La teologia della prevenzione tra amore e responsabilità, per una salute della psiche e del corpo

Niente è più affascinante ai nostri occhi dell’opera immensa del creato che manifesta l’ineffabile intelligenza e fantasia del Creatore

Le progressive indagini della scienza rivelano la straordinaria potenza divina che tutto aveva nascosto nel cuore di una stella gravida di vita, esplosa milioni e milioni di anni fa. Ciò che compone il nostro corpo, ossa, carne e sangue, si trovava già là, in quel prezioso scrigno che si è improvvisamente aperto. Attivato l’orologio del tempo, si sono susseguite le complesse condizioni che hanno permesso all’uomo di esistere. Tutto era caos e l’ordine veniva condotto con fare sapiente, silenzioso e paziente. Il sublime Vasaio ha impiegato milioni di anni per modellare il suo capolavoro: l’uomo così come siamo noi ai nostri giorni. I sette miliardi di umani viventi oggi sulla terra, senza considerare tutti coloro che ci hanno preceduti, portano l’impronta dell’unicità. Neppure i gemelli monozigoti, che sarebbero identici rispetto al patrimonio genetico ereditato dai genitori, lo sono mai completamente per quanto riguarda l’aspetto esterno e la personalità. Ci viene da esclamare con il salmista “la gloria di Dio è l’uomo vivente” (Sal. 144). Lo stupore ci rapisce quando riflettiamo sulle facoltà psichiche e spirituali dell’uomo, quando esploriamo i meandri infiniti della coscienza, dove l’invisibile artista dialoga con la sua creatura. Per comprendere l’uomo identificato come corpo e psiche dobbiamo escludere la possibilità che tutto sia nato dal caso, il tutto ridotto ad un incidente molecolare. La luce sulla verità dell’uomo è rivelata dalle scritture sante: “eppure l’hai fatto poco meno degli angeli” (Sal. 8,6). La parola ebraica usata per indicare l’uomo è “basar” che significa primariamente carne e, più ampiamente, corpo come essere umano inteso nella sua totalità e completezza. La suggestiva visione di Ezechiele 37 immagina una fantastica strutturazione dell’uomo vivente che parte dalle ossa sulle quali si formano i nervi, quindi la carne, la pelle e, infine, lo spirito che dà loro la vita. L’antico ebreo credente sapeva che l’essere umano è formato da una molteplicità di elementi che si unificano  e sono vitalizzati dallo spirito “alito” che immaginava circolante nel sangue.  La struttura corporea nella sua visibilità e fisicità caratterizza e denomina l’uomo vivente. Il corpo è la persona in quanto chiamata da Dio all’esistenza fin dal concepimento e tale rimane fino al suo naturale tramonto. Le sue membra e le sue energie psichiche e fisiche lo pongono in relazione vitale e feconda con gli altri e con le cose. Lo stesso Gesù, Verbo fatto carne, che prende un corpo da Maria, è maestro di vita e ci insegna a prenderci cura del corpo nostro e di quello degli altri, si preoccupa per la mancanza di cibo ( Mc 6, 37-43), di salute (Lc 7, 21), ed invita i suoi amici a riposarsi un po’ (Mt 6, 30-31). Il corpo è anche primario mezzo espressivo dell’interiorità umana, attraverso il volto. Ricordarsi delle tante espressioni sul Volto di Cristo riportate nei Vangeli.

Al maestro della legge, che voleva metterlo alla prova (Lc 10, 25-29), Gesù riafferma quanto insegna il Levitico: l’amore per il prossimo commisurato con l’amore verso se stesso. Le premure e la custodia, che dobbiamo avere verso questo corpo che ci è stato donato da Dio, debbono essere rivolte anche ai nostri simili, al nostro prossimo. È interessante che sia lo stesso maestro della legge che, nell’incontro con Gesù, riduce ad uno solo i due principali comandamenti: “amerai il signore Dio tuo…..amerai il prossimo tuo come te stesso” . Amare come se stesso può significare che uno ama l’altro solo se ama se stesso, non in senso egoistico, ma semplicemente per custodire il dono di Dio che siamo noi, per rendere gloria a Dio anche conservando la buona salute che ci permetterà di servire con maggiore dedizione ed efficacia gli altri. Antonio il Grande giungerà a dire che “nessuno è più cattivo di chi è cattivo con se stesso: chi ama se stesso ama tutti.” Vigilare accuratamente sulla nostra salute fisica, psichica e spirituale è dunque un preciso dovere morale, ne va di una migliore qualità di vita, è come un contributo offerto ad una società migliore, al bene comune .

