Laudato Si’

Lettera Enciclica del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune

L’Enciclica di Papa Francesco Laudato si’ è stata pubblicata il 24 maggio 2015. Si compone di sei capitoli e 246 paragrafi. Al termine due preghiere: «Una che può essere condivisa con quanti credono in Dio creatore e onnipotente e un’altra affinché noi cristiani sappiamo assumere gli impegni verso il creato che il vangelo di Gesù ci propone» (n. 246). II titolo della Lettera Enciclica “Laudato sì”, è l’inizio del Cantico delle creature di san Francesco, e – davvero una novità- per la prima volta non è in latino.

Nel sottotitolo si legge: Sulla cura della casa comune

Introduzione

Nell’Introduzione, Papa Francesco afferma che «la Terra è la casa comune dove tutti noi viviamo, ma anche una sorella con la quale condividiamo l’esistenza e una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia» (n. 1). E aggiunge: «Questa sorella oggi protesta per il male che le provochiamo a causa dell’uso irresponsabile dei beni che Dio ha messo nelle nostre mani» (n. 2).

Iniziando la sua riflessione, il Papa si riallaccia al pensiero dei suoi predecessori, in particolare all’insegnamento di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo Il e Benedetto XVI, e ricorda i loro appelli volti ad arginare lo sfruttamento inconsiderato delle risorse della terra e a superare l’egoismo delle società consumistiche (n. 6). Papa Francesco, nel corso dell’Enciclica, fa spesso riferimento anche agli interventi delle varie Conferenze Episcopali, dando così al suo magistero un respiro universale. Ricorda poi come la cura del creato sia impegno di tutti, credenti e non credenti, e accoglie anche la riflessione delle altre confessioni cristiane su questo tema e ne elogia l’impegno (n. 7). In particolare riferisce il pensiero del patriarca Bartolomeo (nn 8 e 9).

Rievoca poi la figura di san Francesco di Assisi, e sottolinea come il poverello abbia manifestato «un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati» (n. 10), anticipando così una visione “integrale” dell’ecologia che il Papa svilupperà nel proseguo dell’Enciclica. L’Introduzione termina affermando che questo documento deve essere considerata parte del magistero sociale della Chiesa (n. 15).

Capitolo primo: Quello che sta accadendo alla nostra casa

Nel primo capitolo, dal titolo Quello che sta accadendo alla nostra casa (nn 17 – 61), il Papa si sofferma a considerare da vicino i pericoli che incombono sulla «casa in cui tutti viviamo» (n. 17) e lo fa servendosi delle più recenti acquisizioni scientifiche in materia ambientale. Affronta, in maniera lucida, alcuni temi di grande attualità e di preoccupazione per i pericoli che incombono sull’ambiente.

Il primo elemento di preoccupazione che il Papa ricorda è l’inquinamento che provoca i mutamenti climatici: «Problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche». Considerando poi che «il clima è un bene comune, di tutti e per tutti», fa osservare che l’impatto più pesante della sua alterazione ricade proprio sui più poveri (n. 23). Il Papa denuncia con forza come molti che oggi hanno risorse economiche e potere politico spesso mascherino tali problemi, e osserva come la mancanza di reazioni di fronte a questi drammi dei nostri fratelli e sorelle sia «un segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile» (n. 25).

Altro aspetto considerato è la questione dell’acqua potabile, elemento di primaria importanza perché necessario per la vita degli uomini (n. 28). «L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone», cosicché, privare i poveri dell’accesso all’acqua significa «negare loro il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità»(n. 30).

Parla poi della perdita della biodiversità. «A motivo del degrado ambientale, ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre» (n.33).

E non si tratta solo di considerare la perdita definitiva di eventuali risorse sfruttabili, ma anche la perdita del valore in sé stesse di queste creature: «Tutte le creature – afferma- sono connesse fra loro, di ognuna deve essere riconosciuto il valore con affetto e ammirazione, e tutti noi, esseri creati, abbiamo bisogno l’uno dell’altro» (n. 42).

