idonei per portare tali risorse a vantaggio di tutti; pertanto, le soluzioni per risolvere tale squilibrio si devono ricercare secondo i dettami della retta ragione e non in espedienti che offendono l’ordine morale, come quelle che non rispettano le leggi naturali della trasmissione della vita e i diritti della famiglia (nn176 e 1800).
Suggerimenti di carattere pastorale
- La quarta parte dell’Enciclica (nn 197 – 238) ha un carattere soprattutto pastorale. Di fronte alle ideologie che “dell’uomo considerano solo alcuni aspetti e spesso i meno profondi” (n.198), Giovanni XXIII esalta la Dottrina sociale della Chiesa e si auspica che tale insegnamento venga sempre meglio conosciuto e insegnato, istituendo corsi ordinari di tale disciplina nei seminari e nelle scuole cattoliche di ogni grado, e che venga inserito anche nei programmi di istruzione religiosa nelle parrocchie e nelle associazioni dei laici (n.206).
- Tale insegnamento però deve tradursi anche nella pratica: soprattutto è compito dei laici operare tale mediazione, sapendo conciliare la loro attività professionale con un’intensa vita interiore (n. 214). Il Papa suggerisce anche una metodologia pratica di azione; essa, per essere efficace deve svilupparsi in tre momenti: “vedere, giudicare e agire” (n.217).
- La Mater et magistra termina ricordando a tutti il dovere di realizzare, ciascuno per la sua parte, il Regno del Redentore sulla terra; solo così la convivenza umana sarà ricomposta nell’ordine e “tutte le genti godranno prosperità, letizia e pace” (n.241).
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Fonte dell’articolo
- “L’anima del Mondo. Dialoghi sull’insegnamento sociale della Chiesa” di Mauro Viani