La salute è la sommatoria di diversi fattori, i cosiddetti “determinati di salute”, rappresentati dall’assetto genetico, dai comportamenti personali e dagli stili di vita, dai fattori sociali, culturali ed economici, dalla condizione lavorativa, dall’ accessibilità ai servizi sanitari, dal contesto ambientale.

Questi fattori hanno un peso diverso sullo stato di salute di un individuo e di una comunità (Institute for the future (IFTF), Health and Healthcare 2010. The forecast, The challenge. Princeton: Jossey-Bass, 2003). Così la salute dipende per ben il 50% dai comportamenti e dagli stili di vita, mentre l’ambiente la determina per il 20%, così come la componente genetica (20%). Il restante 10 % è infine attribuibile ai servizi sanitari.

Questi aspetti spiegano perché sono occorsi ben ottomila anni alla specie umana per passare da un’aspettativa media di vita di  20 anni ad una di 40, mentre è servito nemmeno un secolo, l’ultimo dello scorso millennio, per un ulteriore, straordinario raddoppio. Così, nei Paesi più avanzati, l’aspettativa media di vita si avvicina ormai agli 80 anni. In altri termini, nel corso degli ultimi 170 anni l’aspettativa media di vita nei Paesi industrializzati si è incrementata di 2,5 anni ogni 10 anni. Più o meno di 6 ore al giorno.

Prepariamoci però ad ulteriori balzi in avanti. Alcuni recenti studi sulla biologia dell’invecchiamento sembrano confermare quanto asserito dalla Genesi (6,3): “Allora il Signore disse: ‘Il mio Spirito non rimanga per sempre umiliato nell’uomo, perché è carne: la sua vita non sarà che di 120 anni’ “. La Bibbia d’altronde ci dà notizia di almeno 33 persone vissute più di 123 anni. (Ci sfugge sapere se si tratta di numeri simbolici o storici)

Stando alle ricerche, l’organismo umano disporrebbe di un corredo genetico, conformatosi in 150.000–300.000 anni, che gli conferirebbe la potenzialità di vivere ben oltre i 100 anni. Questo limite massimo però è condizionato per il 70 – 80 % dallo stile di vita e da numerosi fattori ambientali. Pertanto a determinare la durata della vita di un individuo non è tanto un elemento immodificabile come il patrimonio genetico, ma fattori modificabili come i comportamenti e le condizioni socio-ambientali.

C’è tuttavia un altro aspetto legato alla durata della vita: la qualità di vita di questi anni guadagnati. Un indicatore, la speranza di vita in anni senza disabilità, secondo dati del 2008, è di 7,9 anni per i maschi e di 7,2 per le femmine. Come dire, abbiamo aggiunto molti anni alla vita, ma meno vita agli anni. Questa considerazione implica una realtà: la popolazione dei Paesi industrializzati invecchia e l’incidenza delle malattie cronico-degenerative, quelle cioè legate a fattori modificabili, aumenta anche per la mancanza di interventi preventivi. Consumo di alcol, fumo, vita sedentaria e obesità sono modalità di comportamento che concorrono all’incremento delle malattie cronico-degenerative.

Tre sono le sfide con le quali il sistema di protezione nella società industrializzata già si misura: l’invecchiamento della popolazione, le malattie croniche e la non autosufficienza.

Le sole malattie cronico-degenerative, alcune delle quali possono essere prevenute adottando abitudini sane, rappresentano il 30% dei problemi di salute, ma assorbono il 70% delle risorse ad essa destinate. In questo senso la prevenzione può fare molto per evitare conseguenze importanti quali le spese che sottraggono risorse ad altre situazioni non altrimenti affrontabili.

Almeno 15 vaccini sono efficaci nel controllo delle malattie infettive. Esistono screening in grado di migliorare sensibilmente la mortalità per tumore del seno, della cervice uterina, della prostata e del colon. Le organizzazioni, le comunità, ma anche gli individui portano la responsabilità della propria salute e delle risorse impegnate per tutelarla.

Accanto a questo impegno, per così dire laico, ne esiste un altro etico-religioso che, per i cattolici in particolare, assume un valore fondante, al punto di poter parlare di una teologia della prevenzione che indaghi e promuova la salvaguardia del corpo, a partire dall’ammonimento di San Paolo: “Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” (1Cor 3,16).

L’Apostolo delle Genti sollecita ogni cristiano a decidere come usare il proprio corpo: secondo la “carne”, quindi non rispettandolo, oppure coinvolgendo anche la corporeità nella dimensione cristiana.

