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La sofferenza che ci trasforma e ci restituisce la luce
Una profonda riflessione sul percorso interiore e sul cambiamento di chi attraversa un periodo difficile
(di Roberto Festa)
Quante volte nel nostro cammino quotidiano, sulla strada della vita, ci siamo trovati davanti al muro della sofferenza!?
Ci siamo fermati e abbiamo scrutato intorno in cerca di un’altra strada, un sentiero, un pezzo di terreno calpestabile che ci consentisse di aggirare quel grande muro e poter così proseguire il nostro cammino.
La sofferenza è proprio brutta: chi mai può volere trovarcisi davanti e affrontarla? Ci fa stare male, smuove sensazioni dolorose dentro, può anche tirare fuori il peggio di noi stessi, farci reagire come non vorremmo mai fare. E quante energie ci toglie!!
Ci prosciuga fin nel profondo, ci lascia sfiniti, esausti fino al punto di non riuscire a pensare lucidamente.
Chi ha fede in Cristo, porta con sé le storie di come Egli abbia vissuto le sofferenze, e ci viene da pensare: “Sì, ma lui era il Figlio di Dio, noi siamo solo esseri umani!!”, “io non potrò mai essere come Lui!”.
E continuiamo a cercare il sentiero, la scorciatoia che ci aiuti ad aggirare quel muro.
A volte, però, capita che ci sia una motivazione talmente forte che ci fa desistere dal cercare la scappatoia dalla sofferenza, ci ritroviamo costretti davanti a quell’ostacolo, guardarlo dal basso verso l’alto perché non c’è altra scelta.
Quel muro è la sofferenza di un genitore, della nostra compagna di vita, di un nostro figlio: che sia la battaglia contro la malattia o quella contro una dipendenza o quella ancora più oscura della depressione, da lì non possiamo scappare.
Possiamo solo affrontare la salita e tentare di scalarla, guardandola in faccia e accettando la sfida.
.E in questi frangenti ci rendiamo conto che non siamo affatto preparati a ciò. Ci viene spontaneo pensare “Cosa ho fatto per meritare ciò?”, “mi son sempre comportato bene, ho sempre aiutato gli altri, perché mi capita questo?”, e quando va peggio, qualcuno può arrivare a pensare che Dio non ascolti le sue preghiere, che sia insensibile alla sua sofferenza.
In effetti, nessuno è mai preparato ad affrontare la sofferenza: la nostra mente è favolosa a programmare per noi una vita di gioia e bellezza, che il solo paventarla le è inconcepibile. Eppure capita. Puntuale. Quando meno ce l’aspettiamo.
Perché alla fine, nel dare un senso alla nostra esperienza umana, la sofferenza è un elemento indispensabile da vivere. Senza un significativo incontro con lei, la nostra anima non ha modo di rompere il guscio delle sicurezze ed essere messa a nudo davanti alla vita e da questa essere plasmata, temprata, fortificata e resa più saggia.
Si pensi al percorso di vita terrena di Gesù: fino all’ingresso a Gerusalemme, era stata tutta un’ascesa “fluida” e naturale.. Qualche evento sgradevole c’era stato (la morte di Lazzaro, che Lui ha trasformato in un evento gioioso, sfuriate al tempio, battibecchi con qualche discepolo), ma tutte cose da poco.
Ma dopo le Palme, le cose sono precipitate, al punto che nel Getsemani chiede al Padre “Se puoi, allontana da me questo calice”. Poi, però, si rende conto che deve fare anche lui il suo percorso e affrontare la tremenda sofferenza che già egli sa: “non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.
Ecco, è quello il momento in cui lo scudo che ci protegge dalle avversità va in frantumi: non abbiamo più alcuna protezione, l’anima è nuda, esposta, siamo vulnerabili.
Forse, qualcuno intorno a noi ci può aiutare, ma chi? Sono momenti in cui nemmeno riusciamo a chiedere aiuto perché ci sentiamo sopraffatti e impauriti.
Speriamo che qualcuno ci tenda una mano, ma allo stesso tempo lo temiamo, perché vedrebbe la nostra debolezza e limitatezza, specialmente in un tempo come questo in cui tutto intorno a noi deride e colpevolizza chi si trova in questo frangente.
Ci viene detto che valiamo solo se rispondiamo a certi canoni e le fragilità non sono ammesse.
Che fare allora? Siamo davanti a questo muro a mani nude, dobbiamo scavalcarlo, oltrepassarlo, ci sentiamo impauriti, soli ma consapevoli che dobbiamo proseguire. La fede ci aiuta a sperare e a farci forza, ma chi non ce l’ha?
Ecco, io qui un giorno ci sono arrivato e posso dirvi cosa è successo dentro di me.
Mi sono arrabbiato con me stesso, perché non avevo pensato prima che sarebbe potuto succedere.
E poi ho detto “Ok. Va bene. Non importa quanto ci metterò, ma devo essere forte, raccogliere tutte le mie energie (fisiche, mentali e spirituali) e non lasciare che nulla di quello che può succedere mi possa abbattere. Devo continuare, andare avanti e far sì che ciò che sto vivendo abbia un senso e lo dia alla mia esistenza. Al momento, non capisco il perché di tutto ciò, ma confido che un giorno potrò comprenderlo e far sì che anche le altre persone che vivono questo possano trarne beneficio”.
Lentamente, i dissidi interiori si sono ricomposti, la visione che avevo di quel muro è cambiata, perché qualcosa dentro di me era cambiato: la mia anima, dilaniata dall’esposizione alla sofferenza, si era temprata, aveva capito prima di me il senso ultimo di ciò che stavo vivendo e mi incoraggiava a proseguire, che era la strada giusta, difficile, ma giusta perché l’avevo affrontata apertamente.
Nel tempo si sono succedute varie vicende che hanno messo “alla prova” me, la mia anima prima di tutto, la mia fede in secondo luogo. Ogni volta, la sfida è stata dura ma, dopo il primo impatto sempre terribile, mi son guardato indietro e mi son fatto forza.
L’ho voluta vedere come una sfida con me stesso, come fosse una “palestra” per la mia anima, un’occasione per fortificarla ulteriormente e renderla più saggia.
Ogni volta che ho superato questi ostacoli ho sempre avuto la sensazione che qui sia il significato profondo della Risurrezione: ritorni sul tuo cammino della vita più forte di prima; le ferite che hai subito, le sofferenze patite presto o tardi passano, lasciando come “residuo” una maggiore capacità di comprensione non solo della propria vita, ma del senso della vita stessa, che nel tempo diventa saggezza.
E le mani che ti verranno tese in questi frangenti puoi considerarle le mani di Dio se hai fede, veri amici se la fede non ce l’hai.
Capisci per cosa vale la pena combattere e quando invece sono solo perdite di tempo.
È una vera risurrezione a Nuova Vita, perché nulla è più come prima, ma se vuoi che il dopo sia migliore, devi davvero volerlo con tutto te stesso quando inizi ad affrontare la sofferenza che la vita ti vorrà far incontrare.
Odiare la sofferenza non ha senso, perché lei non è inutile. È solo brutta, dolorosa, imprevedibile, anche mostruosa.
Ma se avrai il coraggio di accoglierla, in quel momento stesso vedrai la sua trasfigurazione e la capirai. Non con la mente, ma con la tua anima, che la riconoscerà come colei che la vuole trasformare e far crescere.