L’etica della cura
Il Direttore Responsabile e la Direttrice Editoriale, in un loro editoriale di “Laborcare Journal”, parlano di un’Etica condivisa della Cura
di Gianluca Favero e Mariella Orsi
Dopo circa sette anni, abbiamo pensato di ritornare a parlare del Gruppo di Pontignano non solo per “tenere memoria’’ di una realtà nata nell’oramai lontano 2002 ma, soprattutto, per stimolare lettrici e lettori a riflettere su concetti che, a tutt’oggi, sembrano quasi essere “evaporati” specie dopo la triste esperienza della Pandemia.
Lo facciamo dopo aver dedicato alcuni numeri della Rivista a evidenziare criticità e carenze, soprattutto in ambito etico e bioetico, che hanno caratterizzato l’agire, più o meno giustificato, della Politica e, di conseguenza, delle Dirigenze Sanitarie nei confronti dei pazienti e dei loro familiari.
Come più volte abbiamo sottolineato frasi come “Andrà tutto bene!!’’ o “Ne usciremo e saremo migliori” hanno, a poco a poco, perso di veridicità e consistenza a livello antropologico e sociale: non solo è aumentato quel “distanziamento sociale” che ha favorito sempre più l’instaurarsi di una vera e propria “etica dell’individualismo”, ma stiamo assistendo a un crescente disagio che si esprime con atti di violenza in contesti tra cui quelli contro gli Operatori Sanitari.
In un contesto così fragile e, a volte, anche contraddittorio, il Gruppo di Pontignano, promosso nel 2002, nell’ambito della Commissione Regionale di Bioetica della Toscana, ha proseguito nel suo intento ovvero quello di promuovere e sostenere una “pedagogia sociale delle finitezza della vita” volta a garantire alle persone morenti “la possibilità di esprimere i propri desideri e le modalità del congedo dai propri affetti” al contrario di quanto abbiamo assistito nei due anni di pandemia.
Se da una parte siamo stati spettatori di tante (troppe) morti in solitudine, dall’altra la paura della morte è stata l’emozione che ha dominato la comunicazione da parte dei media fatta di numeri e di immagini di bare che, ancora oggi , rimangono negli occhi di molti così come, per gli Operatori Sanitari, il dramma di veder morire pazienti che invocavano la presenza dei propri cari: “Mi torna alla mente l’immagine di un’anziana signora; l’avevo aiutata ad alimentarsi e tra un boccone e l’altro mi aveva sussurrato: ‘Mia figlia… mi manca… neanche cinque minuti potete farla entrare?’
Il mio cuore si è fatto piccolo piccolo in quel momento. Il giorno dopo i parametri della signora erano già peggiorati e durante la notte si è presentato il gasping respiratorio. I suoi occhi mi fissavano implorando aiuto.
Al mio rientro in reparto lei non c’era più.’’
Anno dopo anno il Gruppo di Pontignano si è arricchito di presenze che sono state un vero e proprio nutrimento e lo si percepisce dai Documenti che vengono condivisi e redatti e che, in questo numero riportiamo integralmente non solo per non “perdere la memoria”, ma per risvegliare le coscienze di quegli Operatori Sanitari, Dirigenti e Politici che antepongono le “procedure” al Tempo dedicato all’ascolto di coloro che “stanno nella Cura”.
Partecipare ai Seminari del Gruppo di Pontignano è un’esperienza in continuo divenire: i Gruppi di Lavoro sono occasione di conoscenza, condivisione e occasione di intrecciare esperienze e nuove amicizie destinate a durare nel tempo.
Qual è il segreto di tanto benessere? Stare ad ascoltare!
Al termine dei Seminari, quando è arrivato il momento dei saluti, la “bellezza” è dirsi “arrivederci … a presto …” e coltivare l’attesa del prossimo incontro.
Concludiamo questo Editoriale con quanto scrisse Andrea Lopes Pegna in un articolo pubblicato su “Laborcare Journal” a proposito della Sua esperienza all’interno del Gruppo di Pontignano: “Non sono stato presente solo al primo seminario di Pontignano del 2002; ad ogni nuova edizione fino a quella di questo settembre di quest’anno ho invece partecipato attivamente e ho potuto così progressivamente arricchire non solo le mie conoscenze, ma
soprattutto la mia sensibilità sui temi di bioetica che sono stati discussi nei vari appuntamenti potendo poi riportare e cercare di attuare i risultati delle discussioni e quanto elaborato nei documenti finali nella mia quotidiana attività professionale”
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