Di questo aspetto fa specifica trattazione il “Catechismo della Chiesa Cattolica” negli articoli 2288–2290. In particolare è la prima proposizione dell’articolo 2288 a sintetizzare il rapporto tra prevenzione e morale. Afferma infatti: “La vita e la salute fisica sono beni preziosi donati da Dio. Dobbiamo averne ragionevolmente cura, tenendo conto delle necessità altrui e del bene comune”. Nel contempo mette però in guardia dall’esasperare questa cura fino a trasformarla in culto del corpo (2289), di valenza pagana.

Il Catechismo si addentra anche nella promozione degli stili di vita corretti allorquando, richiamando la virtù della tolleranza, impegna i cristiani “ad evitare ogni sorta di eccessi, l’abuso dei cibi, dell’alcool, del tabacco e dei medicinali” (2290).

Anticipando per tanti versi i consigli degli organismi sanitari internazionali, il Catechismo recita: “La cura della salute dei cittadini richiede l’apporto della società perché si abbiano condizioni d’esistenza che permettano di crescere e di raggiungere la maturità: cibo e indumenti, abitazione, assistenza sanitaria, insegnamento di base, lavoro, previdenza sociale”.

Secondo i cultori della bioetica la mancata cura della propria salute si configura come una grave scorrettezza etica, quindi avere cura di sé si afferma come dovere morale e come atto responsabile di carità verso noi stessi e verso gli altri.

La medicina è sempre più impegnata nell’ambito della prevenzione e nella promozione di stili di vita corretti, anche se non si possono configurare come peccato atteggiamenti non consoni ai princìpi della prevenzione stessa.  È  pur vero che si tratta piuttosto di fare appello al buon senso, o meglio al senso della carità che ci pone, a sua volta, di fronte a doveri ineludibili.

La prevenzione dunque interpella la responsabilità individuale riguardo agli stili di vita e ai comportamenti sintetizzati dalle indicazioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità): non fumare, consumare quantità limitate di alcolici, seguire una dieta adeguata, non esporsi eccessivamente al sole, controllare il peso, svolgere regolare attività fisica, concedersi adeguate ore di sonno che aumenta l’effetto benefico delle altre sane abitudini. A questi inviti ve n’è da aggiungerne un altro: sottoporsi agli screening.

Sul piano dottrinale l’adesione alle pratiche preventive attiene all’esercizio di virtù nei confronti di se stessi come la temperanza, la prudenza e la carità per ciò che riguarda gli altri.

Se è vero che nei paesi economicamente avanzati grandi progressi sono stati conseguiti riguardo alla cura del corpo, forse non uguale attenzione si è posta verso lo spirito. La cronaca purtroppo ci pone dinanzi agli occhi casi di omicidio e suicidio, violenze fisiche e verbali che denotano una profonda sofferenza psichica.

Disturbi mentali e della personalità sono il sintomo che nella nostra società è presente un male di vivere che deriva dalla mancanza di valori, dall’ incapacità di comunicare e dalla solitudine. Di questi problemi si sente parlare, ma non si attua una efficace prevenzione. La voragine del vuoto, che si va creando dentro e intorno all’individuo, spesso lo spinge a cercare paradisi artificiali che lo portano alla sua totale distruzione.

In questo ambito la famiglia, la scuola, la parrocchia devono impegnarsi affinché parole come amicizia, solidarietà, comprensione e amore diventino  consuetudine.

Solo così l’uomo contemporaneo può tornare a rispettare se stesso, i suoi simili e tutte le creature.

San Carlo Borromeo nel discorso tenuto nell’ultimo Sinodo

(Acta Ecclesiae Mediolanensis, Milano 1599, 1177-1178) si rivolge ai presbiteri con queste parole: “Eserciti la cura d’anime? Non trascurare per questo la cura di te stesso, e non darti agli altri fino al punto che non rimanga nulla di te a te stesso. Devi avere certo presente il ricordo delle anime di cui sei pastore, ma non dimenticarti di te stesso”.

La prevenzione, per una salute della psiche e del corpo, richiede allora un atteggiamento virtuoso (secundum rationem), che eviti i timori eccessivi e disponga le persone ad accettare serenamente sia la malattia sia gli aspetti dell’invecchiamento e la morte.

(“L’agire morale del cristiano”, a cura di Licio Melina, vol. 20, pag. 162, 2002).

Don Andrea Pio Cristiani

Fonte dell’articolo

 

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