Il Papa, allargando l’orizzonte, denuncia poi un altro fenomeno negativo: il deterioramento della qualità della vita umana e la degradazione sociale. Essendo l’essere umano una creatura di questo mondo, con diritto a vivere e a essere felice, Papa Francesco invita a non tralasciare di considerare anche gli effetti del degrado ambientale sulla vita delle persone: «A parte i danni che derivano dall’inquinamento e dal degrado, non si addice ad abitanti di questo pianeta vivere sempre più sommersi da cemento, asfalto, vetro e metalli, privati di contatto fisico con al natura» (n. 43). L’Enciclica denuncia anche le dinamiche del mondo digitale che, quando divengono onnipresenti, «impediscono di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di amare con generosità» (n. 47).

Questa inequità, come il Papa chiama il degrado ambienta le, riguarda e «colpisce non solo gli individui, ma Paesi interi e obbliga a pensare a un’etica delle relazioni internazionali» (n. 51), che permetta di saldare quel debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo dovuto a diversi fattori ricordati specificatamente dall’Enciclica (nn 51 – 52).

Nell’ultima parte del primo capitolo, si denuncia la debolezza delle reazioni di fronte ai drammi di tante persone e popolazioni. «Nonostante non manchino esempi positivi – afferma il Papa – esiste un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilità» (n. 54). Mancano una cultura adeguata e la disponibilità a cambiare stili di vita, produzione e consumo: infatti, la tecnologia, la finanza, la forza dei poteri economici predomina sulla politica e, troppo spesso, la ferrea logica mercantile, nella ricerca di sempre nuove domande, disattende le esigenze dell’ambiente.

Capitolo secondo: Il Vangelo della creazione

Nel secondo capitolo, dal titolo Il Vangelo della creazione (nn 62 – 100), papa Francesco rilegge i racconti biblici e dà una visione complessiva della tradizione ebraico-cristiana, spiegando il perché della «tremenda responsabilità» dell’essere umano nei confronti del creato. Si parte da tale affermazione:

Dio è causa della creazione e alla base dell’opera sua c’è un’attenzione di amore (n. 65). «I racconti biblici suggeriscono che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra» (n. 66), che l’essere umano ha il compito di coltivare e custodire (cfr Gen 2, 15), sapendo che «lo scopo finale delle altre creature non siamo noi» (n. 67), ma che invece «tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio» (n. 83). Cita poi una bella frase di Giovanni Paolo II: «Dio ha scritto un libro stupendo le cui lettere sono la moltitudine di creature presenti nell’universo» (n. 85).

Il concetto di Dio creatore induce inoltre alla convinzione che, essendo creati dallo stesso Padre, noi tutti esseri dell’universo, formiamo una sorta di famiglia universale (n.89), ed è proprio da questa convinzione che deriva la destinazione universale dei beni della terra, come insegnato da sempre dalla dottrina sociale della Chiesa: «Il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni e, perciò, il diritto universale al loro uso, è una regola d’oro del comportamento sociale» (n. 93). Chi possiede una parte di beni – afferma il Papa – è solo per amministrarla a beneficio di tutti, e quando questo non avviene, si mette a rischio la stesa sopravvivenza degli altri (n. 94).

Capitolo terzo: La radice umana della crisi ecologica

Nel terzo capitolo, La radice umana della crisi ecologica (nn 101-136), il Papa indica le cause profonde del degrado ambientale cui oggi si assiste. In primo luogo la tecnologia, di cui però riconosce anche l’aspetto positivo per quanto ha contribuito a eliminare innumerevoli mali che affliggono e affliggevano l’umanità (n. 102). Tuttavia, mette in risalto anche i pericoli derivanti da essa, ricordando come le competenze tecniche diano «un tremendo potere a coloro che detengono la conoscenza e il potere economico», che spesso, lasciandosi guidare da logiche di dominio, sfruttano le persone e le stesse popolazioni più deboli (n. 104). Tale visione o «paradigma tecnocratico», come lo chiama il Papa, tende a esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica, impedendo così una vera crescita umana delle persone e dei popoli (п. 109).

Oltre al «paradigma tecnocratico», causa di questi squilibri, il Papa denuncia anche il relativismo pratico che pone sé stesso al centro di tutto, dando priorità assoluta ai propri interessi contingenti, divenendo tutto il resto relativo (n. 122).

