La Sagrada Familia, porta giubilare sul Dio della speranza
Capolavoro di Gaudì, la Basilica minore di Barcellona è “un segno di speranza per la Chiesa. Al via anno giubilare dal 29 dicembre
(di Benedetta Capelli – Città del Vaticano)
Contemplazione e ammirazione per “questo ambiente santo di incantevole bellezza, con tanta storia di fede”.
Papa Benedetto XVI, il 7 novembre 2010, aveva espresso nella sua omelia per la dedicazione della Sagrada Familia, quella meraviglia che si prova nel varcare la soglia della “Bibbia in pietra”, come è stata più volte definita, unione tra la realtà del mondo e la storia della salvezza.
Connubio tra arte e liturgia, l’opera di Antonio Gaudì ripensata completamente a partire dal 1883, un anno dopo l’inizio dei lavori, venne definita dal cardinale Lluís Martínez Sistach, oggi arcivescovo emerito di Barcellona, “una cartografia del sacro, una grande mappa aperta dove il mondo può leggere i grandi interrogativi della vita, dell’origine e della fine, del cielo e della terra”.
Visitata da oltre 4 milioni di persone ogni anno, la Sagrada Familia è in questo Giubileo uno degli 8 luoghi sacri dove si può ricevere il dono dell’indulgenza insieme alla Basilica di Nostra Signora della Mercè, quella del Sacro Cuore del Tibidabo, la Basilica di santa Maria de Mataró, la chiesa parrocchiale di santa Maria de Cornellà, il Santuario di san Giuseppe della Montagna, nel quartiere Salut di Barcellona, e la chiesa del Cottolengo di padre Alegre.
Questi ultimi due luoghi sono estremamente simbolici: la Congregazione delle Madri dei senzatetto e san Giuseppe della Montagna – spiega il rettore della Sagrada Familia, don Josep Maria Turull – assiste bambini orfani o in difficoltà; nel secondo le Ancelle di Gesù del Cottolengo del Padre Alegre si prendono cura delle persone con disabilità fisiche e psichiche. “Questi sono esempi di speranza”.
La via della bellezza
Aprendo l’anno giubilare lo scorso 29 dicembre, il cardinale Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona, ha espresso l’auspicio che sia un anno per crescere nella speranza.
“La speranza – ha detto – non delude ed è radicata nell’amore di Cristo che ci ha amati così tanto da diventare uno di noi per salvarci”.
Speranza che si respira guardando le torri della Sagrada Familia levate verso il cielo, i tre “retablos” le pale di altare posizionate all’esterno che sono invito ad interrogarsi e a cercare.
Penso che la Sagrada Familia – aggiunge don Turull – è tutta nel suo insieme una porta che apre a Dio e per questo apre alla speranza. Quando si entra si resta a bocca aperta, in ammirazione, è un capolavoro della via pulchritudinis, la via della bellezza, che apre alla fede”. Ma è uno stupore che porta a molto altro.
“Non è solo un restare a bocca aperta, si apre il cuore alla bellezza. Abbiamo tante testimonianze di persone atee, lontane da Dio che entrando si lasciano trafiggere dallo Spirito”.
Per questo, aggiunge, “penso che la Sagrada Familia sia un segno di speranza per la Chiesa perché riesce ad aprire i cuori”.