La Speranza è un Dono e un Dovere per Ogni Cristiano
Introduzione a un libro sulla speranza
Il 1° ottobre è uscita una nuova pubblicazione ufficiale per l’anno giubilare 2025, “Una luce nella notte – Meditazioni sulla speranza”, una breve antologia che raccoglie stralci di vari discorsi del Papa sulla virtù teologale della speranza.
Ecco l’introduzione al nuovo libro, scritta da Papa Francesco, un vero e proprio “Inno alla gioia”: “Il Giubileo del 2025, anno santo che ho voluto dedicare al tema ‘Pellegrini di speranza’, è un’occasione propizia per riflettere su questa fondamentale e decisiva virtù cristiana – soprattutto in tempi come quelli che stiamo vivendo, in cui la terza guerra mondiale combattuta ‘a pezzi’ che si sta svolgendo sotto i nostri occhi può indurci ad assumere atteggiamenti di cupo scoraggiamento e di malcelato cinismo.
La speranza, invece, è un dono e un compito per ogni cristiano. È un dono perché è Dio che ce la offre. Sperare, infatti, non è un semplice atto di ottimismo, come quando a volte speriamo di superare un esame all’università (“Speriamo di farcela”) o quando speriamo nel bel tempo per la gita fuori porta di una domenica di primavera (“Speriamo nel bel tempo”).
No, sperare è aspettare qualcosa che ci è già stato dato: la salvezza nell’amore eterno e infinito di Dio. Quell’amore, quella salvezza che dà sapore alla nostra vita e che costituisce il cardine su cui il mondo rimane in piedi, nonostante tutte le malvagità e le nefandezze causate dai nostri peccati di uomini e donne. Sperare, dunque, è accogliere questo dono che Dio ci offre ogni giorno. Sperare è assaporare la meraviglia di essere amati, cercati, desiderati da un Dio che non si è chiuso nei suoi cieli impenetrabili, ma si è fatto carne e sangue, storia e giorni, per condividere la nostra sorte.
La speranza è anche un compito che i cristiani hanno il dovere di coltivare e mettere a frutto per il bene di tutti i loro fratelli e sorelle. Il compito è quello di rimanere fedeli al dono ricevuto, come ha giustamente sottolineato Madeleine Delbrêl, una donna francese del XX secolo che ha saputo portare il Vangelo nelle periferie geografiche ed esistenziali della Parigi di metà secolo, segnata dalla scristianizzazione.
Scriveva Madeleine Delbrêl: “Il luogo che la speranza cristiana ci assegna è quello stretto crinale, quella linea di confine sulla quale la nostra vocazione richiede che scegliamo, ogni giorno e ogni ora, di essere fedeli alla fedeltà di Dio nei nostri confronti”. Dio è fedele a noi; il nostro compito è rispondere a questa fedeltà. Ma attenzione: non siamo noi a generare questa fedeltà; essa è un dono di Dio che opera in noi se ci lasciamo plasmare dalla sua forza d’amore, lo Spirito Santo che agisce come un soffio ispiratore nei nostri cuori. Sta a noi, dunque, invocare questo dono: “Signore, concedimi di esserti fedele nella speranza!”
Ho detto che sperare è un dono di Dio e un compito per i cristiani. E vivere la speranza richiede una “mistica con gli occhi aperti”, come la chiamava il grande teologo Johann-Baptist Metz: saper discernere, ovunque, le prove della speranza, l’irruzione del possibile nell’impossibile, della grazia laddove sembrerebbe che il peccato abbia eroso ogni fiducia.
Qualche tempo fa ho avuto l’opportunità di dialogare con due eccezionali testimoni di speranza, due padri: uno israeliano, Rami; uno palestinese, Bassam. Entrambi hanno perso le figlie nel conflitto che insanguina la Terra Santa ormai da troppi decenni. Ma nonostante ciò, in nome del loro dolore, della sofferenza provata per la morte delle loro due piccole figlie – Smadar e Abir – sono diventati amici, anzi fratelli: vivono il perdono e la riconciliazione come un gesto concreto, profetico e autentico. Incontrarli mi ha dato tanto, tanta speranza.
La loro amicizia e fratellanza mi ha insegnato che è possibile che l’odio, concretamente, non abbia l’ultima parola. La riconciliazione che sperimentano come individui, profezia di una riconciliazione più grande e più ampia, è un segno invincibile di speranza. E la speranza ci apre a orizzonti inimmaginabili.
Invito ogni lettore di questo testo a compiere un gesto semplice ma concreto: la sera, prima di andare a letto, mentre ripensate agli eventi che avete vissuto e agli incontri che avete fatto, andate alla ricerca di un segno di speranza nella giornata appena trascorsa. Un sorriso da parte di qualcuno che non ti aspettavi, un atto di gratuità osservato a scuola, una gentilezza incontrata sul posto di lavoro, un gesto di aiuto, anche piccolo: la speranza è davvero una “virtù infantile”, come ha scritto Charles Péguy.
E noi dobbiamo tornare a essere come i bambini, con il loro senso di meraviglia, per incontrare il mondo, conoscerlo e apprezzarlo. Alleniamoci a riconoscere la speranza. Saremo allora in grado di meravigliarci di quanto di buono esiste nel mondo. E il nostro cuore si accenderà di speranza. Saremo allora in grado di essere fari di futuro per coloro che ci circondano”.
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- Foto di Nick Fewings su Unsplash