«Da tale cultura, deriva la logica che porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani, il commercio di pelli di animali in via di estinzione e di diamanti insanguinati». In definitiva, questa è la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico e dello scarto dei nascituri, perché non corrispondono ai progetti dei genitori. «Questa è anche la logica – ricorda il Papa – dell’usa e getta che genera ovunque la cosiddetta cultura dello scarto» (n. 123).

Il Papa accenna anche alla dignità del lavoro e della centralità della persona, richiamando il magistero sociale della Gaudium et spes e della Laborem exercens (n. 124 e SS), e spiega che «rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società» (n. 128).

Riprende poi il dibattito sugli organismi geneticamente modificati (OGM), vegetali o animali, che riconosce come «una questione di carattere complesso» (n. 135). Pur ammettendo che in alcune regioni il loro utilizzo abbia prodotto una crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi, tuttavia nell’uso di tale pratica si riscontrano alcuni aspetti che non devono essere minimizzati, come la «concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi e, di con-seguenza, la scomparsa dei piccoli produttori e dei lavoratori rurali» (n. 134).

Capitolo quarto: Un’ecologia integrale

Il quarto capitolo s’intitola: Un’ecologia integrale (nn 137 – 162). Il Papa allarga la visione alla giustizia e alla poltica. Parla di ecologia delle istituzioni, ben sapendo che «oggi l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla rela zione di ciascuna persona con sé stessa» (n.141). Tutto, infatti, è in stretta relazione e così anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana. Citando l’Enciclica Caritas in veritate, ricorda che «ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali» (n. 142). Non ci sono, quindi, due crisi separate: una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale.

Papa Francesco affronta il tema dell’ecologia della vita quotidiana, prendendo in esame e stigmatizzando una certa pianificazione urbanistica dove è curato il profitto a danno degli spazi vitali che offrano dignità al vivere dell’uomo (n. 150), e denuncia pure la gravità della «mancanza di alloggi tanto nelle zone rurali quanto nelle grandi città», ricordando che «la proprietà della casa ha molta importanza per la dignità delle persone e per lo sviluppo delle famiglie» (n. 152).

Segue poi un importante richiamo: «La necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura», legge morale che fonda la cosiddetta «ecologia umana» e che esige di considerare il proprio corpo come dono di Dio, imparando ad averne cura e a rispettarne i suoi significati (n. 155). Questo lo esige l’ecologia umana al fine di creare un ambiente che tuteli l’umana dignità. Senza questa necessaria relazione è a rischio lo stesso bene comune (n. 156).

Il Papa ricorda poi che questa ecologia integrale è inseparabile dalla nozione di bene comune: «Si riscontrano tante inequità – ricorda il Papa -, e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali, per cui impegnarsi per il bene comune significa fare scelte solidali sulla base di una opzione preferenziale per i più poveri» (n. 158).

Il quarto capitolo termina richiamando il tema della giustizia tra le generazioni «Che tipo di mondo – si chiede il Papa – desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?». Parlando di ambiente, il Papa non intende solo quello naturale esterno, ma anche quello interiore, ossia i valori di fondo dell’esistenza umana: anch’essi devono essere trasmessi alle generazioni che verranno, e sono proprio questi valori che salvaguarderanno anche l’ambiente (n. 160).

Capitolo quinto: Alcune linee di orientamento e di azione

Il quinto capitolo s’intitola: Alcune linee di orientamento e di azione (nn 163 – 201). Il Papa offre alcune indicazioni per trovare una via di uscita dalla crisi prodotta dalla cultura dello scarto, dall’inquinamento e dalla manipolazione disordinata dell’ambiente e dell’incuranza per il clima (n. 163). In primo luogo, indica come rimedio la necessità di dialogo e di trasparenza nei processi decisionali e richiama un serio impegno da parte della politica internazionale nei confronti dell’ambiente e soprattutto un giusto rapporto tra politica ed economia, a tutela e promozione «della pienezza umana, in modo che la persona venga prima del profitto e dell’interesse economico» (n. 195).

Riguardo alla politica internazionale e al suo impegno verso l’ambiente, il Papa osserva amaramente che purtroppo «i vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspettative perché, per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci» (n. 166). Mancando questo contributo, l’iniziativa privata può fare la differenza, e ricorda che già oggi, in alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentano l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso (n. 179).

Evidentemente la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma soltanto di contribuire a un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune (n. 188). L’Enciclica auspica, pertanto, che le Organizzazioni internazionali siano più forti, e che ci si accordi sui regimi di governance per tutta la gamma dei cosiddetti beni comuni globali e in primo luogo l’ambiente che è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente (n. 175).

Al termine di questo capitolo, Papa Francesco chiede a tutte le religioni di «entrare in un dialogo tra loro orientato alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità». Un analogo dialogo «aperto e rispettoso» è auspicato anche tra le istituzioni politiche e tra i diversi movimenti ecologisti, tra i quali purtroppo non mancano le diversità e talvolta anche le lotte ideologiche: «La gravità della crisi ecologica esige da noi tutti di pensare al bene comune e di andare avanti sulla via del dialogo che richiede pazienza, ascesi e generosità, ricordando sempre che la realtà è superiore all’idea» (n. 201).

Capitolo sesto: Educazione e spiritualità ecologica

Il sesto capitolo ha come titolo: Educazione e spiritualità ecologica (nn 202 – 246). Con chiarezza papa Francesco chiede di cambiare rotta e «puntare su un altro stile di vita», che apra anche la possibilità di «esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale». Ciò accade, in particolare, «quando le scelte dei consumatori riescono a modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione» (n. 206).

Per questo nuovo stile di vita si richiede un’educazione ecologica, chiamata a creare e a facilitare l’alleanza tra l’umanità e l’ambiente, facendo sì che sorga una «cittadinanza ecologica» tale da produrre effetti relativi e duraturi. È necessario però che la maggior parte dei membri della società sia educata ad accettare non solo la norma giuridica che intende salvaguardare l’ambiente, ma anche e soprattutto le motivazioni adeguate che la ispirano: «Solamente partendo dal coltivare solide virtù è possibile la donazione di sé in un impegno ecologico» (n. 211).

In tale opera sono coinvolti tutti gli ambiti educativi, in primis «la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi e altri». Non si può sottovalutare l’importanza di tutti quei percorsi di educazione ambientale capaci di incidere su gesti e abitudini quotidiane, dalla riduzione del consumo di acqua, alla raccolta differenziata dei rifiuti, fino a spegnere le luci inutili. Tutto questo deve essere valorizzato e promosso (n. 213).

«La spiritualità cristiana – ricorda il Papa – propone un modo alternativo di intendere la qualità della vita, e incoraggia uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo» (n. 222).

Di fronte al mondo creato, è richiesto di acquisire quell’atteggiamento del cuore, quello insegnato e praticato da Gesù, che invitava a guardare la natura con gli occhi stessi del Padre celeste (n. 226). Papa Francesco invita a fare una cosa semplice, ma di grande significato: «Riprendere la preziosa abitudine di fermarsi a ringraziare Dio, prima e dopo i pasti, per tutti i doni che ci da» (n. 227), come pure a «saper abbracciare il mondo intero nel momento del culto liturgico, dove l’acqua, l’olio, il fuoco, e i colori sono assunti con tutta la loro forza simbolica e si incorporano nella lode» (n. 235), e a «riscoprire il dono grande della domenica con la partecipazione all’Eucaristia quale segno del primo giorno della nuova creazione, la cui primizia è l’umanità risorta del Signore garanzia della trasfigurazione finale di tutta la creazione» (n. 237).

Prima delle due preghiere finali, papa Francesco dedica un ultimo pensiero alla Vergine Maria, «Donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo» (Ap 12,1), perché ci aiuti a guardare questo mondo con occhi più sapienti, e invitando tutti a invocarla perché, come fece per Gesù, «oggi e sempre si prenda cura con affetto e dolore materno di questo mondo ferito» (n. 241).

 

Immagini

Fonte dell’articolo

  • “L’anima del Mondo. Dialoghi sull’insegnamento sociale della Chiesa” di Mauro Viani
SEC 2024-2025
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